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E adesso litigano anche sul Museo Egizio… non c’è pace in maggioranza. E Meloni sta perdendo la pazienza

Lo scontro nasce dalla conferma di Christillin alla guida della Fondazione Museo Egizio di Torino. Giuli ha agito di testa sua. “E’ brava” si difende, “chi ci dovevo mettere?”. “Non è una dei nostri” è la replica di Crosetto. “Non l’hai concordata con nessuno…”. Nessuno accordo sul taglio del canone Rai, scontri sulle banche, sulla redistribuzione delle deleghe a Fitto. Intanto passa il decreto flussi con le “punizioni” ai giudici. Il Quirinale vigila

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Giorgia Meloni
Giorgia Meloni (Foto Ansa)

Ci mancava solo la lite sul museo Egizio di Torino. Il rosario di litigi e sgambetti nella maggioranza è già abbastanza ricco di per sè - decreto fiscale, il canone Rai, le deleghe di Fitto, la legge sull’Autonomia che dovrà essere cambiata e corretta dal Parlamento, anche il decreto flussi e il ddl concorrenza per stare solo alle ultime tre settimane - che alla fine un bel vaffa sulla direzione di uno dei musei più importanti d’Italia quasi impreziosisce il dibattito generale.
Il fatto è che quando il gatto non c’è, i topi ballano. Quando la premier Meloni è fuori in qualche missione internazionale - ad esempio il G20 e la visita di Stato in Argentina - qui a Roma succede sempre qualcosa. Accadeva anche ai tempi di Giuseppe Conte e del governo giallo-verde: ogni volta che il Professor partiva, Lega e 5 Stelle se ne davano di santa ragione. Chissà se è solo una coincidenza.

La conferma

Comunque martedi scorso 19 novembre - Meloni appunto è tra Rio e Buenos Aires - il ministro della Cultura Alessandro Giuli comunica di “aver designato la dottoressa Evelina Christillin a Presidente della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino per il quadriennio 2024-2028. Alla Presidente i migliori auspici di buon lavoro”. L’incarico è scaduto, il giorno dopo ci sarebbe stata la visita del Presidente Mattarella per i duecento anni della Fondazione e l’inaugurazione di nuovi allestimenti. insomma, non si poteva perdere altro tempo e, deve aver ragionato il ministro, “la Christillin è brava, competente, non ha nessuno meglio di lei, cosa importa a me se ci attacca in tv, se quando va a La 7 dice peste e corna dei Fratelli….” Confermata, quindi. Il giorno dopo, il 20 appunto, ministro, presidente e Christillin sono tutti insieme appassionatamente con il direttore Greco in giro per le nuove sale del Museo. Fine della storia? Eh, no: qui inizia la storia. Perchè mentre tv e social rilanciano queste immagini, il resto della squadra di governo apprende la nomina. E, la componente dei Fratelli appunto, non è affatto contenta. Ma come - è il ragionamento che viene condiviso sui telefonini di Crosetto, DelMastro (che sono piemontesi, ndr) e anche altri ministri - s’è liberato un posto di prestigio, nella cultura poi dove noi abbiamo la mission fondamentale di conquistare finalmente la nostra egemonia culturale e abbiamo confermato una che ci attacca ogni volta che può? Una di sinistra?”. Semmai una progressista. Certamente una brava e competente. Difficile da sostituire per questioni un po’ becere di occupazione degli spazi che peraltro guidano in modo scientifico ogni poltrona che si libera o che viene liberata per essere occupata. La storia spuntata fuori martedì su Il Foglio.

Questo Giuli “troppo autonomo”

Ieri è stato l’argomento del giorno alla Camera nelle pause delle votazioni sul decreto flussi. “Scontro Crosetto-Giuli” è stata sintetizzata. Il ministro della Difesa si sarebbe molto molto arrabbiato con la new entry Giuli “colpevole” di aver agito senza confrontarsi con nessuno. Avrebbe anche scritto parole di fuoco contro il neo ministro. Fin qui fonti di ambienti legarti agli stessi Fratelli d’Italia. Che però forse calcano un po’ troppo i toni. Prima di tutto perchè non risulta che Crosetto, francamente impegnato in ben altro e da tempo, abbia mai detto o fatto capire di non sopportare Christillin. Non è, in effetti, il suo stile. E’ vero invece che “molti sono rimasti colpiti della sua conferma”. A destra e a sinistra. Dal Presidente Cirio (Forza Italia) al sindaco di Torino Lorusso (Pd), i ministri Lollobrigida, Fazzolari, Pichetto Fratin., Zangrillo e “tutta Fratelli d’Italia”. Oltre che dentro FdI. Solo Crosetto ha dato voce a questo disagio in modo però affatto scortese chiedendo a Giuli “se avesse almeno informato i piemontesi”. Si avrebbe risposto Giuli, “ho condiviso con Delmastro”. Il quale però, ancora in preda all’ “eccitamento per togliere il respiro ai mafiosi dentro i nuovi mezzi di traduzione messi a disposizione della polizia penitenziaria”, non ricorda nulla e ha smentito Crosetto. Nel Cdm di lunedì, presente Meloni, ci sarebbe stato un chiarimento che però non ha chiarito molto. Anzi. “‘Sto Giuli non ha ancora capito che fa parte di una squadra e non può fare che gli pare…” diceva ieri sera un pezzo importante dello stato maggiore di Fratelli d’Italia. In serata è uscito un comunicato congiunto di Crosetto e Giuli per dire che va tutto bene, nessuno scontro.

