La candidatura di Bucci: cosa è successo quando i giochi sembravano fatti e le tre “mosse del cavallo” decisive
Il nome della candidata presidente della Regione Liguria era quello di Ilaria Cavo ma poi le cose sono cambiate. Tutti i retroscena
Premessa indispensabile: tutte le notizie di questo retroscena sono ovviamente vere. Se c’è qualche virgolettato non esattamente identico, questo non cambia in alcun modo il senso della storia. E quindi ecco la storia.
A un certo punto, al tavolo del centrodestra nazionale, dove i temi succosi sono altri, a partire da quelli economici, i leader Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Maurizio Lupi sembravano aver chiuso sul nome della deputata di Noi Moderati Ilaria Cavo come candidata alla presidenza della Liguria, basandosi su sondaggi che la davano favorita sugli altri nomi del centrodestra.
Sembrava quasi chiusa una telenovela durata mesi, con i segretari dei partiti di maggioranza che parevano quasi “presi per sfinimento” dalla questione ligure che in qualche modo è durata mesi, ma è stato il quarto al tavolo di questa che sembrava una partita di poker, Matteo Salvini, a far notare di come non fosse possibile basarsi su sondaggi che non sembravano il Vangelo, per usare un eufemismo, anche alla luce del fatto che gli abitanti della Liguria non sono moltissimi, che i numeri degli interpellati dai sondaggisti non erano epocali, per usare un altro eufemismo, e che moltissimi fra quei non moltissimi interpellati avevano risposto che non ne sapevano nulla.
E il fatto che la candidatura della deputata totiana non fosse considerata la migliore dalla Lega si era intuito dal primo forte stop nei giorni scorsi arrivato da Alessandro Piana, che non è uno qualunque, ma è il presidente facente funzione di Regione Liguria dopo i domiciliari e poi le dimissioni di Giovanni Toti, moderato dialetticamente e politicamente che peraltro aveva sempre difeso umanamente Toti. Uno che parla poco e quando parla generalmente dice cose, esponente leghista legatissimo al leader ligure Edoardo Rixi.
A questo punto, il leader leghista – che aveva studiato a fondo il dossier ed è stato informato passo passo dal suo viceministro al ministero delle Infrastrutture, plenipotenziario ligure e soprattutto caro amico personale che ha anche un ottimo rapporto con Giancarlo Giorgetti che passava di lì proprio per approfondire i temi economici della riunione – ha sparigliato per l’ennesima volta le carte: “No, guardate, il vicesindaco di Genova Pietro Piciocchi è un fenomeno, un tecnico puro, con un profilo tecnico, moderato, perbene, onesto, capace di gestire oltre venti deleghe, di farlo col sorriso e di saper leggere leggi e numeri. Ma ve l’ha detto Raffaele Fitto quanti soldi ha preso il Comune di Genova come PNRR? Ecco, tenete conto che è tutto merito di Piciocchi e del suo lavoro di squadra con il sindaco Bucci e con il mio Rixi”.
Ed è a questo punto che è partita la “mossa del cavallo” di Salvini, la terza di questi interminabili vertici, tutte vincenti: la prima è stata quella di chiedere a Giorgia Meloni di “intestarsi” la candidatura di Ilaria Cavo, portata avanti con calore dai suoi referenti sulla Liguria, il presidente del Senato Ignazio La Russa che si è speso moltissimo per il nome della deputata caldeggiata anche da suoi amici liguri, tanto da andarsene dalla festa regionale del partito a Beverino nello spezzino dopo che aveva parlato lei: “Ho sentito Ilaria e posso andarmene” ha detto salutando il pubblico, con una scena che non è stato il massimo del galateo, ma era molto scenografico e larussiano come endorsement. E allineato perfettamente con La Russa il coordinatore regionale di Fratelli d’Italia Matteo Rosso. Ma la Meloni non ne ha voluto sapere in alcun modo: “Non è una candidatura nostra, dovremmo considerarla di tutta la coalizione”.
