Scheda bianca per trattare. Colloquio Draghi-Salvini ma il nodo Quirinale non si scioglie
Il premier scende in campo e accetta di “trattare” con la politica. Parla con Salvini in mattinata e poi con Letta in serata. Posizioni ancora bloccate: la Lega lo vuole alla guida del governo. Pd diviso. Forza Italia anche. Conte avvicina i 5 stelle a Salvini. Oggi giornata decisiva. E c’è chi indica Di Maio premier…

Mentre sul palcoscenico di Montecitorio è andata in scena la prima “tattica” chiama presidenziale tra veterani del voto, neofiti, vecchie glorie - ad esempio Umberto Bossi in camicia verde - evergreen come il quirinabile Pierferdinando Casini, emozioni e le solite zingarate nel segreto dell’urna (oltre le 672 schede bianche, hanno preso voti Lotito, Bruno Vespa e Giorgio Lauro), fuori dal palazzo assediato da fotografi e giornalisti si sono mossi i primi passi della vera trattativa per eleggere il tredicesimo Presidente della Repubblica. Dopo l’inatteso stop a Draghi arrivato sabato sera da Berlusconi in formato digitale, il Presidente del consiglio Mario Draghi ha aperto nei fatti le sue consultazioni personali.
Rischio referendum su Draghi
Operazione rischiosa assai, al limite del dettato costituzionale - un quasi Capo dello Stato non può discutere prima del governo che verrà dopo di lui - che Draghi si è sempre rifiutato di fare ma che adesso è costretto a tentare per non veder persa del tutto l’occasione di essere eletto Presidente della Repubblica. Tra le tante prime volte di questa elezione c’è sicuramente anche questo: l’inedito doppio ruolo del premier. Normale non volerlo esasperare. Ma il pressing dei leader politici che fanno il tifo per Draghi, che lo vogliono preservare, gli ha spiegato che o la macchina di palazzo Chigi “si muove” adesso oppure diventa troppo tardi. “Il premier accetti di fare politica e di dare una mano al Parlamento…” aveva suggerito pubblicamente Matteo Renzi due giorni fa. Certamente tra i leader che vogliono tutelare la figura e il prestigio del premier. La stessa cosa si può dire di Enrico Letta, ma non di Giuseppe Conte, di Toti e Brugnaro e delle altre formazioni centriste. Sta venendo meno, in queste ore, l’appoggio di Lega e Forza Italia che lo vogliono a palazzo Chigi per un altro annetto ma non certo al Quirinale per i prossimi sette anni a fare le pulci ad ogni legge e spesa. A Fratelli d’Italia andrebbe anche bene invece Draghi al Colle, assicurazione di credibilità e affidabilità in Europa per chi, come Giorgia Meloni, pensa di arrivare a palazzo Chigi nel 2023 e avere Draghi al Colle sarebbe certamente un aiuto per una scalata diversamente vista con sospetto nel contesto europeo. Per tutti questi e anche altri motivi, l’elezione presidenziale sta diventando un referendum su Mario Draghi. E questo non deve succedere.
Il maker, ma non ancora il king
Così ieri mattina “il maker ma non ancora il king” - come sottolineano da Forza Italia - Matteo Salvini ha incontrato il presidente del Consiglio, e poi Letta, Conte, Giorgia Meloni. Una girandola di faccia a faccia e colloqui telefonici tra i massimi dirigenti politici. Dopo il colloquio con Letta, è uscita una nota congiunta - un po’ come quelle che escono da Arcore dopo i vertici di centrodestra -che definisce l’incontro “lungo” e “cordiale”. “Si è aperto un dialogo: i due leader stanno lavorando su delle ipotesi e si rivedranno”nelle prossime 24 ore, viene riferito. Stessa cosa con Giuseppe Conte con cui “c’è stata totale sintonia sulla necessità di rafforzare e intensificare il confronto, iniziato la settimana scorsa, per mettere da parte al più presto le schede bianche e scrivere un nome che unisca il Paese”. E dire che ancora a dicembre, prima della legge di bilancio, dal centrosinistra si accusava Renzi e Italia viva di “passare a destra” perchè Renzi parlava di Quirinale con Salvini. “La notizia è che hanno finalmente iniziato a parlare” commentava ieri il ministro leghista Giorgetti.
