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“Venti di guerra ma… sulla riforma del catasto”: sfiorata la crisi. Il governo pone l’aut-aut

Braccio di ferro in commissione. Si cerca una mediazione si spera decisiva

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Catasto (Ansa)
Catasto (Ansa)

Venti di guerra sulla… riforma del catasto. "Ma poi comunicate voi a Biden e Zelensky che il governo si dimette per colpa della riforma del catasto?”. All'intervento dell'ex M5s Villarosa scatta l'applauso liberatorio di molti dei presenti nella riunione della Commissione Finanze sulla legge delega fiscale. La sottosegretaria del Mef Cecilia Guerra (Pd) aveva appena spiegato che il governo "non può andare oltre" se non si scioglie il nodo della riforma del castasto, "è una questione dirimente". Un ragionamento, in realtà, già fatto durante la riunione di maggioranza, ma ripetuto ieri con maggiore forza e che scatena però l'irritazione della Lega che ha chiesto subito un passo indietro dalla Guerra.

Terreno minato 

La riforma del catasto si conferma dunque un terreno minato per il governo e spacca ancora una volta la maggioranza, ma stavolta la tensione sale di livello, fino ad arrivare all’ultimatum. Dopo che martedì sera la Lega ha confermato di non voler fare passi indietro sulla richiesta di stralciare la revisione del catasto dalla delega fiscale - nonostante nel 2014 abbia votato un testo che proponeva, in pratica, la stessa riforma - ieri, come si diceva, la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra ha ribadito che l’approvazione dell’articolo 6 è dirimente.

La Guerra mette sul piatto l’esperienza di governo

Un prerequisito per mandare in porto l’intera riforma fiscale e probabilmente l’azione del governo. Tradotto: “Se non è approvato – per la Guerra – si ritiene conclusa l’esperienza di governo”. Del resto, due settimane fa il premier Mario Draghi aveva spiegato che delega fiscale, ddl Concorrenza e riforma del Codice appalti “sono il blocco dei provvedimenti principali” per l’attuazione del Recovery plan. La linea resta quella, espressa da Draghi anche ai capi delegazione delle forze di maggioranza dopo esser salito al Colle per incontrare Mattarella.

La linea dura del governo mette a dura prova i nervi di tutti, specie di quanti si oppongono al provvedimento: Lega, ma anche FI e parte dei 5s.

Entra in campo persino lo stesso Berlusconi

Forza Italia, “vista la delicatezza” del tema, ha chiesto una sospensione delle discussioni.
Secondo quanto si apprende Berlusconi ha chiamato il capogruppo di FI, Barelli, semplicemente per sapere quanto accaduto, ma in realtà per chiedere di non calcare troppo la mano. E sarebbe arrivata una telefonata anche da Gianni Letta affinché il partito azzurro apra al dialogo sulle richieste del governo di votare l'articolo 6.

Nel corso dell’ufficio di presidenza è dunque passata la proposta di darsi 24 ore di tempo in più per provare a trovare una soluzione: il voto, che il governo voleva si tenesse subito, è stato rinviato a oggi dietro l’impegno dei forzisti a presentare entro questa sera una proposta non più soppressiva dell’articolo 6. Oggi in ogni caso si procederà al voto.

Intanto, però, il fronte contrario alla riforma si sta già sfaldando: Maurizio Lupi (Noi con l’Italia) e Nadia Aprile del Misto hanno tolto la firma dall’emendamento soppressivo sostenuto finora da tutto il centrodestra, dopo il dietrofront di FI.

Ma la Lega, per ora, resta inamovibile

Solo la Lega per ora resta inamovibile: i capigruppo nelle commissioni Bilancio e Finanze Massimo Bitonci e Giulio Centemero e il vicepresidente della VI commissione Alberto Gusmeroli a nome di tutti i commissari Lega definiscono “gravissimo l’aut-aut della sottosegretaria al Mef. Minacciare la crisi di governo qualora non si approvasse così com’è la riforma del catasto è da irresponsabili. Il Parlamento ha tutto il diritto di discutere e presentare emendamenti laddove non ci sia convergenza sul provvedimento”. Fratelli d’Italia è sulla stessa linea e non vede l’ora di mettere in difficoltà il governo e ricompattare il centrodestra. Anche in FI non mancano le voci contrarie alla mediazione: Gabriella Giammanco, vice presidente del gruppo Forza Italia al Senato, si è detta “basita” per l’ultimatum. Proteste anche da parte M5s: Marco Pellegrini, vicepresidente del gruppo del Senato, parla di “parole e pressioni semplicemente irricevibili” e spiega: “Non vorremmo che questo pressing, del tutto irrituale da parte del Governo, tradisse un’interpretazione della delega fiscale troppo appiattita sulla norma relativa al catasto e che, quindi, ritenesse meno significativi quei contenuti che hanno l’obiettivo di continuare ad abbassare il peso delle tasse su famiglie e imprese e semplificare ulteriormente il Fisco”.

