La sbornia da referendum fa alzare le antenne a giuristi e parlamentari. “Serve qualche correttivo”

Grazie alla firma digitale referendum sulla cannabis legale, eutanasia legale e giustizia sembrano ormai in una botte di ferro. C’è però il rischio di alcuni squilibri che devono essere corretti. La proposta Ceccanti-Parrini

Marco Cappato
Marco Cappato durante la raccolta firme per il referendum (Foto Ansa)

Ormai è una vera e propria sbornia da referendum. Sono oltre 900 mila le firme già raccolte per l’eutanasia legale di cui 300 mila quelle digitali. E in appena quattro giorni sono già 420 mila (ne servono 500 mila) le firme raccolte per liberalizzare la cannabis per fini medici e curativi. Ieri il contatore marciava a ritmo spedito perchè ormai firmi per un referendum dal tavolo del ristorante dove, è bene sempre ricordalo, possiamo stare a sedere per via del green pass.

Gli effetti collaterali

E come in tutte le sbornie, serve presto un caffè forte per evitare effetti collaterali non previsti e probabilmente sgraditi. Dalla politica e dal palazzo, incapaci entrambi in questi anni di dare seguito a provvedimenti e leggi che i cittadini chiedono da anni. Come, appunto, lo sono l’eutanasia legale e l’uso legalizzato della marjuana, sempre che sia ad esclusivo uso terapeutico. Questioni su cui giacciono da anni, almeno nelle ultime tre legislature, disegni di legge che non trovano mai uno sbocco perchè il Parlamento, seppure eletto in rappresentanza dei cittadini, non riesce o non vuole trovare il modo di rispondere se non con il rinvio. La referendum mania è scoppiata da un paio di mesi, quando grazie ad un emendamento (era il decreto Semplificazioni) a firma Riccardo Magi (+Europa) votato all’unanimità da tutto il Parlamento, le firme per un referendum possono essere raccolte anche in forma digitale se possiedi Spid o la carta d’identità digitale senza cercare banchetti e certificatori. In poche settimane tre questioni epocali come la giustizia, la cannabis e l’eutanasia legale, bloccate da anni in Parlamento, hanno già raggiunto il minimo delle firme necessarie per i passi successivi che sono il via libera prima della Cassazione e poi della Consulta. Ed ecco che nelle ultime 48 ore è scattato l’allarme sugli effetti collaterali di firme raccolte “troppo facilmente” e sullo svuotamento, in questo modo, del ruolo del Parlamento. Ieri si sono agitati in questo senso nomi importanti del Diritto come il giudice Nello Rossi, ex membro del Csm e ora direttore della rivista “Questione giustizia”, organo di approfondimento della corrente di sinistra della magistratura e il professor Giovanni Maria Flick che è stato presidente della Corte Costituzionale oltre ministro della Giustizia. Entrambi lanciano un grido d’allarme sulla “perdita di equilibrio tra popolo e Parlamento” e se tutto questo non possa essere “un azzardo”. Ecco che ieri mattina due deputati Pd, il professore costituzionalista Stefano Ceccanti e il presidente della Commissione Affari costituzionali Dario Parrini hanno depositato una proposta di legge per tentare di “proteggere” entrambi, la legittima volontà del popolo e la Corte Costituzionale che poi dovrà dare via libera, da quella “distanza” necessaria quando si parla di leggi e che adesso la firma digitale ha legittimamente annullato.

Il boom

In questa rivoluzione c’è di mezzo il mondo e la cultura radicale che ha sempre fatto del referendum la legittima parola del cittadino. Se Magi è stato il braccio operativo di questa rivoluzione, l’associazione Luca Coscioni ne è il notaio. Delle oltre 900.000 firme totali raccolte a ieri sera per il referendum eutanasia legale, sono più di 300.000 quelle raccolte online, tramite spid o carta d'identità elettronica. Tra i firmatari on line la maggioranza sono giovani donne (il 59%), il 56% delle firme è registrato al nord , il 28% al centro e il 16 % al sud. “L'eliminazione delle barriere fisiche e degli ostacoli burocratici che gravano sulle firme cartacee ha fatto venire alla luce grazie alla sottoscrizione online, una realtà sociale finora sconosciuta” ha detto Marco Cappato, un altro gladiatore dei diritti civili conquistati con le battaglie referendarie. E’ boom di sottoscrizioni anche per il referendum cannabis. A quattro giorni dal lancio del Referendum Cannabis, sono 420.000 le firme raccolte. Con le firme stanno arrivando anche le donazioni: ogni firma, infatti, ha il costo di 1,05 euro al comitato promotore. I promotori del Referendum Cannabis rilanciano l'appello al Governo affinchè, come per tutti gli altri quesiti su cui è attiva al momento la raccolta firme, venga esteso al 30 ottobre il termine ultimo per la consegna delle firme in Cassazione. I promotori chiedono, soprattutto alla Rai, che venga fatta una corretta informazione sul quesito proposto e sulle modalità di firma. Il referendum Cannabis è promosso dalle Associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Societa' della Ragione e Antigone. Alla proposta hanno preso parte anche rappresentanti dei partiti +Europa, Possibile e Radicali italiani. Stanno beneficiando della firma digitale anche i sei quesiti sulla giustizia presentati da Radicali e Lega di Salvini. Anche loro hanno già raggiunto il minino delle firme necessarie (500 mila) ma grazie al digitale sono volati oltre il milione. E si trattati di quesiti certamente più difficili e complessi di quelli su cannabis ed eutanasia.