Mentre il Transatlantico spazzato dalle correnti di porte e finestre spalancate si riempiva come non si vedeva da ben due anni, per la prima volta dopo mesi, tutte le forze politiche hanno capito che questa elezione ancora più delle dodici precedenti deve essere costruita voto dopo voto una volta che si è deciso chi votare. Perchè mai come questa volta ogni Grande Elettore risponde a se stesso molto più che al proprio segretario.
Ma a sera torna la rosa dei nomi di centrodestra
Al di là del disgelo, poi altri grandi notizie al momento non ne sono arrivate. Infatti, dopo aver incontrato il presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni “per fare il punto della situazione” ", Salvini ha annunciato di essere al lavoro “perchè nelle prossime ore il centrodestra unito offra non una, ma diverse proposte di qualità, donne e uomini di alto profilo istituzionale e culturale, su cui contiamo - ha aggiunto - ci sia una discussione priva di veti e pregiudizi, che gli italiani non meritano in un momento così delicato dal punto di vista economico e sociale”. E’, questa serale, l’unica nota di Matteo Salvini che ha rinunciato a punti stampa e dichiarazioni a margine. Se lo scopo di giornata è la trattativa su Draghi, a sera non devono essere stati fatti molti passi avanti visto che Salvini torna al punto di partenza: la rosa dei nomi, no veti e no pregiudizi.
“L’incontro non è andato bene”
Piuttosto, ha stupito, tanta pubblicità: l’incontro - o la telefonata non è chiaro - Salvini-Draghi doveva restare riservato. Invece è finito sulle agenzie e sui siti poche ore. Chi ha fatto filtrare le notizia ha voluto anche boicottarne il cammino. Così come nel pomeriggio fonti parlamentari Lega ma anche Pd sono state molto solerti nel dire che “l’incontro Salvini-Draghi non era andato bene”. A bene vedere poi sono gli stessi che il premier prima esce dalla scena politica e meglio è.
Le prossime ore saranno decisive ma al momento il rischio è che la partita sul Quirinale, spiegava ieri un esponente del fronte del sì Draghi al Colle, si avviti. E soprattutto che un mancato accordo sul trasloco del premier al Quirinale metta a rischio la legislatura e porti alle elezioni anticipate. E’ un timore che riguarda ministri, un bel pezzo di Pd, Italia viva e tutti coloro che tra i centristi si stanno spendendo affinchè si apra una vera e propria trattativa sull’esecutivo che verrà dopo Draghi, passaggio indispensabile perchè il premier possa diventare Presidente. “Prima di lasciare la casa dovrebbe assicurarsi di aver spento il gas” è la battuta che circolava ieri. Dove la “casa” è palazzo Chigi e “il gas” sono le pulsioni nella maggioranza di governo.
Il premier ha quindi voluto sondato i leader di partito - dopo Salvini ha incontrato anche Letta, uno per coalizione - per capire se ci sono le condizioni per un'intesa nella maggioranza. “Chiede quali sono le intenzioni dei partiti” spiegava una fonte parlamentare della maggioranza. Ma Salvini ai suoi avrebbe fatto sapere che l'incontro non avrebbe portato ad un'apertura del dialogo con il premier. Secondo il segretario del Carroccio insomma Draghi non avrebbe fornito alcuna garanzia sul governo e su un patto da qui a fine legislatura. Non per scelta politica ma per questioni di regole della democrazia. “Non si può trattare ora sul governo, serve fiducia e crederci” sarebbe stata l’obiezione. Da qui l'impasse sulla prospettiva di una convergenza su Draghi. In realtà voci di Transatlantico - area Forza Italia, Pd e anche 5 Stelle - dicono che Salvini avrebbe chiesto il ministero dell’Interno. Draghi avrebbe risposto no, al massimo l’Agricoltura. Fonti Lega smentiscono. Più verosimile questa ricostruzione: il premier avrebbe spiegato che occorre continuare la legislatura ma sul nodo del premier - qualora 'traslocasse' al Quirinale - avrebbe ribadito di voler seguire la Costituzione. Insomma, per dirla con una fonte di palazzo Chigi, “Draghi non può dare ora indicazioni nè su chi debba sostituirlo nel caso a palazzo Chigi nè sui ministri".