Scatta l’allarme tra i ministri e nella maggioranza

Però, che il governo possa cadere e la maggioranza rompersi, mentre in Ucraina si combatte, è ovviamente un’ipotesi lunare, ma comunque è scattato l'allarme dei ministri del governo perché la fibrillazione sul tema della riforma del catasto rischia di provocare un cortocircuito sul percorso delle riforme di Draghi.
Forza Italia sta preparando, così si apprende, una riformulazione che sarebbe accettata dal governo per far sì che l'esecutivo innanzitutto si impegni - nero su bianco - a non aumentare la pressione fiscale sulla casa e ad aprire il confronto in Parlamento e con gli enti locali. "Non si comprendono le ragioni di uno scontro", sostiene una nota del partito azzurro che sta lavorando a una mediazione. Ma il partito di via Bellerio fa muro. Lo stesso Salvini, premettendo di occuparsi d'altro e di lasciare spazio alle interlocuzioni del gruppo, avrebbe invitato i suoi ad andare avanti e a mantenere la posizione. "Siamo disponibili al confronto", la linea del Pd. "Bene la medazione ma le pressioni del governo sono inaccettabili", dicono pure nel M5Stelle.

La richiesta arrivata sul tavolo del governo è che sia un vertice tra i leader a sciogliere il nodo, ma al momento non sarebbe prevista alcuna cabina di regia. "Draghi non intende trattare", spiegano fonti parlamentari di maggioranza, "è stato lui a dare mandato alla Guerra di tenere la linea dura". 
Un 'big' della Lega sostiene che anche il ministro dell'Economia Franco avrebbe fatto sapere di non volere un braccio di ferro sul provvedimento, "anche perché si tratta di una legge delega - spiega la stessa fonte -, non è un decreto, il Parlamento ha tutto il diritto a dire la propria".

La non-soluzione per ora è rinviare la discussione

L'invito all'esecutivo di molte forze politiche è dunque quello di rinviare la discussione, a non alzare i toni. In Commissione Finanze era presente anche il sottosegretario Freni (Lega) che non avrebbe avallato la linea della Guerra, senza però andare oltre. "L'articolo 6 – spiega un altro esponente della Lega - non serve a nulla. Si tratta di una norma che non era presente neanche nella risoluzione votata in Commissione e poi aggiunta dal governo. I comuni possono già fare la revisione degli estimi catastali". Altra obiezione: "L'Agenza delle Entrate in un'audizione del 2017 ha già chiarito il punto. Se l'articolo serve solo per avviare un'indagine statistica significa che non può essere un punto su cui far cadere il governo. Altrimenti possiamo pensare che nei decreti attuativi verrebbe inserita la patrimoniale...". La tensione però resta alta e qualora si andasse al voto i numeri sarebbero in bilico. Da qui il timore, anche nel Movimento 5 stelle sullo strumento della legge delega e i dubbi sull'opportunità di portare avanti lo scontro.

Al momento c'è un braccio di ferro, del resto i ministri della Lega non hanno partecipato al voto in Consiglio dei ministri sulla riforma del castasto. Il voto, intanto, è slittato a oggi.

