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Sostegno a Salvini e processo pubblico a Giorgetti sui social: i post del popolo leghista

La base del Carroccio – schierata senza se e senza ma per il Capitano – tratta il ministro come l’ultimo arrivato e addirittura come fosse un traditore

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Sostegno a Salvini e processo pubblico a Giorgetti sui social: i post del popolo leghista
Salvini e Giogetti (Ansa)

All’inizio spuntano, un po’ alla volta, quasi casuali, foto di Matteo Salvini con le classiche scritte a caratteri cubitali: “Capitano siamo con te”, che sono l’eredità della “Bestia” di Luca Morisi e sono una variabile indipendente buona per i processi in Sicilia sui migranti, per la crisi di governo o per un attacco di un avversario politico.

Ma con il passare delle ore e delle giornate, in verità il sostegno a Salvini si trasforma in un processo pubblico via social a Giancarlo Giorgetti.

I post del popolo leghista, in molti casi, sembrano copie carbone, viralizzate; foto di Giorgetti con Salvini accompagnati dall’invito: “Matteo guardati le spalle da questo essere” o foto della pizza fra Giorgetti e Di Maio come testimonianza inconfutabile del tradimento consumato, la prova d’amore fra i due.

E poco importa agli haters giorgettiani che, invece, durante il primo governo di Giuseppe Conte, quando Matteo Salvini era il vicepresidente del Consiglio e Luigi Di Maio pure e Giorgetti il segretario del Consiglio dei ministri e sottosegretario alla presidenza, in verità il feeling fortissimo fosse fra Matteo e Gigino, mentre l’attuale ministro dello Sviluppo Economico era il più fiero avversario dell’alleanza gialloverde e se la Lega fosse uscita dal governo quando lo diceva Giorgetti staremmo probabilmente a raccontare un’altra storia degli ultimi anni di politica in Italia.

Incredibilmente, la base del Carroccio – schierata senza se e senza ma per il Capitano – tratta Giorgetti come l’ultimo arrivato e addirittura come fosse un traditore, deviazionista.

Addirittura, il ministro dello Sviluppo Economico, che della Lega è l’unico fuoriclasse insieme  a Luca Zaia, era nella Lega come sindaco di Cazzago Brabbia ed era nella Lega nel 1996 nella compagine “indipendentista”, nella legislatura in cui il Carroccio corse da solo contro tutto e contro tutti e ottenne più del 10 per cento dei voti a livello nazionale. Voti, peraltro, presi praticamente tutti al Nord.

Insomma, se c’è un leghista che – fin dai tempi di Umberto Bossi – non può essere accusato di deviazionismo rispetto alla linea, questo è proprio Giorgetti.

Tradotto: gli attacchi al ministro dello Sviluppo Economico sono a salve.

Eppure, è da due giorni che su tutti i social leghisti, di militanti e simpatizzanti, Giorgetti viene demonizzato come il male assoluto.

Eppure, in questo momento, la linea del titolare del ministero di via Veneto è quella del Nord produttivo, è quella del Green Pass e della ripartenza, che contrasta almeno in parte con quella di Salvini che non ha mai sconfessato gli uomini di Borghi che contestavano il provvedimento ed ha legittimato Bolsonaro, che è un idolo No Vax e No Pass.

In questo quadro, al di là dell’allineamento di Giorgetti al consiglio federale – e chi conosce le vicende leghiste sa che non poteva essere altrimenti – la vera novità è la posizione seria e responsabile del presidente del Friuli-Venezia Giulia e della Conferenza Stato Regioni Massimiliano Fedriga, già ultrà salviniano, e invece allineato sulla linea del buonsenso, dei vaccini e della scienza in una regione con Trieste epicentro nazionale dei contagi e dei non vaccinati.

Oltre alla pizza con Di Maio, a scatenare il popolo leghista contro Giorgetti sono gli ottimi rapporti con Mario Draghi, con il ministro dello Sviluppo Economico che non ha mai nascosto la sua stima fortissima per il presidente del Consiglio (“se hai Ronaldo non lo tieni in panchina”) e Salvini invece a far capire di averlo sempre sopportato più che supportato seriamente, e le sue dichiarazioni a Bruno Vespa con splendide metafore cinematografiche, in cui  Giorgetti ha raccontato la politica italiana meglio che con un lungo saggio: "Matteo è abituato a essere un campione d’incassi nei film western. Io gli ho proposto di essere attore non protagonista in un film drammatico candidato agli Oscar. È difficile mettere nello stesso film Bud Spencer e Meryl Streep. E non so che cosa abbia deciso…".

