[Il ritratto] Da giovane comunista a grande manager. La sfida di Calenda per ricostruire il Pd dopo il disastro
Carlo il costruttore contro Matteo il rottamatore. Ed è la nuova speranza per i moderati e i riformisti. Per tre anni il Partito Democratico si è rifiutato di iscriverlo. Dopo la batosta elettorale è l’uomo nuovo che può ricostruire il partito. Il benvenuto di Gentiloni, Martina, Finocchiaro, Zanda, Fassino e tanti altri
C’è un tweet del ministro Carlo Calenda che sta spopolando sul web. Annuncia di voler iscriversi al Pd per «lavorare a risollevare il partito» e si sono scatenati tutti a dirgli grazie e fargli i complimenti. Peccato che lo chieda da tre anni, da quando il 5 febbraio del 2015 si era dimesso da Scelta Civica, ma non è che fino a ieri gli avessero mai dato molto retta. «Ci ho provato ed è stato un disastro. Sono andato al Nazareno e ho chiesto se ci fosse un posto dove mettere a disposizione le mie competenze». Niente. Ad Andrea Romano e Irene Tagli, anche loro fuoriusciti dalla lista Monti, quella tessera l’hanno data. Lui no.
Finalmente il via libera
A dicembre del 2017 aveva confessato di averci riprovato «qualche mese fa, dicendo pubblicamente che se il Pd dovesse recuperare lo spirito riformista mi sarei impegnato volentieri. Mi avesse telefonato, che so, il segretario provinciale di Frosinone. La verità è che il Partito Democratico è un circolo chiuso». Aveva persino confessato di essersi arreso: «Non è che devo stare in politica a tutti i costi. Pensavo di poterla fare con il Pd e con Renzi. Non è stato così, quindi amen». I politici si sa come sono fatti: riescono a cambiare idea più facilmente dei comuni mortali. Adesso, improvvisamente, il circolo si è aperto.
Calda accoglienza nel Pd sconfitto
Gli fanno i complimenti tutti, amici e nuovi nemici di Renzi. Paolo Gentiloni: «Grazie Carlo!». Maurizio Martina, vicesegretario: «la scelta giusta». Matteo Richetti: «Preparo il comitato di accoglienza! Che bella notizia Carlo Calenda! Si riparte alla grande». Anna Finocchiaro: «E’ molto bello e importante che in un momento difficile ci sia chi vuole dare il proprio contributo al Pd... Benvenuto». Piero Fassino: «Benvenuto Carlo Calenda nel Pd, serve il contributo di tutti, ora più che mai». Luigi Zanda, presidente dei senatori: «Scelta nobile».
Il partito lunare
Fino alla vigilia delle elezioni, le voci di corridoio lo davano invece pronto a fondare un nuovo partito, liberale ed europeista. Tipo quello della Bonino, che lui ha sempre dichiarato di aver votato: «Gentiloni alla Camera e lei al Senato». Per questo qualcuno gli aveva twittato dicendo «spero che presto si iscriva a un partito... meglio se nuovo. Facciamo la Luna». Risposta: «Non bisogna fare un altro partito ma lavorare per risollevare quello che c’è». Poi: «Voglio solo collaborare perché il Pd è fondamentale per l’Italia».
Mai stato amico di Renzi
Il ministro dello Sviluppo Economico non ha mai nascosto un certo attrito con Renzi: «E’ stato un buon presidente del Consiglio. Io credo di essere stato uno dei pochi a dirgli in faccia quello che pensava». Chiarendo a stretto giro di posta che cosa significasse: «Con lui ci siamo intesi su molte cose, ma su altre proprio no. Io vivo di realismo, lui di messaggi motivazionali. E in quanto al confronto se gli dici che sta facendo un errore, entri subito nella categoria dei nemici».
