Basterà la "riunione antibiotica" per far tornare in salute il M5s?
La ‘medicina’ Grillo salverà il Movimento? Una lunga giornata di vertici e incontri per ‘ritornare’ alle origini: comitato di garanzia e Rousseau
“Abbiamo fatto una riunione antibiotica per ripristinare il sistema immunitario del Movimento. Quindi State tranquilli” prova a scherzare con i giornalisti il fondatore e garante del Movimento 5 stelle, Beppe Grillo, uscendo con la mano sulla spalla dell'ex premier e Giuseppe Conte, dopo una riunione di oltre due ore nella sede dello studio notarile di Luca Amato, a Roma, che è finita oltre le 22 di notte. I due sono usciti con sguardi sereni dal lungo summit. Conte e Grillo si vedranno anche a cena, nonostante l'ora tarda. L'ex premier ha invitato il comico a raggiungere il ristorante nella sua macchina. Grillo però ha declinato: "Ci vediamo lì, pres", contrazione di presidente. Subito dopo la breve dichiarazione, il co-fondatore ha invitato l'auto di scorta di Conte a guadagnare l'entrata del cortile, scherzando con gli agenti che procedevano molto lentamente. Battendo le mani sul cofano ha esclamato con tono ironico: "Dai ragazzi, avanti. Non vi prendo più come scorta". Pochi minuti e le varie auto dei partecipanti alla riunione sono sparite tra le strade semideserte della capitale. Intanto, al termine della riunione tra Grillo e Conte nello studio del notaio Amato, durata due ore e mezza, tutti i legali hanno concordato che le delibere 'sospese' dal Tribunale di Napoli (relative al nuovo statuto e all'elezione di Conte leader) "sono valide alla luce del regolamento del 2018". Si presenterà al Tribunale partenopeo una immediata istanza di revoca alla luce di questo documento che, secondo i legali, "certifica la piena regolarità" offrendo al giudice della causa di poter prendere atto della validità e quindi dell'efficacia delle delibere contestate. "Si confida che gli elementi emersi consentano di poter ottenere una tempestiva revoca" della sospensione, viene sottolineato all'Adnkronos. Basterà, una ‘revoca’ a ‘salvare’ il Movimento? Se ne dubita, ma per il momento è la strategia. Ma ora conviene riepilogare la convulsa giornata.
Una giornata vissuta pericolosamente
E’ stata, quella di ieri, e non solo per i leader pentastellati (Grillo, Conte, Di Maio, Raggi, etc.), ma anche per i cronisti, una giornata vissuta on the road, masticando chilometri di appostamento in appostamento in una girandola di incontri che hanno messo a dura prova politici e giornalisti. È Beppe Grillo, bellezza, e tu non puoi farci niente. Quando arriva gli animi, dei pentastellati – che sentono il richiamo della foresta – e dei cronisti (idem, visto che, almeno lui, fa ancora ‘notizia’) si agitano e si eccitano. Il garante del M5S è calato a Roma, per tirare le somme di una situazione "molto complicata", dopo l'ordinanza del Tribunale di Napoli che ha sospeso le modifiche allo Statuto contiano e, di fatto, messo fuorigioco la governance pentastellata del nuovo corso, rimettendo tutto nelle mani del co-fondatore, unica carica rimasta giuridicamente in essere. Grillo prima si è preso alcuni giorni di riflessione con il suo staff legale, che comunque ha tenuto i contatti stretti con i professionisti (sic, gli ‘avvocati dell’avvocato’…) che seguono Giuseppe Conte, il leader che spinge per tornare subito al voto con lo stesso Statuto di quest'estate, modificato giusto nelle parti contestate dalla Commissione di garanzia degli statuti che ha rigettato la domanda di accesso al 2x1000. Grillo, invece, a inizio settimana aveva chiesto pazienza e silenzio, invitando a "non assumere iniziative azzardate". Ora è arrivato il momento di tirare le somme, così 'l'Elevato' è sbarcato nella capitale, incontrando tutti i big del Movimento. In primo luogo, Luigi Di Maio, con il quale è rimasto a parlare per quasi due ore in una sala riservata di un grand hotel capitolino. L'incontro con il ministro degli Esteri doveva avvenire lontano da occhi indiscreti, ma qualche telecamera - ce ne erano così tante disseminate per la Capitale a caccia di una battuta o un indizio - è riuscita lo stesso a immortalare la loro uscita. Ovviamente senza rilasciare alcuna dichiarazione, anche se a sera filtra che il faccia a faccia è andato bene, frutto dì una forte intesa tra i due. Ma ogni luogo, una volta scoperto, è 'bruciato' nella concezione di Grillo. Così poche ore dopo le soffiate indicano lo studio di un notaio non distante dall'albergo precedente. La dritta premia il fiuto dei cronisti perché dal cancello esce Virginia Raggi, l'ex sindaca di Roma che fino a lunedì scorso era componente del Comitato di garanzia assieme a Di Maio (che ne era il presidente, ma ora dimissionario) e Roberto Fico, che non partecipa però agli incontri bloccato in casa dall'influenza (forse è Covid). Anche l'abitazione di Conte è tenuta d'occhio a vista da giornalisti videomaker e cronisti, sin dalle prime ore del mattino, ma senza successo. Solo nel tardo pomeriggio l'ex premier esce da casa e si infila nella macchina sfuggendo a obiettivi e domande: destinazione Beppe Grillo con il quale ha appuntamento per un vertice con i rispettivi staff legali per mettere a punto la strategia finale. Ora, in questo mosaico di incontri e fughe manca il tassello finale, la voce del garante. L'ultima parola spetta a lui, 'l'Elevato'.