La seconda “mossa del cavallo” di Salvini è stata chiedere che proprio Edoardo Rixi, il suo viceministro, qualora fosse stato scelto nonostante la sua volontà di restare a Roma a continuare il lavoro al MIT, non fosse considerato il candidato della Lega, ma di tutta la coalizione. E anche qui è arrivato il no di Giorgia. Anche perché questa storia si collega direttamente a quella del Veneto e, dopo essersi bruciata malamente la Sardegna sostituendo Christian Solinas con Paolo Truzzu, scelta che è costata la Regione e anche il Comune di Cagliari, in un capolavoro politico al contrario, la presidente del Consiglio non voleva bruciarsi un’altra Regione.
E qui il tandem Salvini-Rixi ha confezionato il terzo capolavoro tattico, con cui ha completamente ribaltato il tavolo, dove continuava il pressing. Giovanni Toti (anche giustamente dal suo punto di vista, l’unico legittimato davvero perchè la vedeva come una sorta di ordalia nei suoi confronti) puntava su Ilaria Cavo perché considerata la più “in continuità” con la sua esperienza, così come di Maurizio Lupi che avrebbe visto per la prima volta un’esponente di “Noi moderati” correre per la presidenza di una Regione. E che, comunque, ora potrebbe venire “ricompensata” con la nomina a sottosegretario, alla Cultura o in un altro ministero.
Ma, per l’appunto, Salvini ha calato il jolly dicendo a Tajani e Meloni: “Fidatevi, sentitevi con il sindaco di Genova Marco Bucci, lui vi spiegherà le capacità e lo straordinario profilo di Pietro Piciocchi. Appena un assessore a Genova ha un problema, di qualsiasi partito sia, va da lui che glielo risolve. Avete presente mister Wolf? Le straordinarie visioni di Bucci senza Piciocchi non sarebbero state realtà”.
E qui parte un piano B. La presidente del Consiglio, che non avrebbe nulla contro Piciocchi, si scontra contro i veti dei suoi e di una parte degli ultimi residui totiani che sostengono Ilaria Cavo, e quindi l’idea è quella di chiedere direttamente a Bucci di candidarsi. Quindi prima chiama Tajani, poi tocca allo stesso Salvini e con entrambi il primo cittadino di Genova, pur lusingato, declina.
A questo punto, è la stessa Meloni a prendere il telefono per chiamare Bucci, con cui pure non si è mai presa moltissimo, ma non per incomprensioni personali, ma sostanzialmente per poco feeling dell’amatissimo sindaco di Genova con alcuni quadri locali di Fratelli d’Italia.
Stavolta, invece, il tono è completamente diverso e Giorgia sa toccare le corde giuste: “Caro Marco, sono il tuo capo…”. La telefonata, di 40 minuti, è affettuosa e quasi torrida e Bucci accetta sostanzialmente per tre motivi: il primo è legato alla sua esperienza americana, che gli ha fatto maturare un forte spirito gerarchico. Il secondo all’ego, che certamente è solleticato dai toni della premier, molto suadenti. Il terzo, quello decisivo, legato al fatto che Bucci è un civil servant, ha un forte senso del dovere e ama Genova e la Liguria, da cui si sente riamato, tanto da aver fatto da testimonial ad esempio al sindaco leghista di Ventimiglia Flavio Di Muro, relatore alla Camera del “decreto Genova” grazie al quale si è costruito il nuovo ponte San Giorgio, l’unico candidato “politico” di centrodestra ad aver vinto un’elezione comunale a fronte di moltissimi civici.
Resta un ultimo tema: la salute. Bucci è reduce da una delicata operazione per le metastasi di un tumore. Ha finito il primo ciclo di radioterapia, ma i medici gli hanno spiegato che l’adrenalina della campagna elettorale lo rafforzerà, nonostante le prescrizioni di fare attenzione.
Quindi, dopo il consulto con famiglia e dottori, arriva il “sì” del sindaco di Genova, che ribalta i favori del pronostico delle regionali liguri, che erano per Andrea Orlando. Si chiama “all in”.
Se la scommessa di Giorgia, che si è dimostrata una statista in questa storia andando oltre gli interessi di partito, sarà vincente, si profila una storia nuova con Bucci in Regione, Piciocchi in Comune e Rixi a Roma a continuare a far arrivare fondi per le opere in Liguria, unica regione continentale con le caratteristiche dell’insularità.
E forse, dopo le tre “mosse del cavallo”, il “cavallo Liguria”, azzoppato dall’inchiesta, tornerà a correre.