Perché la riforma del catasto è così importante

La delega fiscale rimane il primo punto della road map del governo e bisogna procedere spediti. Sul catasto, dunque, non sono ammessi cedimenti ma il dialogo resta aperto. E' questa la linea che Mario Draghi ha dettato all'indomani della salita al Colle da Sergio Mattarella, quando l'esecutivo dei migliori era riuscito ad incassare ben quattro sconfitte sul Milleproroghe. E il solo subodorare un replay di quanto accaduto, sul tetto del contante e i fondi destinati alla decarbonizzazioni, ha fatto virare palazzo Chigi sulla linea dura. La fumata nera sulla riforma del catasto, con la Lega pronta ad alzare le barricate, ha fatto scattare l'allarme, e così la risposta dell'esecutivo è stata dirompente. Il nodo, quello che ha bloccato la delega approvata ad ottobre, deve essere sciolto. La strategia è semplice, prendere di petto il problema, risolverlo e andare avanti sempre cavalcando la linea del confronto, mai cedendo a giochini che, in questo caso, lascerebbero ancora a bagnomaria un provvedimento fondamentale per la realizzazione del Pnrr. Senza contare, e questo il premier lo ha rimarcato con forza, che il provvedimento è stato licenziato ad ottobre con l'ok unanime del Consiglio del ministri, "quindi perché cambiarlo", l'inciso di Draghi. E alla sottosegretaria non mancano le parole quando il Carroccio lancia il guanto di sfida chiedendo lo stralcio della norma: "Se l'articolo 6 non è approvato si ritiene conclusa l'esperienza di governo". Non una minaccia, piuttosto, una fredda constatazione della realtà dei fatti, che riporta agli obiettivi che hanno fatto nascere questo governo e che lo hanno tenuto in piedi dopo il bis di Mattarella. L'esecutivo deve "fare" e Draghi non ha alcuna intenzione - vista anche la situazione internazionale - di farsi logorare da interessi partitici, che hanno l'unico fine di arricchire il bottino di sondaggi in vista delle elezioni del 2023. La reazione dell'esecutivo fa però saltare sulla sedia il Carroccio, come visto. La situazione rischia di implodere e Forza Italia, con Sestino Giacomoni, chiede e ottiene 24 ore di tempo per tentare una mediazione da far valutare al governo. La commissione quindi è aggiornata a oggi, con tutti gli attori in campo pronti a trovare la quadra compreso il presidente Marattin. A palazzo Chigi si attende la proposta, nessuna porta è stata sbattuta in faccia, trapela, sì al dialogo e pronti a valutare un punto di caduta, senza però snaturare la riforma. È l'avvertimento.

La commissione stoppa i lavori fino a oggi

La Commissione ha dunque stoppato i lavori. Il presidente Luigi Marattin (Iv) vola a palazzo Chigi in cerca di uno spazio di mediazione. Se ne fa carico Forza Italia che chiede 24 ore per trovare una soluzione. Marattin in serata sembra più possibilista: “Sto lavorando da giorni affinché si possa superare lo stallo”. Fonti di palazzo Chigi fanno sapere che sulla mappatura non ci saranno passi indietro. Che si sicuro non esiste che la norma in questione “possa essere stralciata” perché, come fu già assicurato nella conferenza stampa di ottobre, “la mappatura, disponibile dal primo gennaio 2026, non sarà usata per determinare nuove tasse. Non avrà finalità fiscali”. Diverso è per gli immobili fantasma: una volta emersi, ci sarà da pagare le tasse mai pagate finora. Ma questa si chiama evasione fiscale. Il centrodestra vuole essere complice? Ecco che la mediazione a chi sta lavorando Forza Italia e anche il ministro Garavaglia (Lega) potrebbe riguardare il fatto che “eventuali novità sul fronte fiscale dovranno per forza passare da un voto in Parlamento”.

Il passo indietro per capire la linea dura del governo

Ma per capire l’accelerazione delle ultime ore serve un passo indietro. L’arrivo in Aula del ddl sul fisco era inizialmente previsto per il 28 febbraio. Dopo l’incidente parlamentare che nella notte tra il 16 e il 17 febbraio ha visto il governo andare sotto quattro volte, in commissione, si è deciso di rinviare l’esame degli emendamenti tra cui quelli leghisti sullo stralcio della riforma del catasto, nonostante il presidente del Consiglio Mario Draghi abbia in più occasioni rassicurato che la revisione – un mero affiancamento ai valori catastali di quelli di mercato per avere un quadro più trasparente della situazione – avverrà a invarianza di gettito. Il testo dice esplicitamente che le nuove informazioni, che comunque saranno disponibili solo tra cinque anni, non verranno usate per la determinazione della base imponibile dei tributi. Martedì, proprio nella giornata in cui il premier ha riferito al Parlamento sulla situazione in Ucraina e la decisione italiana di inviare armi, la sottosegretaria ha chiesto ai partiti di maggioranza di ritirare emendamenti soppressivi.

Anche il consigliere economico di Draghi, Francesco Giavazzi, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, hanno partecipato alla riunione, convocata dal presidente di commissione Luigi Marattin. Risultato: fumata nera, appunto. Matteo Salvini ha addirittura approfittato dell’intervento sulla guerra in Ucraina per suggerire che il Parlamento in questa fase non dovrebbe occuparsi di fisco immobiliare, in nome della pace… (sic). 

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