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Una settimana di ‘guerriglia’ parlamentare: Draghi rischia per colpa delle divisioni interne

Riforma del catasto, caro energia, fine vita, riforma del Csm. Tante le insidie per il governo. Il ministro D’Incà fa suonare l’allarme

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Una settimana di ‘guerriglia’ parlamentare: Draghi rischia per colpa delle divisioni interne
Il premier Draghi (Ansa)

“In un momento così drammatico ci vuole un forte senso di responsabilità. I cittadini ci chiedono unità, l'egoismo di parte e la contrapposizione non sarebbero compresi”. E sulle divisioni della maggioranza sulle riforme, a partire dalle nuove norme sul catasto, D'Incà precisa: “Ci sono state difficoltà e contrasti. Ma tutti i partiti con la rielezione di Mattarella hanno scelto di dare forte continuità al governo, senza logorare Draghi. Dobbiamo garantirgli l'autorevolezza internazionale per contribuire alla soluzione della crisi".”. Le parole del ministro ai Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, lanciate ieri dalle colonne del Corriere della Sera suonano come un chiaro avvertimento, una sirena da allarme bombardamenti per chi si trova nei rifugi anti-aerei. D’Incà – pur accusato spesso, specie di recente, di non aver saputo tenere a freno gli appetiti dei partiti che compongono la variegata (e famelica) maggioranza del governo Draghi nella sua qualità di ministro ‘in prima linea’ – ha il polso delle cose che accadono, le antenne giuste per capire che il livello di guardia sta per tracimare, che la minaccia è reale e allora suona l’allarme rosso. Per ora, però, inascoltato. 

E così, mentre torna a riaprire il Transatlantico di Montecitorio, dopo la nuova chiusura dovuta all'ennesimo allestimento delle postazioni riservate ai deputati per le votazioni, a seguito delle norme restrittive anti Covid (da domani quindi i deputati torneranno a sedersi nei banchi all'interno dell'emiciclo e il Transatlantico sarà nuovamente accessibile a tutti) mercoledì, il premier Mario Draghi risponderà in Aula della Camera al question time in un clima molto teso, ma non ‘figlio’ delle giuste preoccupazioni per la guerra, ma delle tensioni interne al governo. 

La riforma del catasto come l’attentato di Sarajevo? Una miccia per far scoppiare la guerra 

Nonostante i venti di guerra che, dall’Ucraina, spirano forti e pericolosi sull’intero continente, nonostante mai come oggi – di fronte alla guerra scatenata dalla Russia nel cuore dell’Europa, all’incendio di un conflitto sempre più esteso e pure della minaccia nucleare – serve e servirebbe un governo ben saldo sulle proprie gambe, sembra una barzelletta che non fa ridere, ma è il tema della riforma del catasto ad agitare ancora le acque nella maggioranza. Pezzi di centrodestra (Lega e FI) lo usano, e lo brandiscono, come un’arma, pronti a mandare sotto la maggioranza, a costo di spaccarla e non vogliono sentire ragioni. Ricordano i serbi che, pur di uccidere l’arciduca d’Austria Ferdinando, scatenarono la Prima Guerra Mondiale, senza rendersene conto. 

Strada in salita dunque per un accordo sul fisco. Né l’assenza di Matteo Salvini, volato in Polonia per portare pace (lui, da solo…) tra russi e ucraini aiuta - per quanto il gesto sia nobile, si capisce… 

Draghi ride, ma è nervoso. Meloni attacca 

"Nessuno pagherà più tasse", ha assicurato da Bruxelles il presidente del Consiglio Draghi. "Il premier si è persino lasciato andare ad una risata – nervosa, rischiosa perché poco utile in questo momento - dicendo che non ci saranno ulteriori tasse per i cittadini. “Peccato che la riforma sia una patrimoniale nascosta, l'ennesima stangata ai danni degli italiani e delle loro proprietà. Non c'è veramente nulla da ridere", ha buon gioco a ribattere il presidente di Fdi Giorgia Meloni. "Draghi si sta rivelando di essere come Monti", l'accusa che arriva sottotraccia dal centrodestra, stavolta tutto, però, di maggioranza come di opposizione. Accusa strisciante e, a maggior ragione, pericolosa. Monti lo fece cadere, di fatto, proprio il centrodestra, precipitando ad elezioni.

La partita di poker si gioca in commissione 

La partita di poker si gioca, come la scorsa settimana, sul tavolo della Commissione Finanze di Montecitorio, presidente il renziano Luigi Marattin (accusato di ‘pendere’ pro-governo) dove si deve votare sulla delega fiscale per accelerare l'approdo in Aula e consentire di rispettare la tabella di marcia in vista dei decreti attuativi. Il primo scoglio è innanzitutto l'emendamento di Alternativa c'è che svuota di fatto l'articolo 6 della riforma del catasto.

Poi andrà al voto una nuova proposta di modifica, presentata da FdI, per cancellare il secondo comma dell'articolo 6 sulla revisione degli estimi.

