[Il caso] Sardegna, la lettera del ministro arriva troppo tardi: è guerra sugli accantonamenti col governo giallo-verde
La scadenza era prevista il 31 gennaio, mentre la lettera del Ministero dell’Economia, inspiegabilmente spedita in posta ordinaria, è arrivata a destinazione solo il 5 febbraio

“Siamo allibiti”. L’assessore al Bilancio della regione Sardegna Raffaele Paci è trasecolato quando l’altro ieri si è visto recapitare sopra la scrivania una lettera da Roma, a firma di Giovanni Tria, che sbatte la porta in faccia all’isola sulla “vertenza accantonamenti” in atto dal 2017. Ancora più sconcertante il contenuto della lettera, in cui il ministro dell’Economia faceva riferimento ai termini per la definizione dell’accordo fra Stato e Regione sull’entità del contributo che l’isola deve annualmente alla finanza pubblica come previsto dal patto di Stabilità. La scadenza era prevista il 31 gennaio, mentre la lettera del Ministero dell’Economia, inspiegabilmente spedita in posta ordinaria, è arrivata a destinazione solo il 5 febbraio: impossibile quindi per l’isola riaprire il dialogo con lo Stato. Non solo: nella lettera il ministro non fa nessun riferimento alla recente sentenza della Corte Costituzionale, che l’11 gennaio aveva stabilito che quel contributo era comunque troppo alto.
L'accoglimento del ricorso
L’Alta Corte ha infatti accolto il ricorso della Sardegna sugli accantonamenti contro l’ultima Finanziaria del governo Gentiloni: l’articolo 1, comma 851, della legge di Bilancio 2018, che definiva in 781 milioni la quota di accantonamenti per l’isola, è stato dichiarato illegittimo, e la cifra stabilita non equa in ragione delle dimensioni della finanza regionale rispetto alla finanza pubblica e delle condizioni di “svantaggio strutturale e permanente” dovuti alla condizione di insularità e al reddito pro capite. Lo Stato, insomma, ha preteso troppo dall’isola che in questo modo non sarebbe nemmeno in grado di garantire i livelli essenziali di mantenimento dei servizi sociali. Il Governo sarebbe dunque obbligato a dare immediata attuazione alla sentenza cercando un’intesa riequilibratrice con la Regione. Cosa che però non è mai successa, nonostante i ripetuti tentativi di interlocuzione portati avanti dall’esecutivo sardo.
"Potremmo dire finalmente e' arrivata una lettera del governo, dopo le nostre otto, tutte puntualmente ignorate” ironizza ora l’assessore Paci. Peccato che quella lettera- cartacea, inviata con posta ordinaria e che ci ha messo 20 giorni ad arrivare- non contiene assolutamente nulla. Non una proposta, non una richiesta ufficiale di incontro, non un riferimento alla sentenza della Consulta, non un tentativo di mediazione".
Ironia della sorte
Per ironia della sorte, invece, il postino ha bussato alla porta della Regione proprio all'indomani dell'approvazione del disegno di legge con cui l'esecutivo regionale, forte de pronunciamento della corte e del silenzio di Roma, aveva deciso di iscrivere nella finanziaria 2019 una parte della somma di accantonamenti non dovuti, pari a 285 milioni.
La contromossa
Da qui la contromossa della Regione, che ora risponde al ministero via pec, sottolineando le "modalita'irrituali della trasmissione della lettera e la sua tardivaricezione" e ricordando che l'ultima sentenza della Corte stabilisce "con assoluta chiarezza che il legittimo ordine dei rapporti economico-finanziari tra Stato e Regione deve essere ripristinato nella sostanza e non solo formalmente". La Regione, si legge nella missiva, si dichiara disponibile a riprendere la trattativa con lo Stato,"come piu' volte chiesto attraverso numerose lettere rimaste senza risposta, ma ribadisce di aver comunque intrapreso iniziative utili per ottenere l'immediata esecuzione dell'ultima sentenza della Corte. Iniziative che continuera' comunque apercorrere".