[L’analisi] Da comandante a soldato semplice. La lenta agonia di Berlusconi
Il Berlusconi che fa il secondo di qualcuno non è mai esistito. In fondo, il voto in Molise ha finito per dimostrarlo ancora una volta, contro gli ammonimenti filiali, quasi derisori, della Meloni, che lo invitava a ritirarsi per avere rispetto della sua storia e della sua età, e contro ogni previsione, battendosi come un leone per tenere solo quel punticino in più che gli permetteva di stare temporaneamente davanti alla Lega. Ma in Friuli Salvini ha addirittura triplicato i suoi consensi. Le volte che è stato costretto a farlo, il secondo, s’è comportato sempre da padrone
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Ma Silvio riuscirà a stare fuori dal governo? Senza neppure un Alfano o qualcun’altro come lui che lo difenda? E con i segnali poco lusinghieri arrivati dal Friuli che fine rischierebbe di fare con le elezioni anticipate? Dicono che in Berlusconi convivano due persone: l’imprenditore e il politico. Sarà anche vero. Ma tutt’e due hanno una caratteristica irrinunciabile in comune: il comando. Berlusconi farà di tutto per salvare le sue aziende, e ha già cominciato a farlo. Quello che non potrà mai fare è il soldato che ubbidisce.
La promessa di D'Alema
Prima delle elezioni del 1996, quasi un’era geologica fa, quando i sondaggi lo davano già in svantaggio su Prodi, Massimo D’Alema si premurò di fare una visita a Mediaset apposta per garantirgli che il governo di centrosinistra non gli avrebbe toccato le aziende. I suoi uomini, da Confalonieri a tutti gli altri, si sentirono rassicurati. Lui andò in depressione. Non è la stessa cosa accontentarsi di comandare l’opposizione. Come ricordò Luciano Violante in un famoso discordo alla Camera nel 2003 quel patto fu mantenuto, e nessuno toccò le sue televisioni.
Adesso la situazione è diversa
Ma adesso la situazione è completamente diversa: non c’è più D’Alema, socio di bicamerale e di qualche accordo sottobanco, a proteggergli la schiena, e l’alleato Renzi ha preso una batosta ancora più forte. Lui al comando non riesce a rinunciare lo stesso, pure se non ce l’ha più, come ha inesorabilmente dimostrato nella meravigliosa scenetta da teatro d’avanspettacolo con Salvini e la Meloni, quando sembrava il maestro che ascolta l’allievo al quale ha appena spiegato la lezioncina per vedere se se l’è ficcata in testa ‘sto crapone, uno, due, tre, quattro e cinque, e bene!, adesso vai in là, fatti da parte che devo dire una cosina alla classe: ragazzi, fate i bravi, eh!
Berlusconi vice di qualcuno? Impossibile
Il Berlusconi che fa il secondo di qualcuno non è mai esistito. In fondo, il voto in Molise ha finito per dimostrarlo ancora una volta, contro gli ammonimenti filiali, quasi derisori, della Meloni, che lo invitava a ritirarsi per avere rispetto della sua storia e della sua età, e contro ogni previsione, battendosi come un leone per tenere solo quel punticino in più che gli permetteva di stare temporaneamente davanti alla Lega. Ma in Friuli Salvini ha addirittura triplicato i suoi consensi.
Si comporta come un padrone
Le volte che è stato costretto a farlo, il secondo, s’è comportato sempre da padrone. Con D’Alema che gli aveva servito la bicamerale sul piatto d’argento per consolarlo, ha fatto saltare il banco appena ha potuto. Con Renzi non ha nemmeno cominciato. Al primo appuntamento, per l’elezione del Presidente della Repubblica, anche se non rientrava nel patto del Nazareno, ha chiamato quello che definiva «un mio pupillo», spiegandogli che aveva già deciso lui, che s’era messo d’accordo con D’Alema e che votavano Giuliano Amato. Siccome il premier si offese e rifiutò, il cavaliere mandò all’aria tutto. Ma come si permette?