Il discorso di Renzi indifendibile
Non essendo stato lui candidato a questo giro elettorale ed avendo espresso subito qualche velata critica dopo la conferenza stampa di ieri del segretario Pd, dovremmo dedurre che non appartiene proprio agli amici: «Condivido in pieno la linea sul no al governo con i Cinque Stelle, trovo fuori dal mondo l’idea che la responsabilità della sconfitta sia di Gentiloni, Mattarella e di una campagna troppo tecnica». Certo, il discorso di Renzi è stato assolutamente indifendibile, l’analisi biliosa di un pugile suonato ancora sotto choc. Ma Calenda aveva già preso le distanze poco prima del voto, in un convegno a Milano, quando aveva detto - alzando bene la voce - che «il governo non era fatto da rottamatori, ma da costruttori», suggerendo come fosse sbagliato questo slogan.
Un ministro social
In alcune dichiarazioni pubbliche e soprattutto sui tweet - Calenda è un grande frequentatore dei social -, lui ha sempre ripetuto che la causa principale della sconfitta è imputabile all’immagine di élite che fornisce il Pd: «e lasciatelo dire da uno che se ne intende». Lui, 43 anni, pariolino, laurea in giurisprudenza, figlio dell’economista Fabio Calenda e della regista Cristina Comencini, oltreché nipote di Luigi Comencini, con un passato recente alla corte di Montezemolo, prima alla Ferrari e poi in Confindustria, fino a diventare coordinatore politico della sua Associazione Italia Futura, sembra davvero uno che se ne intende di élite.
Un passato comunista
Il suo curriculum più lontano andando indietro nel tempo ci parla invece di un ragazzo abbastanza scapestrato, iscritto alla Federazione dei giovani comunisti di Pietro Folena, bocciato a scuola e padre di una bambina già a 16 anni, con una parentesi da attore nel ruolo dello scolaro Enrico Bottini in Cuore di De Amicis, accanto a Jhonny Dorelli e Ugo Pagliai, sotto la regia del nonno, Luigi Comencini. Da tesserato della Fgci ne ha un bel ricordo e ha detto che gli piaceva anche solo «impastare le pizze alla festa dell’Unità». Da studente, invece, c’era qualche problema in più: «Quando mio padre andò a parlare con un insegnante si sentì dire: "Non abbiamo ancora avuto il piacere di conoscere suo figlio"». Marinava sempre.
Padre giovanissimo
«Poi sono diventato padre e mi ha cambiato la vita. Ho fatto la scuola privata, ho recuperato l’anno perso. Mio papà mi ha detto: "Ti aiutiamo a mantenere tua figlia, ma tu devi lavorare". Io studiavo e facevo il consulente finanziario». Sua moglie l’ha conosciuta a 18 anni a una festa, e stanno ancora insieme.
Dalla Ferrari a Sky
Da allora è cominciata un’altra storia. Dopo la laurea, ha lavorato per società finanziarie e nel 1998, a soli 23 anni, è entrato alla Ferrari, responsabile della relazione con i clienti e con le istituzioni finanziarie. Poi a Sky, responsabile marketing e di nuovo da Montezemolo, in Confindustria, nominato assistente del presidente e direttore dell’area strategica e affari internazionali. Coordinatore politico di Italia Futura. Candidato nel 2013 in Scelta Civica: bocciato. Ma Letta lo recupera come sottosegretario allo Sviluppo Economico. E Renzi prima lo conferma, poi lo nomina rappresentante dell’Italia presso l’Unione Europea e alla fine lo promuove come ministro. E’ abbastanza anomalo, senza una famiglia politica, rampollo invece di una famosa e popolare famiglia di cinema.
Il Macron italiano
Sembra quasi un predestinato. Ma la sua biografia non deve trarre in inganno. Se Travaglio è impietoso e lo definisce «onnisciente e onnipontificante», per il lavoro fatto raccoglie invece molti estimatori bipartisan e non solo sulla sua sponda. Lo definiscono «preciso, caparbio, ordinato, sicuro», tutti complimenti che lui rifiuta. Si riconosce solo la passione: «Credo in quello che faccio». E’ bravo, ha idee ed è stimato molto fuori dai nostri confini. Molti lo considerato la nuova speranza per i moderati e i riformisti. Per questo hanno fatto in fretta a definirlo il «Macron italiano».