Gli incontri bilaterali come per la crisi ucraina
Il problema è capire, in questi incontri sia ‘bilaterali’ (Grillo-Di Maio, Grillo-Raggi, Grillo-Conte) che ‘multilaterali’ (Grillo-Conte-Raggi e gli avvocati) – neppure si trattasse di un triangolare Russia-Ue-Usa sulla guerra in Ucraina - quale è il risultato politico-legale e come pensa di poter sopravvivere il Movimento alla tempesta giudiziaria (e mediatica) che lo sta squassando. A tarda sera, mentre scriviamo sono le 22, nulla era ancora chiarissimo e nulla era definitivo. Di certo sono ore decisive per il futuro del Movimento 5 stelle. Dovrebbe vedersi a breve il risultato della missione romana di Beppe Grillo, che ha avuto faccia a faccia separati con i big del Movimento per risolvere lo stallo dopo la sospensiva del Tribunale di Napoli che ne ha di fatto azzerato i vertici, ultimo atto – giudiziario - di un percorso tormentato dal dualismo – politico - fra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Il perno dei faccia a faccia di queste ore con il Fondatore - raccontano fonti bene informate - sarebbe quello di trovare un punto di caduta che soddisfi tutti, a cominciare da Giuseppe Conte, per ripartire con un nuovo comitato di Garanzia che sia poi in grado di votare il nuovo Statuto. Grillo, come è già nelle sue facoltà, dovrebbe dunque indire immediatamente le votazioni del comitato di garanzia, composto da tre membri non eletti (né parlamentari né di altro tipo), secondo il vecchio statuto rientrato in vigore a seguito della pronuncia del Tribunale partenopeo. Uno dei nomi che rimbalza con forza in queste ore è quello di Pietro Dettori, volto storico del Movimento ed ex socio di Rousseau, mai eletto.
Il ginepraio. Si torna al comitato di garanzia, poi nuovo Direttorio
Una volta nominato l'organo di garanzia, questo potrebbe indire una votazione per lasciar decidere agli attivisti se dotarsi di una guida collegiale (il Direttivo, come pure è stato per un periodo) o optare per un capo politico, come era dall’agosto 2021 in poi in base al nuovo Statuto ora cassato, e dunque rimettendo Giuseppe Conte in pista, ma senza forzature che potrebbero aprire la strada a nuovi ricorsi e grane legali. Difficile si possa invece battere la strada di un voto su un nuovo statuto - come caldeggiato dall'ex premier - senza passare dalla nomina del comitato di garanzia. Questa ipotesi aprirebbe la strada a nuovi ricorsi. Il garante questa volta ha fatto base al lussuoso hoterl del Parco dei principi. Lì ha allestito una sorta di 'caminetto di guerra' con gli avvocati, che hanno un ruolo chiave in questo momento, poiché l'obiettivo è far ripartire il M5s evitando in futuro altri scogli legali come il ricorso degli attivisti, la causa di questo terremoto giuridico e politico. Il garante aveva nei piani un incontro in tre step, con Roberto Fico, Di Maio e Virginia Raggi. Ma Il presidente della Camera, però, è stato messo fuori gioco da un'indisposizione. È stato invece lungo e "positivo" - si racconta -l'incontro fra Grillo e il ministro degli Esteri. Mentre in serata le consultazioni si sono spostate negli uffici di Luca Amato, il notaio spesso utilizzato dal Movimento per certificare i propri atti. Raggi ne è uscita senza parlare con i numerosi giornalisti che per tutta la giornata hanno fatto spola fra hotel e studi legali della Capitale. Nella sede di questo studio Beppe incontra anche Conte, con i legali, nel confronto più atteso. L'epilogo di questo appuntamento è cruciale. L'ex premier si deve ancora convincere sulla strada che gli viene prospettata (nuovo comitato e poi voto sullo Statuto). Alla vigilia della missione romana Grillo aveva frenato l'idea di Conte di una rapida consultazione tra gli iscritti, compresi i nuovi, per modificare lo statuto e poi arrivare a una conferma della sua leadership che, ha detto nei giorni scorsi, "non può dipendere dalle carte bollate". Grillo, secondo la strategia preparata prima del blitz romano, intende muoversi, invece, seguendo le linee dello statuto approvato un anno fa che, per dirla con il fondatore, "ha acquisito reviviscenza". Quindi, punterebbe alla nomina del comitato di garanzia (tre membri, che non ricoprono cariche elettive, votati in Rete fra una rosa di almeno sei nomi proposti dal garante) e poi far ripartire la macchina, seguendo la strada che porta alla votazione del comitato direttivo o del ‘nuovo’ o ‘vecchio’ presidente. Un'altra ipotesi circolata in queste ore sarebbe quella della creazione di un nuovo 'contenitore': considerata invece più insidiosa, soprattutto dal punto di vista legale. In questo scenario c'è anche chi non esclude la prospettiva della scissione.
