Il Terzo Polo è scoppiato. Renzi e Calenda si separano: cosa può succedere adesso. Il retroscena
Restano in piedi due partitini (Azione e Iv) e, forse, due gruppi parlamentari che, vedremo poi, potrebbero restare uniti solo per ragioni pratiche ed economiche
Si possono fare tutte le ironie possibili e inimmaginabili sulla ‘coppia che scoppia’, paragonando il duo Calenda-Renzi a Totti-Ilary o a Al Bano e Romina (Vianello e Mondaini, invece, pur litigando, hanno sempre resistito), ma il problema politica c’è e resta, grande come una casa. Il Terzo Polo, di fatto, non esiste più. Restano in piedi due partitini (Azione e Iv) e, forse, due gruppi parlamentari che, vedremo poi, potrebbero restare uniti solo per ragioni pratiche (non perdere finanziamenti, sedi, gruppi unitari, evitando di finire entrambi nel gruppo Misto), ma di certo l’ambizioso progetto di un polo unitario dei liberal-riformisti, per ora, è già naufragato. Una prospettiva politica che poteva avere un senso e pure un elettorato viene, per ora, meno.
Le note di Azione e Iv che si attaccano tra loro
Dopo una mattinata di accuse reciproche, consumate sui social, il progetto del partito unico del Terzo è dunque destinato subito a naufragare. Il de profundis è contenuto in due note, diffuse intorno all'ora di pranzo, a pochi minuti di distanza l'una dall'altra, da Italia viva ed Azione, in un botta e risposta sempre più polemico.
"Interrompere il percorso verso il partito unico è una scelta unilaterale di Carlo Calenda. Pensiamo che sia un clamoroso autogol, ma rispettiamo le decisioni di Azione - si legge nel comunicato dell'ufficio stampa di Iv -. Gli argomenti utilizzati appaiono alibi. Italia viva è pronta a sciogliersi come Azione il 30 ottobre, dopo un Congresso libero e democratico. Sulle risorse, Italia viva ha trasferito fino ad oggi quasi un milione e mezzo di euro al team pubblicitario di Carlo Calenda ed è pronta a concorrere per la metà delle spese necessarie alla fase congressuale e a trasferire le risorse dal momento della nascita del partito unico. Leopolda, 'Riformista', retroscena, veline, presunti conflitti di interesse sono solo tentativi di alimentare una polemica cui non daremo seguito. La costruzione di una proposta alternativa a populisti e sovranisti è da oggi più difficile, ma piu' urgente. Nei prossimi mesi noi rispetteremo gli amici di Azione, cercando ogni forma di collaborazione, senza rispondere alle polemiche di alcuni dei loro dirigenti".
Immediata la replica di Azione. "Lo stop deriva dalla scelta di Italia viva di non votare un documento ieri che avevano dichiarato essere già letto e condiviso - riporta una nota -. Dietro tutto questo c'è solo un fatto: Renzi, tornato alla guida di Italia viva da pochi mesi, non ha alcuna intenzione di liquidarla in un nuovo partito. Scelta legittima, ma contrastante con le promesse fatte agli elettori. Dopo mesi di tira e molla ne abbiamo semplicemente preso atto. In un clima volutamente avvelenato da insulti personali da parte di Renzi e di quasi tutti gli esponenti di Italia viva a Carlo Calenda".
Renzi tace, Calenda parla e senza diplomazia
Insomma, siamo proprio agli annunci di separazione o di divorzio, per nulla consensuali. Renzi, per tutta la giornata, tace. Calenda, invece, in un lungo video pubblicato su Twitter, va ancora all'attacco, sottolineando che il partito unico "Renzi non lo voleva fare, non l'ha fatto, non l'ha voluto fare. Credo che sia un grave errore. Quello che succederà, adesso, è che Azione farà questo lavoro, mettendo in discussione tutto: il suo nome, un manifesto politico inclusivo verso l'area popolare e l'area liberale. Perché è un impegno che abbiamo preso. Ci avrebbe fatto piacere, era logico, lo avevamo promesso agli elettori, di farlo insieme a Italia viva, Renzi ha voluto diversamente. Tutto questo è documentato, scritto, verificato. Ci sono poche cavolate". Sullo sfondo resta, infine, appunto, il delicato tema della gestione, ancora in comune, dei gruppi parlamentari di Azione ed Italia viva sia a Montecitorio che a palazzo Madama.
