Vi spiego perché la ripresa dei contagi rischia di azzoppare il rimbalzo dell'economia
Nell'ipotesi migliore l'anno prossimo riusciremmo a recuperare solo due terzi di quanto perso quest'anno. Le prospettive appaiono buie, e lo erano anche prima della nuova impennata dei contagi

I contagi che hanno scavalcato quota 10 mila al giorno, forse anche il Parlamento va in lockdown. E, allora, ogni previsione economica diventa futile. Da mesi, ogni analisi inizia con la premessa “Se non ci sarà la seconda ondata dell'epidemia”. E ora che la seconda ondata è arrivata? Anche la consolazione di vedere che l'Italia, per il momento, non è, al contrario della scorsa primavera, al centro del ciclone, ha un retrogusto amaro: resterà valida, nella nuova situazione, la ripartizione dei fondi europei, decisa in estate, che ci vedeva favoriti rispetto a paesi come Francia e Spagna, oggi colpiti più di noi? Lo capiremo nelle prossime settimane, ma, intanto, l'elemento più inquietante è che la ripresa dei contagi rischia comunque di azzoppare il rimbalzo dell'economia dell'anno prossimo.
Il governo ha previsto, per il 2021, uno sviluppo del Prodotto interno lordo, pari al 6 per cento, grazie ad una manovra espansiva – spiega la Nadef, la Nota aggiuntiva appena varata – che aggiunge 0,8 punti ai 5,2 che risulterebbero spontaneamente. Come rimbalzo, non ruba l'occhio. Nel 2020, il Pil, secondo le analisi compiute prima di questo quarto trimestre, dovrebbe ridursi intorno al 9 per cento. Quindi, nell'ipotesi migliore, l'anno prossimo riusciremmo a recuperare solo due terzi di quanto perso quest'anno, nonostante lo sforzo compiuto dal governo. Gli economisti, infatti, dicono che, grosso modo, una manovra antirecessiva deve essere della stessa entità del calo subito dall'economia. Le misure varate da febbraio in poi ci arrivano vicino: contro un calo del Pil del 9 per cento, il governo ha messo dentro l'economia, rispetto a quanto aveva previsto nella manovra di bilancio di fine 2019 circa 100 miliardi di euro in più, quasi il 7 per cento del Pil. Un po' meno, forse, del necessario, ma non è questo divario a rendere ottimistico uno sviluppo 2021 al 6 per cento.
Il problema è che le prospettive appaiono buie e lo erano anche prima della nuova impennata dei contagi. Lo si vede nel sondaggio appena compiuto dalla Banca d'Italia presso imprese e famiglie. Il momento è cruciale, perché l'inchiesta è avvenuta tra agosto e settembre, cioè quando il grosso dell'epidemia sembrava alle spalle e, nei fatti, la congiuntura aveva ripreso a tirare: eppure, famiglie e imprese manifestano soprattutto paura, nelle stesse settimane in cui l'economia recuperava il 12 per cento rispetto alla terribile primavera.
Nonostante questo scatto in avanti, il grosso delle imprese chiarisce di non aspettarsi di recuperare un normale livello di attività (anche quello non esaltante del 2019) prima del prossimo autunno, fra dodici mesi. La vittima della paura sono la leva principale dello sviluppo: gli investimenti. Via Nazionale registra che, in barba al possibile rimbalzo, il 40 per cento delle imprese ha tagliato gli investimenti rispetto ai programmi fatti a fine 2019: per la metà di queste aziende, si tratta di rinunciare ad un quarto dei progetti. Ma il peggio viene dopo, quando si tratta di risalire la china del 2020. Solo un terzo delle imprese, infatti, conta di tornare ad investire, aumentando l'impegno almeno rispetto ai livelli da crisi del 2020.
Congelati investimenti e imprese, bloccati consumi e famiglie. E viceversa. Il 2020 ha visto soprattutto una corsa al salvadanaio: i risparmi delle famiglie italiane sono schizzati al 18 per cento del reddito disponibile, calcola la Banca d'Italia, in pratica un euro ogni cinque entrati in casa. Un livello doppio rispetto alla norma, come del resto è avvenuto in tutta Europa. Secondo l'analisi della Bce, il grosso di questo risparmio è stato forzato: quarantene e lockdown hanno materialmente impedito di spendere. Ma, per un terzo (una quota record rispetto ai precedenti storici) è il risparmio della paura, il tentativo di costruire difese contro un futuro incerto: la disoccupazione, oggi, in Europa, oscilla intorno all'8 per cento, ma le famiglie si trincerano perché si aspettano che arrivi al 14 per cento.
Questa gelata dei consumi continuerà. Anche a fine estate, quando una qualche dose di normalità sembrava tornata nella vita quotidiana, le famiglie annunciavano di voler stringere ancor di più la cinghia. Il 40 per cento prevedeva di spendere, l'anno prossimo, ancor meno di quanto ha speso quest'anno. Qui non si tratta neanche di auto, mobili o elettrodomestici, le spese sempre rinviabili. Il 30 per cento, riferisca il Bollettino di Bankitalia, si ripropone di ridurre anche i consumi non durevoli: bar, ristoranti, ma pure gli alimentari.
Paura vuol dire che l'indicatore cui tutti guardano sono i contagi. Un mese fa erano quelli temuti. Oggi sono quelli attuali: in una Regione in cui si registrano mille contagi al giorno, secondo il Bollettino, si riducono anche le uscite di casa per andare a fare la spesa. Per decidere di rinunciare al ristorante, nella Regione ne bastano dieci.