Forse non ci sarà scissione, ma il caos è totale
Un rischio che nessuno dentro al Movimento – al momento - vorrebbe correre. Nei ragionamenti dei pochi pentastellati che hanno voglia di parlare, ricorre la parola caos. Molti parlamentari 5s, non a caso, gradirebbero avere quanto prima un confronto con Grillo. Un altro nodo che resta da chiarire è se le prossime scelte verranno prese su SkyVote o, come faceva il Movimento prima del nuovo corso, sulla piattaforma Rousseau, prospettiva che Conte aborre ma che, col passare delle ore, acquista sempre più consistenza. Alla fine, il ‘trappolone’ che si prepara per Conte non è di poco conto: formalmente, oltre che di fatto, non sarebbe più presidente del M5s, decapitato, oltre che dalla sentenza, dal ritorno del vecchio Statuto composto da nuovo Comitato di Garanzia e, poi, dal Direttivo, che potrebbe votarlo come ‘vecchio/nuovo’ presidente ma anche non farlo. A occhio, la soluzione potrebbe accontentare tutti, tranne Conte, che rischia di venire sbalzato fuori dalla tolda di comando, senza garanzie di tornarvi e, dunque, sempre più tentato dalla ‘scissione’ e dalla voglia, che tra i suoi fedelissimi serpeggia, di fondare un Movimento tutto suo, il ‘Con-Te’. La domanda, però, a quel punto sarebbe: chi vuole allearsi con un partitino personale di Conte e chi con un M5s ammaccato e squassato dalle liti e dalle defezioni, ma pur sempre M5s ‘official’? Una domanda che specie nel Pd molti si fanno
Il Pd corre ai ripari
E il Pd, davanti alla crisi ormai esplosa nei 5s come reagisce? La linea del Nazareno resta quella della 'non ingerenza' rispetto alle vicende di altri partiti, a partire dal caos che squassa i 5 Stelle. Una linea da un lato prudenziale, dall’altro un po’ farisea, di chi spera i guai altrui si risolvano d’incanto e non mettano in dubbio la linea delle alleanze e, soprattutto, del ‘campo largo’ che, ormai, è già diventato un campo ‘larghissimo’. Dato che, infatti, i 5s sono in via di dissoluzione definitiva, o di cedimento strutturale, meglio prepararsi al peggio e, dunque, cercare alleati altrove. Ovvio che non resti che guardare al centro, anche perché a sinistra è rimasto poco, se non pochissimo: l’8-10% dell’elettorato si dice ‘centrista’, di ‘sinistra-sinistra’ appena il 2-3%. E così il Pd lo vuole aprire anche ai riformisti di centro: Calenda e Bonino, ma persino Renzi, il ‘campo largo’ che, però, a forza di diventare ‘larghissimo’ rischia di replicare l’infausta Unione. Certo è che il dibattito sul fronte alleanze è, ormai, aperto, Lo fa il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che invita il Pd a "guardare al centro" cercando di "coinvolgere anche i riformisti di centrodestra, quindi Forza Italia", vista "l'estrema fragilità" del M5S con cui "è utile che il dialogo continui, ma è evidente che questo schema non può bastare". Ma Gori si spinge ancora oltre immaginando una maggioranza Ursula con Mario Draghi a palazzo Chigi dopo le politiche del 2023. Una linea su cui, però, Letta, per ora, non intende attestarsi (vorrebbe svolgere lui quel ruolo di candidato premier, pare) e altri amministratori locali restano, per ora, scettici e prudenti, dal sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, il primo a propugnare l’accoppiata Draghi a Chigi e Mattarella al Colle, al governatore emiliano Stefano Bonaccini, che di Letta doveva essere un competitor interno e invece loda: insiste nel confermare la validità dell’alleanza con i 5s.