Il punto centrale di Giorgetti sono soprattutto le alleanze Europee e il sovranismo che vede ad esempio la Lega in squadra con i nazisti tedeschi dell’Afd, peraltro reduci da una disfatta elettorale, esattamente come è stata una disfatta la candidatura di Michetti a Roma che Giorgetti aveva avversato, spiegando che un centrodestra serio e potenzialmente vincente avrebbe giocato tutte le sue carte su Calenda, ma trovando il muro di Salvini: «Se vuole istituzionalizzarsi in modo definitivo – ha spiegato il ministro a Vespa - Salvini deve fare una scelta precisa. Capisco la gratitudine verso la Le Pen, che dieci anni fa lo accolse nel suo gruppo. Ma l’alleanza con l’AfD non ha una ragione».

Vespa chiede: “Salvini la svolta europeista l’ha fatta?”. E Giorgetti: “È un’incompiuta. Ha certamente cambiato linguaggio. Ma qualche volta dice alcune cose e ne fa altre. Può fare cose decisive e non le fa. Io non ho bisogno di un nuovo posto. Io voglio portare la Lega in un altro posto».

Insomma, la scelta di Giorgetti va in direzione diametralmente opposta a quella No Vax, No Pass, a volte anche No Euro che dal punto di vista monetario è esattamente la sponda opposta del fiume rispetto ai Bagnai, all’alleanza con la Russia anziché con gli Stati Uniti che sono l’approdo atlantico di Giorgetti, o a un gruppo europeo che fino a poche settimane fa ha tenuto al suo interno Francesca Donato che ha fatto spesso sue tesi No Vax e No Pass sul Covid, ad esempio puntando il dito sulle cure ospedaliere nella prima fase Covid o suonando il clacson contro il lockdown.

E in tutto questo è interessante leggere un passaggio parlamentare dell’ultima seduta del Senato della Repubblica in cui la Lega ha sì votato la fiducia a Draghi, ma il presidente dei senatori salviniani Massimiliano Romeo – che è un ultrà di Salvini, che è anche un “suo” senatore - ha sferrato il più duro attacco a Draghi, amico di Giorgetti.

Un attacco rimasto negli atti parlamentari: “Signor Presidente, prendiamo atto che il Governo ha posto per l'ennesima volta la fiducia su un provvedimento. Prendiamo atto, ma non siamo d'accordo sul fatto che si continui su questa strada, soprattutto con il ricorso a tale strumento, anche quando, nei vari provvedimenti, gli emendamenti sono davvero pochi (in questo caso trenta), e potrebbero essere votati in poco tempo. È vero che c'era la richiesta di un voto segreto, ma il Parlamento è questo, signori: ci sono i voti, ci sono i voti segreti, ci sono i Regolamenti, questa è la democrazia. Continuare sulla strada di mettere sempre la fiducia su tutti i provvedimenti equivale a dare la sensazione di volere sostanzialmente evitare il Parlamento, che è composto dai rappresentanti del popolo, come se diventasse una sorta di fastidio andare in Parlamento ad affrontare le varie tematiche. Questa non la reputiamo essere una cosa giusta e corretta. In certi casi, di fronte a numerosi emendamenti e a un certo tipo di ostruzionismo, può essere anche giustificato; ma il ricorso a uno strumento del genere su tutti i provvedimenti non lo riteniamo utile. Noi ci facciamo una domanda: dove ci porterà questo continuo voler esautorare il Parlamento? Guardate che l'insofferenza non è solo della Lega, che magari non è capace di nascondere certe cose, perché, forse per estrema trasparenza, noi non abbiamo assolutamente paura di dire quello che pensiamo. L'insofferenza è in tutti i Gruppi politici. Ripeto, in tutti i Gruppi politici. Allora noi facciamo una considerazione: in previsione dell'elezione del Presidente della Repubblica, continuare ad alimentare questa insofferenza non ci sembra una buona strategia e non ci sembra una buona mossa”. 

I resocontisti parlamentari hanno annotato applausi dei senatori del Carroccio alle parole del loro capogruppo contro Draghi e il suo governo. Draghi, “l’amico di Giorgetti”.

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
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