Rischio elezioni
Dalle parti del Pd notano una strana sintonia tra Lega e 5 Stelle. Conte e Salvini condividono che “è meglio che Draghi resti a palazzo Chigi” per un anno e non certo averlo tra i piedi per sette al Quirinale. Entrambi spingono per un’alternativa. Al di là dei nomi di Casellati, Pera e in ultimo Belloni (nome circolato anche per palazzo Chigi), di una possibile convergenza su Casini, le altre figure che entrerebbero nella rosa di nomi restano al momento 'coperti'. Sullo sfondo restano anche le ipotesi Amato e Mattarella bis (ieri ha preso 16 voti, ma i Grandi elettori disponibili a votarlo se solo arrivasse un segnale sarebbero molti di più). Ed ecco che sale l'allarme tra chi ritiene che con un'impasse si possa a mettere a rischio non solo il governo ma anche tutto il lavoro fatto finora, a partire dal Pnrr. “Così si va ad elezioni” diceva ieri un esponente centrista sapendo bene che questa è l’arma da agitare per chi sta perdendo tempo a decidere Draghi sì o no.
“Occorre pazienza”
La partita entrerà nel vivo nei prossimi giorni. “Bisogna avere pazienza, quella giusta, passo dopo passo arriviamo alla meta” osservava in Transatlantico il responsabile della Difesa, Lorenzo Guerini.
Il segretario del Pd Enrico Letta nel tardo pomeriggio, dopo l'incontro con Matteo Salvini, ha riunito i ministri del partito alla Camera. Cresce la preoccupazione per il muro della Lega e del Movimento 5 stelle su Draghi. Saranno decisive le prossime 24 ore per capire se potrà aprirsi una convergenza sull'ex numero uno della Bce. Nella Lega e nel Movimento 5 stelle resiste il no. “Non possiamo farci commissariare per sette anni” spiegava ieri un senatore del Carroccio. Chi dice no Draghi al Colle è convinto che il Presidente del consiglio, anche se non dovesse essere scelto per il Quirinale continuerebbe a guidare con responsabilità l’esecutivo. Peccato che responsabilità non faccia rima con disponibilità a sopportare i ricatti e le pressioni di una campagna elettorale permanente che avrebbe al solito Salvini e Meloni come principali competitor.
E intanto Salvini…e anche Di Maio
Tra gli appunti caotici di giornata ne resta qualcuno specifico su Salvini e i rapporti nel centrodestra dopo il giallo di Arcore e il colpo di scena di Berlusconi che ferma Draghi a palazzo Chigi “per continuare il suo lavoro”. Colpo di scena comunicato per scritto e non pronunciato a voce dal Cavaliere. Tra le file di Forza Italia è stato notato con disappunto e a tratti anche fastidio l’attivismo di Salvini e più di uno si è chiesto chi mai gli avesse dato “la delega a trattare per nome e per conto di Forza Italia con Draghi sul governo e sul Quirinale”. Salvini “non rappresenta neppure i suoi, figurarsi Forza Italia…”, Indizi di lacerazione difficili da curare. L’uscita di scena di Berlusconi ha spiazzato non per il fatto in sè ma per i modi. Molti ancora non credono a quello che è stato raccontato.
Diversa invece l’accoglienza in Transatlantico per Luigi di Maio. L’ex leader del Movimento e poi ministro degli Esteri è stato accolto come una star da amici, nemici e avversari politici. Lui ha avuto sempre accanto il viceministro dell’Economia Laura Castelli e il presidente della Commissione politiche Ue Sergio Battelli. Ha parlato fitto fitto con l’ex ministro Bonafede. Feste e complicità con il leghista Giorgetti: tra i due c’è da tempo una buona consuetudine con tanto di pizza e birra. Ha votato, ha salutato tutti ed è sparito di nuovo. Di Maio ha imparato benissimo l’arte del silenzio. In politica vale oro. Ed è anche molto apprezzato. Tanto che ogni tanto in modo carsico emerge l’ipotesi Di Maio premier. Rocco Casalino vigilava ieri sul Transatlantico e sulle sue dinamiche. Il suo assistito Giuseppe Conte non sarebbe certo d’accordo.
672 schede bianche
Così vanno le cose nel promo giorno di urne presidenziali. Lo spoglio ha restituito 672 (curioso, la solita del quorum ma solo per ieri), 49 quelle nulle. I voti dispersi sono stati pari a 88. In tutto i presenti e i votanti sono stati 976 rispetto ai 1008 previsti. 36 voti sono invece andati a Paolo Maddalena, il candidato degli ex M5s che si sono voluti così contare. Sedici a Sergio Mattarella. Tra gli altri 7 grandi elettori hanno scelto Berlusconi, 9 Cartabia, 6 Bossi. Due voti per Amato, Casellati, Conte, Giorgetti. Anche oggi sarà bianca. Ma bianco sporco, con qualche indizio in più.