[Il ritratto] La Berlusconiana di ferro che faceva assumere la figlia. Ecco chi è la fedelissima del Cavaliere eletta presidente del Senato

Elisabetta Casellati la nuova presidente del Senato, prima donna nella storia della Repubblica a sedersi sullo scranno più alto di Palazzo Madama, che contempla anche la seconda carica dello Stato dopo quella di Mattarella, non ha soltanto liti e comparsate televisive nel suo curriculum. Avvocato e docente universitario, 71 anni, nata a Rovigo e residente a Padova, senatrice da sei legislature, dal 1994 a oggi -fatta eccezione per quella del 1996 -, membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura fino al 22 marzo di quest’anno quando si è dimessa dopo l’ultima elezione, è entrata pure nei governi Berlusconi come sottosegretario prima alla Sanità e poi alla Giustizia. Quando lavorò al ministero della Salute guidato da Sirchia finì in una violenta polemica perché appena insediata aveva messo a capo della segreteria del dicasterola figlia Ludovica

Maria Elisabetta Casellati
Maria Elisabetta Casellati

Alla fine al Senato, sullo scranno più alto di Palazzo Madama, ci arriva la pasdaran Maria Elisabetta Casellati, «una berlusconiana di ferro», come battono subito le agenzie, persino più del tanto contestato Paolo Romani, una degli alfieri del forzismo dalla prima ora, molto spesso chiamata in tv per difendere a spada tratta il suo Cavaliere. Dopo tutte le belle parole sulle figure di garanzia, la Terza Repubblica comincia come tutte le altre, un babà a te e uno a me, con divisione militare delle poltrone, anche se quella della Camera lo è onestamente un po’ meno.

Niente più spaccatura del centrodestra, perché, se il nuovo Matteo #facciamounfavoreaberlusconi non sembrava molto diverso dall’altro Matteo #enricostaisereno, è pur vero che il patron Mediaset non è proprio Enrico Letta e non lo si frega tanto facilmente. Alla resa dei conti sulla casella giusta ha piazzato chi voleva lui ed è probabile che per la formazione del governo sia riuscito a stare perfettamente dentro ai giocbi. D’altro canto, Renato Brunetta era stato molto chiaro nelle concitate fasi che avevano preceduto l’elezione del presidente di Palazzo Madama, quando ancora Forza Italia sembrava arroccata solo sul nome di Paolo Romani: «Questa non è la partita di Romani. Qui è in gioco il futuro di Berlusconi».

Non sarà molto contento Marco Travaglio, che in una delle frequenti liti dalla Gruber con la pasdaran del Cavaliere, «la signora Alice nel paese delle meraviglie», come la chiamava, o «la signora giuslavorista», non era più riuscito a trattenersi: «Lilli io ti ringrazio, ma è assolutamente impossibile interloquire con le puttanate che dice questa signora...». Minacciando subito dopo di levar le ancore. Maria Elisabetta Casellati aveva prontamente ribattuto: «Lei è un maleducato, se non se ne va lui me ne vado io». Per aggiungere fra gli inviti alla calma della Gruber e gli sguardi adirati di Travaglio che «bisogna usare un linguaggiio più educato» in televisione. Lui: «Io uso il linguaggio che mi pare». «No, lei non deve». Travaglio: «Vuole che racconti le barzellette del presidente del Consiglio per parlare un linguaggio educato? E’quello il linguaggio che preferite?». 

Ma la neo presidente del Senato aveva bisticciato anche in altre trasmissioni, a La Gabbia di Gianluigi Paragone, e sempre per lo stesso motivo, in difesa del suo leader, perché «uno può pensarla come vuole, ma occorre raccontare la verità», aveva ammonito prinma di prendere cappello e andarsene anche lì. Brandendo fioretto e coraggio anche con altri accusatori, come quella volta che aveva attaccato il filosofo Massimo Cacciari mentre di nuovo dalla Gruber, sul caso Rubi, stava facendo le sue critiche a Berlusconi: «Il presidente del Consiglio può fare quello che vuole, non capisco questa pruderie». Cacciari aveva alzato la voce: «No! Il presidente del Consiglio è responsabile di fronte agli italiani. Non può fare quelle cose». E lei, inappuntabile: «Ma qui si dà per dimostrato quello che si deve dimostrare. Uno va a cena per i fatti suoi e diventa un caso». «Una cena?». «Sì. Preferirei che su queste cose ci fosse più serietà e non pregiudizialmente un massacro mediatico».  Ma la nuova presidente del Senato, prima donna nella storia della Repubblica a sedersi sullo scranno più alto di Palazzo Madama, che contempla anche la seconda carica dello Stato dopo quella di Mattarella, non ha soltanto liti e comparsate televisive nel suo curriculum.  

Avvocato e docente universitario, 71 anni, nata a Rovigo e residente a Padova, senatrice da sei legislature, dal 1994 a oggi -fatta eccezione per quella del 1996 -, membro laico del Consiglio Suoperiore della Magistratura fino al 22 marzo di quest’anno quando si è dimessa dopo l’ultima elezione, è entrata pure nei governi Berlusconi come sottosegretario prima alla Sanità e poi alla Giustizia. Quando lavorò al ministero della Salite guidato da Sirchia finì in una violenta polemica per un articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere che raccontava come appena insediata aveva messo a capo della segreteria del dicasterola figlia Ludovica. 

Le accuse di familismo e clientelismo si sprecarono invano. Come in un’altra famosa, furibonda lite con Travaglio. Mentre il direttore del Fatto stava dicendo che forse solo in Italia l’imputato ha diritto di mentire, lei gli era andata subito sopra: «beh anche lei, perché di diffamazione è un esperto, quindi vuol dire che ha un’attitudine a raccontare cose diffamanti, perchè sta scritto nella sua biografia che racconta fatti che non corrispondono alla verità». E Travaglio di rimando: «Potremmo parlare della sua biografia, allora, come abbia fatto ad assumere sua figlia a spese del popolo italiano». Lei era insorta come se avessero attaccato Berlusconi: «Mia figlia si è licenziata dal suo impiego a Publitalia per lavorare con me in un rapporto fiduciario, anche rimettendoci economicamente». Lo scontro era finito con l’annuncio di una querela in diretta tv. Finito?