Draghi ai sindacati: “Tranquilli, ad aprile io sarò ancora qua”. E il Tavolo invocato da Letta resta congelato
Renzi non vuole confondere l’accordo sulla legge di Bilancio con la trattative per il Presidente della Repubblica. Conte lancia una riforma costituzionale XL ma i 5 Stelle non ne sanno nulla

Tra tatticismi e strategie, appostamenti e inseguimenti, tra chi si agita troppo e chi invece sta fermo come un palo, a sera spunta fuori una “signora” notizia. Dopo le 20 i segretari di Cgil, Cisl e Uil lasciano palazzo Chigi dove sono stati a discutere per oltre due ore con il premier Draghi sulla riforma delle pensioni. “Confronto utile - dice il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri - abbiamo avviato il tavolo della riforma che dovrà consentire più flessibilità in uscita dal 2023”. Ma la notizia è un’altra: il Tavolo si insedierà tecnicamente a dicembre e andrà avanti fino a primavera. “E a quel Tavolo ci sarà sempre Draghi. Glielo ho chiesto - dice Bombardieri- per capire se era una cosa seria oppure no. E lui mi ha risposto che sì, ci sarà lui”. Tra una annotazione di Bombardieri e la battuta del barman sotto casa che tra un spritz all’Aperol (alcolico) e uno col Crodino (analcolico) ha già spedito Draghi al Quirinale, merita certamente più ascolto quella del segretario della Uil. Che avendo avuto l’ardire di fare la domanda delle “cento pistole” (“Presidente, chi seguirà questo Tavolo fino a marzo-aprile”) ed avendo avuto come risposta un sorriso e queste parole - “ma io certamente” - è l’unico ad avere un indizio concreto sul futuro del Presidente del consiglio.
Scambio di battute?
I presenti invitano a inquadrare la scena come uno scambio di battute: è il Parlamento a decidere eventualmente se eleggere Draghi al Colle. E in questo senso, secondo fonti governative, il premier resterebbe fedele alla sua linea: non si sbilancia e continuerà a non farlo almeno fino alla fine dell'anno. Fino alla conferenza stampa di fine anno quando, messa in cassaforte la legge di bilancio, tutti dicono Mario Draghi risponderà alla fatidica domanda. L’attenzione è tutta centrata sul futuro di Draghi, che resta il candidato più evocato per la successione a Sergio Mattarella. Il premier, che dovrebbe incontrare nei prossimi giorni anche i rappresentanti delle imprese, ha ricevuto ieri per oltre due ore i segretari di Cgil, Cisl e Uil, con i ministri Daniele Franco, Andrea Orlando e Renato Brunetta. I sindacati hanno messo sul tavolo tutti i temi aperti, dalle tasse, alle pensioni, fino al precariato. Ricordando che sulla previdenza chiedono risposte immediate e concrete perchè la mobilitazione resta aperta. Nella legge di bilancio non ci sono le risorse per affrontare una riforma strutturale delle pensioni ma, ha assicurato il ministro Franco, “il confronto sulla Fornero può essere avviato in tempi brevi,a partire da dicembre”. L'apertura del tavolo sarà sancita formalmente con un passaggio - verbalizzato - in Consiglio dei ministri. Nel frattempo, dalla prossima settimana al Mef si vedrà se ci sono margini per ritocchi in manovra, per i lavori gravosi e l'Ape social. Al Mef i sindacati andranno anche a esporre le loro proposte su come utilizzare gli 8 miliardi per il taglio delle tasse che resta il tema più grosso su cui le forze di maggioranza devono ancora trovare una sintesi. Cgil, Cisl e Uil puntano ad intervenire su cuneo fiscale e detrazioni e non sulle aliquote Irpef (un taglio per il ceto medio agevolerebbe anche i redditi più alti). Alleggerire le buste paga è l’ipotesi su cui sta lavorando anche via XX Settembre con una serie di simulazioni sulla base delle idee che, in via informale, i partiti stanno suggerendo.