"Ma riguarda solo il comma 2. Faremo la battaglia in Aula, è ancora lunga", spiega una fonte parlamentare azzurra. FI dovrebbe astenersi, quando oggi si arriverà al voto sull’emendamento, ma non intende recedere dalla battaglia complessiva. Berlusconi in persona lo ha detto a brutto muro a Draghi. Sembra una follia, far cadere il governo sul catasto, ma tant’è.

In serata, arriva appunto la notizia della astensione o non voto come orientamento di Forza Italia, riferiscono fonti parlamentari azzurre, in vista dell'esame dell'emendamento soppressivo del comma 2 dell'articolo relativo alla riforma del catasto. Giovedì scorso FI ha votato a favore con il resto del centrodestra di un emendamento soppressivo dell'intero articolo, bocciato per un voto in commissione. "Resta aperto il nodo politico, noi speriamo in una mediazione", sottolineano le fonti azzurre aggiungendo che non si capiscono le ragioni dell'insistenza del governo Draghi su questo tema – anche se, astenendosi, depotenziano il problema permettendo, di fatto, al governo di potercela fare e salvarsi, oggi, dalle forche caudine del voto. 

Ma intanto occorre capire quando si riprenderà a votare. L'ex fronte rosso-giallo tira dritto, con la sponda del governo, ma i suoi voti potrebbero non bastare, se il centrodestra si opponesse unito. La scorsa settimana il governo ce l’ha fatta, in commissione, ma per un solo voto di scarto. 

In ogni caso, la Commissione Finanze della Camera era convocata alle 14 di domani ma FI ha chiesto uno slittamento per permettere ai suoi parlamentari di partecipare ai funerali dell'ex ministro Martino. Doveva così riunirsi alla fine della seduta dell'Aula di ieri, ma i lavori a sera erano ancora bloccati: la Lega ha fatto sapere che non parteciperà ai lavori fino a quando non ci sarà un accordo complessivo su tutto il provvedimento fiscale, dopo lo scontro sulla riforma del catasto che ha mandato in tilt la maggioranza. 

Marattin non viene ritenuto super partes. Altro tema, le presidenze di commissione 

L'obiettivo primario del partito di via Bellerio è puntare subito sulla flat tax (che è come dire chiedere la luna…) e la richiesta è quella di una riunione di maggioranza che possa, tra l'altro, affrontare la questione del relatore della delega, perché il presidente Marattin – che pure si è astenuto dal voto e ha cercato solo di salvare la pelle del governo e la credibilità della commissione - non viene più considerato 'superpartes', dal centrodestra. E, più in generale, il centrodestra chiede una ridistribuzione delle presidenze in Commissione. "Non è un problema di poltrone ma di equilibri", la tesi. 

Il centrodestra non ne ha, perché queste cariche sono state distribuite nel 2019, quando la coalizione di governo era quella giallorossa. E ora Forza Italia le reclama: "Non è possibile che il nostro partito e la Lega non siano rappresentati: poniamo la questione al capo dell'esecutivo e ai presidenti dei due rami del Parlamento", dice il capogruppo di Fi alla Camera, Paolo Barelli.

Solo che con le presidenze di commissione, se le rimetti in ballo, sai quando inizi e non sai mai quando finisci… 

Forza Italia intigna, il governo non cede 

Più prosaicamente, tornando al catasto, ieri mattina si è tenuta una riunione di Forza Italia. Il partito azzurro ha tentato di convincere palazzo Chigi sulla necessità di tornare sui suoi passi, affinché si possa presentare l'emendamento che il centrodestra aveva ipotizzato riformulando l'articolo 6. Il governo però ha detto di no, da qui lo stallo e il rischio di un nuovo braccio di ferro.

La Lega ha intenzione di fatto di bloccare i lavori anche altrove, nelle commissioni di palazzo Madama dove si affronta il tema delle concessioni balneari. Senza dire che mercoledì al Senato dovrebbe andare in Aula la riforma degli appalti ma anche qui non c'è accordo. 

Anche il caro energia fa fibrillare i partiti 

E poi c'è il tema del caro energia. Sul decreto bollette, ad esempio, tiene gli occhi puntati sempre la Lega, che guarda con sospetto alla possibilità di un "sabotaggio" grillino, attraverso interventi sulle norme che riguardano le trivellazioni e le centrali a carbone. Non solo: minaccia di essere traumatico anche l'esame, in Senato, del testo sulla concorrenza, con le disposizioni sulle concessioni balneari (l'applicazione della direttiva Bolkestein) che vedono il centrodestra contrario, a difesa delle ragioni dei gestori delle concessioni stesse. 

Il presidente del M5s Giuseppe Conte ieri ha riunito i big M5s, alla presenza anche dei ministri, per preparare un piano energia - che preveda interventi contro il caro bollette e il caro benzina - e misure per la famiglia e le imprese. L'ex premier ha intenzione di presentare il piano al premier Draghi e alle forze parlamentari. "Ci impegneremo anche per i pescatori e non solo perché questo caro energia rischia di emarginare al di fuori del consorzio economico e di mercato tantissime categorie", ha detto Conte con tono di sfida. Il Movimento 5 stelle prepara anche la difesa sul 'superbonus'. Anche il centrodestra chiede misure per fronteggiare i rincari, "tutti i partiti votino l'emendamento sul caro-carburante", spiegava ieri Salvini. Mosse lecite, comprensibili, che vanno incontro agli umori di tante categorie colpite dal rincaro dei prezzi, si capisce, ma che di certo non aiutano il governo, anzi che ne minano la capacità di risposte comuni e soprattutto di parlare con una voce sola, chiara. 