Perché non ha dato il benservito a Salvini
E’ molto evidente che in questi giorni se fosse dipeso da lui avrebbe già dato il benservito, e qualcosa di più, anche, a Matteo Salvini. E’ che non dipende più da lui. Il voto del 4 marzo l’ha relegato addirittura in quarta fascia. E i sondaggi erano pure peggio, fino all’altro ieri. Tra Friuli e Molise, sono state altre scoppole. In Molise ha tenuto grazie ai centristi e grazie al pd che ormai è un serbatoio di voti in uscita libera un po’ per tutti, pure per lui. In Friuli manco quello. E nuove elezioni, che forse sono la vera tentazione più o meno nascosta di Salvini e Di Maio, sarebbero un disastro, e lo sa. E’ costretto ad abbozzare, un mezzo passo avanti e due indietro, la solita pantomima delle dichiarazioni smentite, dire una cosa e farne un’altra, sperando alla fine di sfiancare amici e nemici e tirare fuori un governo Salvini appoggiato da fuoriusciti del Pd e dei Cinquestelle o qualche governo istituzionale, tutti dentro e la sfanghiamo anche a questo giro. Già dopo le elezioni del 2018 il suo incubo era che si mettessero d’accordo pd e Cinque Stelle. Allora come oggi è solo una paura lontana. Ma l’alleanza dei grillini con la Lega non è così impossibile. E’ quella la vera minaccia.
Il nuovo problema
Il problema non è più lui, e l’abitudine al comando. Il problema sono le sue aziende. Mediaset sotto attacco del vecchio alleato Vincent Bolloré (occhio alle storie che si ripetono: chissà perché alla fine sono sempre gli ex alleati i suoi peggiori nemici) è in una situazione di stallo. Le autorità che vigilano sul mercato e sulle telecomunicazioni si sono mosse per stendere una cortina di filo spinato attorno allo scalatore francese. Intanto gli uomini di Bolloré cercano di conquistare Telecom. Il recente accordo di Mediaset con Sky forse delinea sullo sfondo la vendita a Murdoch, ma PierSilvio non sembra molto di questa idea. La situazione è ingarbugliata. E Berlusconi non può stare fuori dai giochi. Anche perché le aziende, a parte un 2017 in controtendenza, non regalano più gli utili dei tempi d’oro.
Il reddito di Berlusconi cresce quando è vicino al potere
Ai tempi in cui era al governo crescevano come una montagna assieme al suo reddito personale, che passò dai 14 milioni, dichiarati nel 2008, quando tornò a Palazzo Chigi per la terza volta, ai 48 del 2011, quando dovette cedere la mano. Come si allontana da lì cominciano i guai. La settimana del passaggio di consegne a Mario Monti perse 160 milioni in Borsa. Nel 2016 Mediaset fece il peggior bilancio della sua storia, riparato poi solo con la vendita del Milan, «un pezzo del mio cuore», come diceva lui. L’unica soluzione, si convinsero tutti allora, era la politica. Guido Crosetto, che era stato un suo fedele in Forza Italia, quando passò a Fratelli d’Italia, ne lasciò un ritratto amaro: «Il suo tempo è finito. La differenza fra un grande leader e un leader è che il grande leader sa quando passare il testimone... Silvio ha rinunciato all’impegno politico. Vuole solo tutelare le sue aziende. Il proprietario di Mediaset deve stare con chi governa come una volta i proprietari della Fiat. Con la differenza che Agnelli non aveva un suo partito».
La linea sul M5S
Per questo, Berlusconi aveva fatto persino un bagno di umiltà, aveva recitato una bella autocritica, e lanciato messaggi di stima a Di Maio. «Ho sbagliato campagna elettorale», aveva detto. Poi s’era messo davanti alla televisione e aveva fatto i complimenti al leader dei Cinque Stella: «E’ proprio bravo». Che lo sentissero tutti e lo scrivessero. Non è servito a niente. Anzi, sì. Di Battista ha rincarato la dose: «Berlusconi è il male assoluto». Lui abbozza ancora, in privato si sfoga, ma in pubblico al massimo fa solo appunti di merito sulla democrazia. E’arrivato a persino a fingere di dire di sì a Salvini per l’appoggio esterno. E quelli ancora a ripetere che con lui non vogliono parlare. Ma poi, il padrone sono me!, boia di un mond leder!! E alla fine è sbottato: «I cinque stelle è gente che non ha mai fatto nulla nella vita. Nelle mie aziende li prenderei solo per pulire i cessi!». Perché quando ci vuole ci vuole, ha fatto il padrone tutta una vita e adesso dovrebbe mettersi lì a fare il cameriere? L’è dura. E’ che quando si perde, va così. Solo che con lui bisogna stare attenti a darlo per vinto. Da oggi si ricomincia a tessere le fila. Con un occhio di riguardo per il suo pupillo, Renzi. E’ vero che i suoi pupilli hanno fatto tutti una brutta fine. Ma lui no. E allora?