La premier stufa dei litigi

Giorgia Meloni è stufa di questi continui litigi che finiscono puntualmente in pubblico e sui giornali. Lo ha ripetuto lunedì in apertura di Consiglio dei ministri. Lo aveva detto domenica durante l’apericena. E però non cambia nulla. Anche lei, va detto, ci mette del suo dicendo, nella giornata mondiale contro i femminicidi e la violenza sulle donne, che “le violenze aumentano per colpa degli immigrati clandestini”. Dato non vero ma utile alla solita propaganda. Le tensioni in maggioranza sono e restano il pane quotidiano. E sono destinate ad aumentare nelle prossime settimane perchè il ministro Giorgetti, che ieri ha incassato il via libera di Bruxelles alla manovra e l’approvazione del suo approccio rigoroso ai conti pubblici, non intende scucire un euro ai colleghi di maggioranza. Anzi.

Nessun accordo sul canone Rai

E’ ancora fermo, ad esempio, il decreto fiscale al Senato - e così la legge di bilancio alla Camera - perchè anche nella seduta notturna di ieri sera a palazzo Madama non è stato trovato l’accordo sul canone Rai. La Lega chiede la proroga del taglio del canone Rai da 90 a 70 euro. Anche i Fratelli d’Italia sono favorevoli. Forza Italia è contraria. lo sconto sul canone vale 430 milioni che comunque devono essere dati al bilancio Rai pescandoli sempre dal bilancio dello Stato. Insomma, una partita di giro a cui Forza Italia dice no non solo perchè quei soldi, nel caso, “vanno usati per enti locali, sanità o il taglio dell’Irpef del ceto medio”, ma anche perchè fare sconti alla Rai vuol dire mettere nei guai la raccolta pubblicitaria di Mediaset. L’accordo non è stato trovato e ci si proverà nuovamente stamani. Il punto è che che se Forza Italia si mette per davvero di traverso l’emendamento Lega probabilmente non passerebbe. Anzi, una fonte dell’opposizione riferisce che gli azzurri avrebbero chiesto alle stesse opposizioni di votare con loro. D’altra parte, la Lega non ha alcuna intenzione di ritirare l’emendamento e sta lavorando con i 5 Stelle - molto forti in Rai - per portare gli ex grillini dalla loro. “I Fratelli sono d’accordo con la Lega, ma quelli sono soldi pubblici che servono ad altro” si sfoga una fonte azzurra. Che fa notare anche come Giorgia Meloni non intenda in alcun modo dare a Forza Italia qualcuna delle deleghe che il nuovo commissario europeo ed ex ministro Fitto lascerò al momento sulla scrivania di Giorgia Meloni.

Anche banche e deleghe di Fitto

Tajani è molto perplesso. E arrabbiato. “Siamo ormai stabilmente la seconda forza di questa maggioranza, le ultime elezioni regionali hanno consolidato il dato, è giusto che ci venga riconosciuto anche nella distribuzione degli incarichi” è il ragionamento che viene fatto tra gli azzurri. Divisioni che ornai si riflettono su tutto. Anche sull'Ops di Unicredit per acquisire Banco Bpm. Il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti fa sapere che l’operazione è stata comunicata ma non concordata ( e ci mancherebbe altro) e che si valuterà la possibilità di utilizzare la golden power. Il leader della Lega e vice premier Matteo Salvini, che vede sfumare il progetto del terzo polo bancario sovranista, incalza: Unicredit “è una banca straniera, questo dice la composizione azionaria. Non ce l’ho con nessuno, basta che non si metta in discussione il terzo polo bancario che sta nascendo”, ovvero la sinergia di Bpm con Mps, di cui il Tesoro sta progressivamente cedendo le quote ancora nelle casse dello Stato con l’ingresso di due imprenditori amici, Caltagirone e Del Vecchio. Una prospettiva che sfumerebbe in caso di acquisto dell'istituto di credito da parte di Unicredit.
L'altro vice premier e leader di Forza Italia Antonio Tajani fa sapere: “Sono per il libero mercato, non tocca a me intervenire politicamente sulla vicenda. C’è certamente una dimostrazione di grande vitalità del nostro sistema bancario. Questo è positivo se vengono rispettate le regole. Se ne occuperà la Bce e non certo il governo”. Le opposizioni incalzano: “Maggioranza in tilt sulla Rai ma non solo. Commissione rinviata a domani. Spettacolo penoso” commentava in serata la senatrice Raffaella Paita (Iv) lasciando la Commissione. “Qui non si sa che succede tra una settimana” chiosava un senatore di Forza Italia. Ovvero quando saranno a terra le scie velenose seminate dalla decisione della Consulta sull’Autonomia differenziata della Lega, i seimila emendamenti di maggioranza alla legge di bilancio (già diventati 600), il dietro-front dall’Albania che ieri ha trasformato il decreto flussi votato con la fiducia alla Camera in un’arma impropria contro i giudici.

 

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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