Salvini, la "vittoria" sull'autonomia e quella disperata ricerca del consenso per salvarsi
Il vicepremier intende mandare un post it forte e chiaro alla base storica di via Bellerio
All’ora del Tg delle 20 Matteo Salvini esplode di felicità: «Il Senato ha approvato il ddl Autonomia: è un passo importante verso un Paese più moderno ed efficiente, nel rispetto della volontà popolare espressa col voto al centrodestra che lo aveva promesso nel programma elettorale, dai referendum di Lombardia e Veneto e dalle richieste dell'Emilia-Romagna e di altre regioni italiane. In questo momento mi sento di rivolgere un pensiero particolare a Bobo Maroni». Bisogna leggere in controluce questo messaggio sul far della sera del leader della Lega. Il vicepremier intende mandare un post it forte e chiaro alla base storica di via Bellerio. Come dire, non vi ho dimenticato, ho portato a compimento una battaglia della nostra storia. Basterà tutto questo a recuperare i consensi negli ultimi quattro anni? Di sicuro dalle parti leghiste l’autonomia differenziata è una questione importante, da dentro o fuori. Ma è pur vero che il sistema politico si è evoluto rispetto a una ventina di anni fa. La coalizione di centrodestra è mutata totalmente. Non c’è più Silvio Berlusconi a guidarla e a far da paciere. E la Lega non è più quella di Gianfranco Miglio e del senatur Umberto Bossi. Insomma, il mondo è cambiato. E Giorgia Meloni, leader indiscussa del centrodestra e presidente del Consiglio, rischia di cannibalizzare Lega e Fd’I.
Tutti discorsi che sanno e fanno a via Bellerio. A cui ieri però non hanno voluto pensare. Perché «Matteo», l’autore del risultato migliore di sempre (34% alle europee del 2019), crede nella remuntada. Non significa che si immagina a capo della coalizione dopo l’elezione del rinnovo del Parlamento europee. Significa pensare che tutto sia possibile, anche le cose impossibili. E allora bene l’autonomia differenziata.
I leghisti escono infatti in batteria come se avessero vinto la Champions League. «Con l'approvazione al Senato del disegno di legge sull'Autonomia differenziata si è concretizzato un sogno. Lo avevamo promesso, ci abbiamo messo la faccia, ci abbiamo lavorato per anni senza arrenderci mai» dice la senatrice Daisy Pirovano. «Il voto di oggi sull’Autonomia - rilancia il senatore campano Gianluca Cantalamessa - è un'opportunità storica per tutto il Paese e per il Sud. È una riforma che attua la Costituzione, prevedendo l'individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni come garanzia dei diritti per i cittadini e la possibilità anche per le Regioni del Sud di amministrare il proprio territorio nel nome della trasparenza». E dichiara ancora l’europarlamentare della Lega Paolo Borchia: «Emozionato e fiero del mio partito: con l'approvazione in Senato del ddl Calderoli finalmente è stata rispettata la volontà del popolo veneto, emiliano, romagnolo, lombardo e non solo». In scia il sottosegretario Massimo Bitonci: «L’approvazione al Senato delle disposizioni per l'attuazione dell'Autonomia differenziata, ai sensi dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione e' una prima risposta della Lega al risultato unanime del Referendum in Veneto e Lombardia del 2017. Con la legge quadro si mettono finalmente le basi per le successive intese, volte a devolvere tutte o solo alcune delle 23 materie previste. Per chi ha letto e studiato il testo, questo provvedimento non ha lo scopo di dividere, ma di unire la Nazione, che già oggi risulta squilibrata nei servizi civili e sociali, tra nord e sud, tra centro e periferia».
È un giorno di festa. Da rilanciare in tutte le piazze e laddove la riforma si aspettava da anni, nel nord del Paese. Sarà questa una delle bandiere che Salvini porterà in campagna elettorale. Non importa che ci sarebbe ancora da affrontare un altro passaggio parlamentare, a Montecitorio, che si prefigura non facile. E non importa che Meloni abbia adesso in mente di accelerare sull’altra la riforma, quella della Costituzione che dovrebbe introdurre l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il dato è inconfutabile, sussurrano in ambienti leghisti. «Alla peggio se tutto precipita potremmo dire che non è stata colpa nostra e che noi ce l’abbiamo messa tutto». Insomma non si dice preoccupato di quello che potrebbe accadere da ora in avanti. La sua strategia è impostata su più tavoli. E c’è uno in particolare che prevede ogni giorno un menu a sorpresa. La battaglia contro il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, è una di questa. Andare contro la norma che introduce il limite di 30km/h nel centro di Bologna va in questa direzione. Perché è una battaglia popolare, perché tutti guidano l’auto e perché il capoluogo dell’Emilia Romagna è un simbolo della narrazione del centrosinistra. La questione è molto semplice, dunque. Da un lato portare avanti duelli in cui si riconosce la storia della Lega - vedi l’autonomia differenziata - dall’altro intestarsi battaglie quotidiane popolari - come quella dei trenta all’ora. Obiettivo: provare a crescere nei consensi in tutti i modi per salvare la Lega e sé. Sì, perché a questo punto diversi mettono in dubbio il futuro del segretario attuale. Fino a poco fa non si scorgevano all’orizzonte leadership alternative. Troppo forte sembrava quella del Matteo di Milano. Insostituibile per la sua popolarità in tutto lo Stivale. Adesso però sembra di trovarsi in una fase. Luca Zaia, per dire, è lì, è autorevole, stimato anche a sinistra, e le sue posizioni progressiste sui temi etici sono una novità nel panorama politico. E Zaia fra un anno completerà il mandato da presidente della Regione Veneto. Dopodiché dovrà decidere cosa fare da grande. Nel frattempo ci saranno già state le europee, test per Salvini. Il quale non si candiderà perché ha compreso l’antifona. E quel giorno i suoi avversari gli potrebbero chiedere il conto. Dentro o fuori, insomma. Ecco perché «Matteo» è alla disperata ricerca di consensi. E si servirà di tutte le carte a disposizioni. Gli avversari sono avvisati.