Meloni incontra le opposizioni ma già chiude al salario minimo. Eppure Fdi presentò una proposta di legge simile
Nel pomeriggio l'incontro con P, M5S e Calenda più Sinistra e altri. Assente Renzi. La premier si "apre al confronto", boccia "i 9 euro" e punta a rafforzare la contrattazione collettiva. Ma nel 2019 aveva un'altra idea
E' fissato per mezzo pomeriggio l'incontro tra le opposizioni e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sul tema che più di altri sta occupando le cronache politiche di mezzo agosto, ovvero il salario minimo. Argomento base sul quale convergono le richieste e iniziative dei partiti di centrosinistra, anche a seguito della definitiva chiusra sfociata nella cancellazione del Reddito di cittadinanza, quale misura di intervento contro la povertà estrema. Perché se lì il dialogo non è stato possibile, la speranza è che un confronto costruttivo ci sia su questo altro tema di welfare. Le premesse non sono delle migliori se la stessa premier, pochi giorni fa, ha rilasciato una dichiarazione che è servita a gettare nello scompiglio le controparti, che a più voci hanno chiesto se questo incontro avesse "un'utilità reale".
La premessa è che Meloni ha bocciato i "9 euro come paga base" rimettendosi piuttosto al "rafforzamento dei contratti collettivi" ed esprimendo di fatto sfiducia nella misura, che "rischierebbe di diventare un parametro sostitutivo e non aggiuntivo, con il risultato di peggiorare il salario di molti più lavoratori di quelli ai quali lo migliorerebbe". Dichiarazioni che hanno fatto sollevare più di un sopracciglio e dato la sensazione di un incontro pro forma dagli esiti già scritti.
Dopo aver "studiato il dossier" - ma su questo Giuseppe Conte dubita, viste le posizioni espresse - le distanze dunque restano. Intorno al tavolo siederanno delegazioni del Pd, con la segretaria Schlein e Guerra, Conte e Catalfo per il M5S, Calenda e Richetti per Azione, Magi e Della Vedova per +Europa, Fratoianni, Mari e Bonelli per Verdi-Sinistra. Assente Renzi. Dare prova di volersi davvero aprire al dialogo, per la premier che sarà affiancata da Tajani e Salvini più i sottosegretari Mantovano e Fazzolari, sembra una necessità. Il risultato potrebbe non essere favorevole, anche perché le dichiarazioni di Elly Schlein, che ha detto di voler allargare la discussione alla questione dell'alluvione nell'Emilia Romagna e al caso De Angelis, sembra aver irritato Palazzo Chigi. "Non vorrei che l'occasione fosse uno specchietto per le allodole", ha detto Meloni in un video.
Quando Meloni era a favore del salario minimo
Insomma, le parole non sono concilianti e se rappresentano una proiezione del reale retropensiero meloniano, l'incontro finirà con un nulla di fatto. Oppure sul tavolo saranno posizionate le controproposte, quelle già preannunciate dal sottosegretario Claudio Durigon e dal presidente della commissione Lavoro alla Camera, Walter Rizzetto. Ovvero: l'estensione della contrattazione collettiva ai comparti ora scoperti (il 5%), la detassazione per favorire il rinnovo dei contratti in essere, una modifica del codice degli appalti per far sì che dalla logica del massimo ribasso vengano esclusi i salari dei lavoratori. Infine un intervento contro i contratti pirata, da rafforzare con misure come la quattoridicesima. Un "no operoso" quello di Meloni con norme da inserire in un pacchetto da allegare al Dl Lavoro, come precisato da Rizzetto.
Smontare "gli slogan dell'opposizione", ascoltando e recependo quanto "utile" da condensare poi in una misura ad hoc, sembra essere l'intento di Meloni. Da cui il salario minimo resterà escluso. Eppure, come ricorda Il Fatto quotidiano, nel 2019 Meloni e i suoi Fratelli d'Italia volevano il salario minimo e non credevano agli "effetti negativi sulle paghe" di cui oggi la premier è certa. Fu proprio Rizzetto in quell'anno a presentare una proposta di legge sul salario minimo che lo considerava "un provvedimento necessario per sostenere i lavoratori più marginali e riconoscere il lavoro come strumento di dignità, in coerenza con i fondamentali princìpi della Repubblica". Fdi si poneva allora in contrapposizione rispetto ai sindacati, che consideravano la misura lesiva della contrattazione collettiva, mantenendo una posizione simile a quella di Meloni oggi. Oggi i sindacati hanno cambiato idea (tutti tranne la Cisl) convinti della bontà del punto. Doppia giravolta, mentre i fronti restano sempre contrapposti.