Che fine faranno i gruppi parlamentari unici?
E qui si torna alla questione dei soldi perché per ogni parlamentare dentro a un gruppo è previsto un contributo di circa 50mila euro da parte dell'amministrazione di Montecitorio e di Palazzo Madama. Servirà quantomeno un accordo tecnico tra i due partiti per non perdere le risorse comuni. Le ipotesi che si profilano sono almeno due. La prima è di mantenere i gruppi unici, ma con una filosofia per così dire da gruppo misto, senza, quindi, un patto politico. La seconda è immaginare gruppi autonomi, cosa che al Senato sarebbe alla portata del partito di Matteo Renzi a cui manca un solo senatore per diventare un gruppo a sé: Iv ha 5 senatori e il numero minimo previsto è fissato a sei.
Un obiettivo non irraggiungibile, guardando anche quello che sta succedendo sia nel centrodestra - leggi Forza Italia alle prese con i problemi di salute del fondatore - sia nel centrosinistra dove la guida più a sinistra di Elly Schlein ha già causato qualche malumore tra cattolici e moderati dem. Per quanto riguarda la Camera - dove per costituire un gruppo servono venti deputati - il presidente Lorenzo Fontana, si fa osservare, ha già concesso deroghe - vedi i casi di Noi moderati di Maurizio Lupi e dei 12 deputati di Alleanza Verdi Sinistra di Nicola Fratoianni - e ci si potrebbe orientare in questo senso, qualora il gruppo dei 9 deputati di Italia Viva raggiungesse i 12 membri. Per quanto riguarda Azione - che al Senato ha 4 senatori - alla Camera ne ha già 12: può farcela da sola.
Un classico, il rimpallo delle responsabilità
Fin qui i soldi, ma poi c'è la politica. Da parte sua Calenda, secondo il quale "il progetto del partito unico con Italia Viva è naufragato per la semplice ragione che Renzi ha ripreso direttamente in mano IV due mesi fa e non vuole rinunciarvi", ha rilanciato il progetto sostenendo che "da domani riprenderemo con @Azione_it il lavoro per la costruzione di un partito liberale, popolare e riformista". Renzi, che ha scritto di "polemiche inspiegabili dentro il Terzo Polo" non vedendo "il motivo politico per la rottura", si è riunito nel pomeriggio con i suoi e il progetto, al termine della consultazione, potrebbe essere lo stesso di Calenda: proseguire sulla strada del partito liberale e riformista. Insomma, non è nato il partito unico, ma ne potrebbero nascere due, solo che si contenderebbero gli stessi elettori (pochi, al momento) e lo stesso orizzonte politico.
Cosa faranno, ora, i due partiti e i due leader
Dal punto di vista pratico, Calenda ha convocato la direzione di Azione, Matteo Renzi ha fatto una call con i suoi. Il leader di Italia viva nella call con i suoi ha ripercorso la cronistoria del rapporto tra i due partiti, ha sottolineato - riferiscono fonti parlamentari - di aver acconsentito in questi mesi a tutte le richieste avanzate da Calenda, ha osservato che alcuni punti, come la necessità di tenere i congressi territoriali e di organizzare la Leopolda erano considerati ineludibili ma sul resto si stava trattando. Voleva comportarsi da sovrano, il 'refrain': la tesi, sottolineata da un esponente di Iv, è che in realtà Calenda voleva soldi e un congresso finto. Aveva già deciso, ha detto ai suoi Renzi. "Renzi non aveva alcuna intenzione di sciogliere Italia viva", ha ribattuto Calenda. Ma ora i fari sono puntati sul destino dei gruppi parlamentari, tenendo conto - sottolinea una fonte parlamentare - che "sull'attività politica legata ai provvedimenti tutte queste divisioni non ci sono". Da qui la possibilità di valutare un 'accordo tecnico' e tenere in vita gruppi comuni. Sarebbe una assurdità difficile da far capire alla gente ‘normale’, ma con una sua finalità pratica: non perdere i finanziamenti che danno le Camere.
