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L'analisi - Tutti gli incredibili autogol dei due schieramenti nelle elezioni liguri

In Liguria entrambe le coalizioni sembrano giocare a perdere o comunque a fare errori su errori che ribaltano di settimana in settimana pronostici e favoriti, rendendo la vittoria alle elezioni del 27 e 28 ottobre totalmente impronosticabile, 1X2.

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Andrea Orlando, Marco Bucci e Nicola Morra
Andrea Orlando, Marco Bucci e Nicola Morra (Foto Ansa)

Il ciapanò è un gioco di carte, diffuso soprattutto in Lombardia, che è una variante del tressette, il cui scopo – come dice il nome stesso, ciapa no, non prendo – è fare il minor numero di punti possibile, ribaltando i classici scopi dei giochi che invece prescrivono di fare il massimo di punti per vincere. Insomma, il ciapanò è un gioco, ma è anche una metafora. E si adatta perfettamente alle elezioni liguri, dove entrambe le coalizioni sembrano giocare a perdere o comunque a fare errori su errori che ribaltano di settimana in settimana pronostici e favoriti, rendendo la vittoria alle elezioni del 27 e 28 ottobre totalmente impronosticabile, 1X2.

Liguria, ’”Ohio d’Italia”

Abbiamo ricordato nei giorni scorsi su Tiscalinews come già due volte, con Massimo D’Alema e Matteo Renzi, le regionali liguri abbiano fatto cadere un governo. E allo stesso modo come questa piccola Regione sia sostanzialmente l’”Ohio d’Italia”, dove nascono laboratori politici e crescono e muoiono maggioranze. Ma, stavolta, siamo oltre ogni fantasia, cose che voi umani non avete potuto nemmeno immaginare, una serie di errori infiniti da parte delle due coalizioni principali che possono far esplodere l’astensionismo. E la cosa clamorosa è che tutto questo e tutti questi errori arrivano in presenza di candidati fortissimi.

I candidati

Anche solo per limitarci ai tre principali (alla fine dovrebbero essere sei quelli in corsa per il ruolo di presidente della Regione) si parla di pesi massimi o fuoriclasse nel settore: “Uniti per la Costituzione”, la lista con molti ex del MoVimento Cinque Stelle, schiera l’ex presidente dei senatori grillini ed ex numero uno dell’Antimafia Nicola Morra; il “campo larghissimo” del centrosinistra mette in campo un ex ministro con tre diverse deleghe in quattro diversi esecutivi - quello di Enrico Letta, quello di Matteo Renzi, quello di Paolo Gentiloni e quello di Mario Draghi – come Andrea Orlando. E il centrodestra schiera il sindaco di Genova Marco Bucci, una candidatura voluta personalmente dalla presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni, di cui si è parlato persino sui giornali a stelle e strisce per la scelta di correre nonostante una malattia importante e reduce da trenta sedute di radioterapia. Insomma, i candidati sono ottimi e abbondanti. Il problema, al di là della bravura dei candidati è il numero di autogol delle due principali coalizioni, roba che nemmeno  comunardo Niccolai ai tempi del Cagliari o Riccardo Ferri in un paio di stagioni con l’Inter.