La segreteria dem: c’è l’apertura ai centristi
Dal Nazareno si fa sapere che il nodo alleanze, e in particolare il caso M5S, non è stato sul tavolo della segretaria, riunita da Letta, che è stata tutta incentrata sul caro bollette e i rischi per la ripresa. Il tema sarebbe stato appena sfiorato in apertura di riunione con un ragionamento più generale sulla frammentazione degli altri partiti, “sui quali non è opportuno entrare” mentre il “compito del Pd è rafforzare il suo profilo identitario e anche l'orizzonte di un campo progressista” in cui vengono annoverati, ovviamente, anche i 5 Stelle. Di certo se ne parlerà il 18 febbraio in Direzione.
Ma non solo. Lo spiega la capogruppo al Senato, Simona Malpezzi: "Noi siamo per il rafforzamento del campo largo: ci rivolgiamo a tutte le forze - anche a quelle al centro - che si riconoscono in un campo valoriale e politico alternativo a quello della destra perché riteniamo che gli avversari siano dall'altra parte". La Malpezzi si riferisce proprio a quel campo di forze che hanno lavorato insieme durante l'elezione del Colle, ma anche Italia Viva è stata tra questi e pure Forza Italia, nella fase finale. L'uscita di Gori raccoglie favorevoli e contrari, dentro e fuori il Pd. Ovviamente, il senatore Andrea Marcucci, liberal e riformista, è tra i favorevoli: “Il Pd deve puntare ad un'alleanza europeista e ambientalista con i riformisti aperta a Forza Italia” dice senza mezzi termini. “In questa prospettiva, dopo il 2023, il miglior premier sarebbe Mario Draghi”. Un altro entusiasta è E Carlo Calenda che sulla 'coalizione dei riformisti dice: "Lo sosteniamo da tempo ma si determinerà solo se le forze riformiste avranno il coraggio di andarsi a riprendere il consenso sul territorio”. Invece, da sinistra, Nico Stumpo di Articolo Uno guarda alla sinistra-sinistra e non al centro e parla di un “campo largo che tenga dentro anche altre soggettività che al momento non sono al governo, come Verdi o Sinistra Italiana”, ma neppure lui esclude “anche altre forze geometricamente dette centriste, che in una coalizione hanno la necessità di trovare un luogo di costruzione comune".
Le elezioni amministrative si avvicinano
E dato che le elezioni amministrative di primavera si impongono nell'agenda dei partiti, e si avvicinano a grandi passi, con il centrodestra che ufficialmente ancora non sta affrontando la scelta dei candidati sindaci, visto che le divisioni emerse per l'elezione del Presidente della Repubblica ancora non sono state assorbite, ecco che il centrosinistra spinge sull'acceleratore, con la prima riunione della segreteria del Pd dedicata, ieri, anche alle elezioni comunali. Anche qui Letta punta a un campo addirittura "larghissimo", coinvolgendo cioè Italia Viva, senza disdegnare esperimenti a livello locale, in primis a Palermo, persino con Forza Italia e, pure qui, tenendosi un piano B nel caso di implosione definitiva di M5s. Per ora c’è l'annuncio del candidato sindaco di Genova, Ariel Dello Strologo, a fare da paradigma per le altre città. Attorno a lui una alleanza amplissima che comprende Pd, M5s e sinistra a cui si lavora per aggregare Iv, Azione e +Europa, dato il profilo riformista del candidato. In segreteria, Letta ha detto di voler replicare quel modello, pur con alcune specificità locali: per esempio a Carrara, dove il sindaco è di M5s, il Pd presenterà un candidato. Ma laddove si correrà separati si cercherà l'accordo al secondo turno. Un caso a sé è Palermo, dove potrebbe nascere una "coalizione Ursula". Approfittando nelle divisioni nel centrodestra, il segretario del Pd in Sicilia, Anthony Barbagallo, ha ripetutamente incontrato Gianfranco Micciché, plenipotenziario di FI. Ma, a livello nazionale si punta a moltiplicare il modello Genova. Anche perché mercoledì sera da Bruno Vespa Matteo Renzi ha detto che un campo riformista sarebbe "casa sua", considerando il M5s ormai ininfluente. La disponibilità di Iv va dunque verificata e perseguita. Il piano B, temuto in casa Dem, riguarda una spaccatura dei M5s. Certo, se si traducesse in una scissione di Conte e di un suo partito, si lavorerebbe per tenerlo dentro il campo progressista, ma il timore è una unità formale nel M5s che porti tensioni sui territori tali da dirottare molti elettori sull’area dell’astensione. Ecco perché il campo non può che essere ‘larghissimo’.