Di tavolo in tavolo
Come impiegare gli 8 miliardi destinati al taglio delle tasse è il nodo più importante ancora da sciogliere della legge di bilancio che ha iniziato lunedì l’iter al Senato. Il centrodestra vuole alleggerire le tasse di lavoratori autonomi e partite Iva - ad esempio tagliando l’Irap - che più di tutti hanno sofferto durante la pandemia. Il centrosinistra vuole destinarli al taglio del cuneo e quindi alla buste paga dei lavoratori dipendenti, posizione su cui ieri sembra essersi spostata ieri anche Giorgia Meloni. Un altro nodo, adesso, sono le pensioni: va bene Quota 102, ma Ape social e Opzione donna vanno blindate. Il Superbonus al 110%, il bonus facciate e quello mobili. Per non dire del Reddito di cittadinanza: toglierlo dopo la seconda offerta di lavoro rifiutata sembra ancora troppo poco per Lega, Forza Italia e anche Italia viva. Insomma, 24 miliardi destinati ma ancora da definire, compresi i 600 milioni che i vari deputati e senatori hanno a disposizione per le proprie esigenze - diciamo così - di collegio. E’ la quota più bassa di sempre. “Ma questo è, si dovranno accontentare di questo che visti i tempi e quanto è in arrivo dal Pnrr è sempre molto” dice una fonte di governo. Proprio per togliere gli oltre duecento articoli della legge di bilancio da una potenziale palude e dare la possibilità anche ai deputati di poter toccare palla (molto probabilmente la legge sarà discussa al Senato ma non avrà il tempo di una seconda lettura), il segretario del Pd Enrico Letta ha proposto un Tavolo di compensazione dove risolvere questi e altri eventuali problemi. Nella testa del segretario dem a questo Tavolo dovrebbe prendere parte anche Draghi. Il quale se ne guarda bene perchè il Tavolo rischia per lui di essere nella migliore delle ipotesi inutile (“quello che Draghi e il governo dovevano dire lo hanno già fatto in sede di approvazione della manovra, adesso tocca al Parlamento che denuncia spesso di restare laterale rispetto ai provvedimenti” dice una fonte di governo). Peggio ancora, dannoso. “Una potenziale trappola” in vista di come si evolverà la partita presidenziale. Perché non c’è dubbio che si scrive Tavolo per la manovra ma si legge Tavolo per il Quirinale, dove cioè gestire insieme, a mò di pacchetto, la legge di bilancio e anche il voto per il Presidente della Repubblica. Anche Letta ha capito che il centrosinistra da solo, più o meno allargato, può fare ben poco. E Il Pd non potrebbe sopportare una riedizione dei 101 di Prodi. Da qui il Tavolo per decidere prima un Capo dello stato condiviso. E nessuno sospetta Letta di voler inciuciare con le destre. Cosa che per giorni dal Pd hanno invece fatto filtrare su Italia viva e Matteo Renzi che da mesi, avendo fatto bene i conti, sostiene che per eleggere il Capo dello Stato occorre dialogare con tutti.
Congelato
Ma il Tavolo di Letta, che in realtà sembra una via obbligata, resta al momento congelato. Già lunedì aveva sortito dubbi e sospetti. Ieri si è sfilato Matteo Renzi: “Non trovo giusto legare il Quirinale al patto sulla manovra”.
Giuseppe Conte va invece nella direzione opposta e arriva a lanciare un appello bipartisan per mettere mano alla Costituzione. “ll tema delle riforme costituzionali - ha spiegato - sono il vero nodo della nostra vita istituzionale. Non c’è nulla di più prioritario per il futuro del Paese che mettere i governi in condizione di poter programmare un piano di riforme necessario a migliorare la qualità della vita dei cittadini. Il sistema così com’ è non va”. Un obiettivo decisamente molto ambizioso ad un anno dalla fine della legislatura e, soprattutto, non condiviso con i parlamentari del Movimento 5 Stelle che non perdono occasione una volta di più di dubitare del proprio leader. “Diciamo che forse Conte ha voluto dire qualcosa di originale per non ripetere le stesse cose e far vedere che non dietro Letta come un tacchino…” diceva ieri un senior 5 Stelle alla seconda legislatura. Il Movimento tra l’altro, da Renzi in poi, è sempre stato scettico per non dire contrario alle riforme costituzionali XL.
Rischio Vietnam
Renzi a parte (che ieri ha dato del “coniglio mannaro”, un novello Forlani attendista, a Conte che lo attacca nelle interviste ma rifiuta un confronto diretto in tv) il convincimento di molti nella maggioranza è che il Tavolo di Letta è in realtà il Tavolo per il Colle. Se sulla legge di bilancio i partiti sono divisi, sull’elezione del presidente della Repubblica è alle viste un vero e proprio Vietnam perchè in questa tornata i parlamentari difficilmente accetteranno indicazioni piovute dall'alto. I vertici di ogni partito temono le divisioni interne, di non riuscire a governare i propri parlamentari e meno che mai gli schieramenti. Quei 150 voti e oltre non controllabili sono l'incognita numero uno per il voto di febbraio, a meno che il premier Draghi non si pronunci apertamente sulla corsa, eventualità che per ora viene rigettata da tutte le forze parlamentari. Anche Silvio Berlusconi non farà un passo avanti fino alla terza votazione, poi se dovessero esserci le condizioni si getterà nella mischia. E’ una possibilità reale. E se fino a qualche giorno fa il Pd scherzava su questo scenario, da qualche giorno nessuno ha più voglia di farlo. Da qui il Tavolo. Che per ora resta congelato.