La questione dei soldi ha comunque pesato
Insomma, il paradosso è che un matrimonio "che non s'ha da fare", nemmeno si può sciogliere completamente (almeno per il momento). Ci vorrà davvero un bravo divorzista per gestire la separazione Azione-Iv, perché tra i temi di frizione più accesa c'è quello dei finanziamenti dei due partiti e quello che, in teoria, si doveva assicurare al partito unico del Terzo polo, mai nato. Un tema delicato, molto divisivo. Che può spiegare il perché, per ora, in Parlamento Azione e Italia viva continueranno a restare insieme. L'ordine di grandezza della discussione si comprende scorrendo l'elenco dei beneficiari del 2xmille dei contribuenti per il 2022. Un 'tesoretto' che vede Azione terzo partito in Italia (dopo Pd e FdI, prima della Lega) con 1.256.466 euro ricevuti da poco meno di 50mila sostenitori.
Italia viva lo tallona, con 973.345 euro frutto però 52.693 "scelte valide", un numero di un soffio superiore a quello fatto registrare da Calenda. Ma la voce grossa nei bilanci dei partiti la fanno i Gruppi parlamentari. Si tratta di quel "contributo unico e onnicomprensivo" che pesa nell'ultimo bilancio della Camera (e solo della Camera) per 30.870.000 euro in totale. Sono previste regole stringenti (alla Camera, per esempio, vengono richiesti venti iscritti al Gruppo, con deroghe) ma "per l'esplicazione delle loro funzioni ai Gruppi parlamentari è assicurata la disponibilità di locali e attrezzature", come recita il Regolamento di Montecitorio. Non solo, il contributo annuale "a carico del bilancio della Camera" copre "tutte le spese" e dipende dalla "consistenza numerica di ciascun Gruppo". In soldoni, più il Gruppo è grande e più potrà contare su rimborsi consistenti.
Come commentano gli altri?
Il centrodestra tace, paradossalmente persino i 5S non inferiscono. Nel Pd, ovviamente, se la godono. Tra i parlamentari dem i commenti 'off the record' sull'implosione del Terzo Polo si sprecano: prima delle valutazioni e delle implicazioni politiche della rottura tra Calenda e Renzi, arrivano le battute da parte di chi, i due, li conosce bene. "Diciamo che stavolta ci siamo noi con i pop corn...", la stilettata di un parlamentare dem di lungo corso. Ed Enrico Letta mette un 'mi piace' al tweet di Emma Bonino: "Dovrei dire che sono sorpresa? Proprio no. Lui è fatto così". I due, Letta e Bonino, avevano vissuto una vicenda analoga ai tempi delle ultime elezioni politiche, quando il leader di Azione aveva prima sottoscritto e poi annullato l'intesa elettorale con Pd e +Europa. Ironie anche sulle modalità del divorzio, tra scambi sui social e accuse al vetriolo. "Si rasenta il ridicolo".
Ma sarcasmo a parte, il naufragio del Terzo Polo porta i dem a due considerazioni. La prima è che "fuori dal Pd non ci sono approdi. Con buona pace di Marcucci", si fa notare, l’ex senatore che aveva detto “non vedo alternative rispetto al Terzo Polo". La seconda, e qui entrano in campo i 'riformisti' dem, è che la rottura tra Calenda e Renzi imporrebbe, a maggior ragione, un Pd plurale. Come sottolinea Lorenzo Guerini parlando di uno spazio e di elettori a cui il Pd deve e può parlare proprio valorizzando la sua pluralità. La rottura del Terzo Polo e l'assenza per qualche giorno della segretaria Schlein, hanno messo in stand by le questioni interne dem, che però presto dovrebbe tornare a farsi viva, con la convocazione di segreteria e Direzione. Quando si riuniranno, però, il Terzo Polo sarà un ricordo e i moderati, cattolici e liberal del Pd dovranno decidersi se acconciarsi a una segretaria, Schlein, il cui nuovo corso non amano affatto, o correre ad abbracciare uno dei due partitini, Azione e iv, rimasti in campo, con scarse chanche di avere posti di riguardo, in future campagne elettorali. Perché è chiaro che lo spazio politico-elettorale di due piccoli partitini sarà residuale e le possibilità di elezione scarse o nulle, anche alle Europee, dove lo sbarramento è ‘solo’ al 4%. Abbordabile per un Polo di centro attrattivo, quasi impossibile per due partitini figli dei loro leader egocentrici.