Il Centrodestra "scarta" Piciocchi e sceglie  Bucci

Partiamo dal centrodestra, dove il viceministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Edoardo Rixi, certamente il migliore nel leggere la politica a queste latitudini, dopo le dimissioni a sorpresa di Giovanni Toti, aveva immediatamente individuato la strategia, anche in tandem con lo stesso Bucci e con il sindaco di Imperia Claudio Scajola che, come dire, nella vita qualcosina di politica ha fatto. Insomma, tutti questi avevano individuato il candidato nel vice di Bucci, Piero Piciocchi, il suo “mister Wolf”, l’uomo che ha dato gambe e anima alle visioni del primo cittadino di Genova, moderato, tecnico, cattolico, senza tessere di partito e ritenuto competente e perbene da tutti coloro che hanno a che fare con lui.
Insomma, di fronte a un profilo così - che sarebbe stato perfetto per testimoniare contemporaneamente la continuità con il “modello Genova”, ma anche per essere perfettamente discontinuo con alcuni aspetti usciti dall’inchiesta su Giovanni Toti e sul porto – si è perso un mese perché c’è stato un incredibile fuoco di sbarramento di Noi Moderati e degli esponenti di Fratelli d’Italia a cui erano state delegate le trattative, sia i vertici locali, sia il plenipotenziario per la compilazione delle liste Ignazio La Russa che invece hanno insistito sul nome della deputata Ilaria Cavo, che non sarebbe mai passato al tavolo. Poi sconfessati dalla stessa Giorgia Meloni, che ha completamente ribaltato la narrazione e la strategia dei suoi uomini. Sta di fatto che il centrodestra ha così perso un mese intero per la scelta del candidato che sarebbe stato il migliore, azzoppato con sondaggi fatti fra poche decine di persone. E il resto l’ha fatto il patteggiamento di Giovanni Toti assolutamente comprensibile dal punto di vista dell’ex governatore (solo un pazzo non avrebbe accettato quelle condizioni), ma pesante per Bucci dopo che nei giorni precedenti dal mondo “arancione” dell’ex presidente della Regione era partito il mantra “chi vota Bucci vota anche Toti”.

Orlando e il problema creato da Schlein e Renzi

Ma se Sparta piange, Atene non ride. E Andrea Orlando si trova di fronte al problema creato da Elly Schlein e Matteo Renzi con la scelta di iniziare il “campo larghissimo” proprio da qui. E anche Carlo Calenda – che pure ha i suoi all’opposizione sia in Regione che in Comune - ce ne mette del suo, esprimendo comunque la sua stima per Bucci, Ma, per l’appunto, è Renzi quello che rompe completamente gli schemi: perché, fino all’altro giorno, è stato uno dei migliori testimonial possibili immaginabili di Bucci, “uno dei migliori sindaci d’Italia” e aveva un assessore e un consigliere delegato nella giunta del primo cittadino di Genova, che ora sono rimasti a fianco di Bucci, abbandonando Italia Viva. Ma, se possibile, Renzi ha fatto ancor “peggio” per Orlando l’ultima volta che è stato a Genova per la campagna elettorale delle Europee per Stati Uniti d’Europa, peraltro a fianco dello stesso Bucci che era lì nel cortile di Palazzo Ducale ad ascoltarlo: “Se il centrosinistra candida Orlando, Toti vince persino dagli arresti domiciliari” disse, con il suo sarcasmo tutto toscano. Ecco, di fronte a tutto questo, gli alleati del centrosinistra, soprattutto la parte più massimalista, hanno alzato un fuoco di sbarramento contro Italia Viva e in moltissimi, sui social, scrivono sui profili di esponenti della sinistra radicale e del Pd che “se ci sono Renzi e Calenda in coalizione noi non andremo a votare”. E la somma algebrica della presenza dei figliol prodighi del “campo larghissimo” rischia di essere fortemente negativa per il povero Orlando.

Scontro tra Grillo e Conte

Ma c’è di più: lo scontro durissimo fra Beppe Grillo - da cui tutto è iniziato e che è genovese e scese in campo in modo decisivo nel 2015 assicurando uno straordinario risultato alla sua candidata Alice Salvatore e poi nel 2018 la vittoria nei collegi uninominali di Genova ai parlamentari del MoVimento – e Giuseppe Conte rischia di pesare moltissimo su Orlando, facendogli perdere gran parte dei voti del MoVimento, che ritroveranno nella lista “Uniti per la Costituzione” di Nicola Morra e dell’ex presidente dei senatori ex pentastellati Mattia Crucioli lo spirito originario del grillismo. Peraltro, alle comunali di due anni fa Crucioli da solo arrivò sopra il 3,5 per cento contro il 4,4 del MoVimento “ufficiale”. E si continua così fino alla prossima mancata presa, fino al prossimo ciapanò.

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