La distanza tra popolo e Parlamento

Dietro il boom e quella che viene definita una “rivoluzione pacifica” c’è un gioco di squadra che fa capo alla scuola e alla tradizione Radicale. Marco Pannella oggi può essere molto soddisfatto da ovunque stia osservando questa scena. L’ Associazione Luca Coscioni ha innescato questa lenta e pacifica rivoluzione democratica con i referendum Eutanasia legale e Cannabis legale. Mario Staderini ha avviato all'ONU la denuncia dell'Italia per l'inaccessibilità dei referendum e lanciato la soluzione della firma digitale. Marco Gentili l’ha portata sul tavolo del Ministro Colao e del Parlamento. Riccardo Magi ha scritto e presentato l’emendamento approvato da tutto il Parlamento. Marco Cappato parla di “lavoro di squadra che ha realizzato un riforma strutturale per la democrazia italiana, che sarà a questo punto a disposizione di qualsiasi altra iniziativa di partecipazione popolare”. Una cosa è certa: il boom delle firme digitali misura la distanza tra volontà popolare e Parlamento. E spazza via il cliché dei giovani disinteressati alla politica. Di sicuro a quella “politicante” dei partiti ma non a quella che cerca di dare risposte concrete ai problemi.

Correttivi

Probabilmente, però, l’introduzione della firma digitale necessita di essere compensata da qualche correttivo. I quesiti referendari possono essere solo abrogativi di una parte di una legge. Ma è chiaro che anche togliendo solo un comma, si può stravolgere il senso di una legge. E’ il problema che si sono posti Nello Rossi e Giovanni Maria Flick. Si parla, ad esempio di alzare l’attuale quorum di 500 mila firme (il minimo indispensabile per procedere alla Corte), un quorum fissato nel 1947 in modo che sia valorizzata e tutelata la voce del popolo ma che non si delegittimi il Parlamento.

La proposta Ceccanti-Parrini

Una prima proposta utile arriva da Ceccanti e Parrini. In una proposta di legge depositata ieri chiedono l'anticipo del controllo dellaCorte costituzionale dopo le prime centomila firme raccolte su un quesito. “Varie cause - spiegano - a partire dalle semplificazioni introdotte nella raccolta delle firme, stanno portando ad un considerevole aumento delle richieste di referendum abrogativo. Di per sé la crescita della partecipazione, anche grazie all'eliminazione di ostacoli burocratici, è una ricchezza per il sistema, anche per sollecitare il Parlamento a rispondere a domande della società.Tuttavia questi cambiamenti - proseguono Ceccanti e Parrini -impongono anche un'attenta considerazione per possibili squilibri istituzionali”. Poiché non si può certo mettere mano alla Costituzione che regola il meccanismo dei referendum - non ci sarebbe il tempo - un fitto che può essere messo adesso riguarda la l’anticipazione del giudizio di ammissibilità della Corte costituzionale in modo da evitare una possibile frustrazione per grandi raccolte di firme che si possono però muovere fuori dai parametri costituzionali sanciti dall'articolo75 della Carta e dalla giurisprudenza della Corte. “Centomila firme - insistono Ceccanti e Parrini - segnalano già un consenso minimo sufficiente, tale da non inflazionare l'accesso alla Corte e nel contempo consente alla Corte di pronunciarsi con serenità, senza poter essere criticata di opporsi a richieste con grande consenso. In caso di giudizio positivo della Corte la raccolta poi proseguirebbe per la raccolta delle firme ulteriori”. Detto ciò, tutti tranquilli: il diritto al referendum è ormai una conquista che nessuno potrà più togliere.