Anche nel governo non manca la preoccupazione per l'escalation dei costi energetici, ma sono esclusi nuovi interventi a breve, tanto più ricorrendo a risorse in deficit, anche alla luce del fatto che con l'arrivo della primavera e la chiusura dei riscaldamenti i consumi di gas scenderanno significativamente. La questione inoltre dovrebbe fare i conti con i saldi di finanza da mettere nero su bianco nel Def atteso per fine mese, dove bisognerà già compensare le poste di bilancio dei ministeri dirottate sull'ultimo decreto da sette miliardi contro il caro-bollette. Sul fronte energetico, di certo, però, in ogni caso, il governo non abbassa la guardia muovendosi su vari fronti, dalla ricerca di nuovi partner alla riflessione su misure lungimiranti per liberarsi dalla dipendenza energetica della Russia. 

Certo è che, sotto il peso della crisi ucraina, il quadro atteso nel Documento di economia e finanza si appresta ad essere meno promettente di quanto prefigurato qualche mese fa e lo stesso vale per le previsioni europee attese a primavera. 

Fine vita e riforma del Csm: altri temi divisivi 

Il clima non promette nulla di buono, per Draghi, dunque, sul catasto, sull’energia e anche perché nell'agenda parlamentare, nei prossimi giorni, arrivano altri provvedimenti molto divisivi. 

Come se non bastasse, infatti, oggi alla Camera riprenderanno le votazioni sul 'fine vita'. Con i tempi contingentati si prevede, in teoria, un via libera a Montecitorio a metà settimana, ma il. cammino che porterà il testo al voto finale dell’aula di Montecitorio è ancora lungo. Sono ancora infatti oltre 200 gli emendamenti da esaminare, tra cui anche alcuni soppressivi e nuovi voti segreti. La maggioranza ancora una volta è spaccata: Lega e Forza Italia sono contrarie alla legge e M5S, Pd, Iv e Leu a favore. E anche se dovesse andare tutto liscio alla Camera, la situazione potrebbe complicarsi in Senato dove la precaria maggioranza potrebbe decretarne l'affossamento. Proprio come è già accaduto per il ddl Zan contro l'omofobia. 

A seguire ci sarà il voto sul carcere ostativo. Ma giovedì si potrebbe aprire un'altra crepa nella maggioranza, perché scade il termine dei sub-emendamenti alla riforma del Csm. Anche qui il centrodestra già mette le mani avanti: "Il governo – osserva una fonte della coalizione - ha spiegato che il governo si rimetterà al lavoro della Commissione o all'Aula, non ci sono vincoli". Da qui il timore nel governo, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari, di un 'liberi tutti'. 

Sulla riforma del Csm le spinte sono contrapposte. Il Pd sta preparando delle modifiche per rendere maggiormente 'flessibile' lo stop alle porte girevoli tra magistratura e politica, salvaguardando i ruoli tecnici. Il partito del Nazareno aveva già fatto mettere a verbale durante il Consiglio dei ministri che ha affrontato il nodo i dubbi sulle decisioni dell'esecutivo ma - spiega un 'big' dem - il Pd sarà pronto a ritirare i sub-emendamenti se il governo riterrà che non c'è condivisione nella maggioranza.
Insomma, l'esecutivo potrebbe essere tentato di blindare la riforma del Csm, sia per i tempi stretti del prossimo voto che riguarda l'organismo di autogoverno della magistratura, sia perché vuole puntare a rispettare le scadenze del Pnrr. 

I partiti della maggioranza Draghi hanno idee molto diverse, sul Csm. FI punterà sul sorteggio temperato, sulla separazione delle funzioni (si deve decidere nei primi cinque anni), vuole che la regola delle porte girevoli valga per tutti, come opzione di 'rientro' delle toghe inserisce anche quella dell'Avvocatura dello Stato. Per quanto riguarda la legge elettorale il Movimento 5 stelle presenterà sub-emendamenti anti-correnti, dirà la propria sulle nomine sui direttivi ma soprattutto chiede un ritorno dell'impostazione della riforma Bonafede sulle porte girevoli, mettendo paletti anche sulle cariche governative. Sulla stessa lunghezza d’onda sono Italia viva e Azione: chiedono paletti ancora più stretti per i ruoli apicali di governo, valutazione sulle professionalità non a campione ma in maniera complessiva, scelta di separazione delle funzioni. 

Il governo è al lavoro e nel frattempo ha portato le sue richieste a Bruxelles. Ma le fibrillazioni riguardano tutti i dossier in Parlamento. "Il centrodestra non ha capito la gravità della situazione", spiega un esponente del Pd che ricorda come il premier Draghi sia stato chiaro: "Se il governo va sotto ne trarrà le conseguenze”.

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