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Il Conte 2 non c’è più. Renzi: “Fatta chiarezza, adesso possibile ricostruire”. L’ira funesta di premier, Pd e 5S

Inutile la mano tesa di Conte un’ora prima della conferenza stampa.“Chiamerò i segretari di maggioranza al tavolo per un nuovo patto di legislatura”. La mediazione del Capo dello Stato. Il film della giornata e tutti gli scenari per il dopo: Conte ter con o senza Iv; congelamento delle dimissioni per organizzare squadra e programma. Iv assicura i voti alla maggioranza per gli atti fondamentali per sostenere l’economia e combattere la pandemia

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Matteo Renzi (Ansa)
Matteo Renzi (Ansa)

Una lettera di quattro pagine firmata da Teresa Bellanova, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto, una conferenza stampa di un’ora e mezza. “Noi siamo i costruttori ma serve il progetto e non possiamo costruire sulla sabbia. Stiamo facendo un’operazione verità, il re è nudo. Nell’interesse di tutti. Noi ci mettiamo coraggio, libertà e responsabilità”. Alla fine succede quello che era stato detto visto che “poco o nulla nel frattempo è stato fatto” per cambiare direzione. Matteo Renzi comunica l’apertura della crisi di governo alle 18 e 15 minuti. Adesso tutti gli scenari sono possibili: un Conte ter con Italia viva in maggioranza su basi, programmi e squadra diversi e soprattutto chiari; un Conte ter con l’ingresso di una nuova formazione al Senato, i Responsabili travestiti da Maie (“ma non ci sono, non li hanno trovati” ha detto Renzi); un nuovo governo con un premier diverso (“non abbiamo pregiudiziali su Conte ma non c’è un solo nome”). L’opzione più lontana è il voto anticipato. Tutto adesso dipende da quello che deciderà di fare Conte: può congelare le dimissioni delle ministre e prendere tempo per valutare il dà farsi; può salire al Colle, dimettersi e mettersi in gioco per un nuovo incarico; può andare direttamente in aula, sfidare Renzi, così come fece con Salvini, e puntare ad un nuovo incarico, il terzo con una diversa maggioranza. Tutto dipende a questo punto dal Presidente Mattarella e dal Parlamento. La democrazia riprende quei percorsi che troppe volte in questi mesi, causa pandemia, sono stati forzati. E’ una crisi al buio. Quella che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva pregato che non si verificasse. “Fiducia incrollabile in Mattarella e nel suo ruolo di arbitro” mette in chiaro Renzi “ma il senso di responsabilità sta proprio nel cercare di risolvere i problemi e non nasconderli”.

Renzi chiude ma anche apre

L’ex premier quindi chiude ma al tempo stesso apre. Non è ancora una partita chiusa. Infatti Italia viva assicura i propri voti al governo per il Recovery plan, per il decreto Ristori da 24-30 miliardi, per lo scostamento di bilancio per cui occorre ls maggioranza assoluta, seguirà il ministro Speranza nella misure contro la pandemia. Vedremo oggi quali decisioni saranno prese. Ieri sera è stato il tempo degli attacchi. Pd, 5 Stelle, Leu, un corso solo contro Italia viva e Renzi. “Un grave errore di pochi che pagheranno tutti”  tuitta Andrea Orlando, il vicesegretario dem, a conferenza stampa ancora in corso. In serata c’è in consiglio dei ministri che diventa uno sfogatoio contro Renzi e Italia viva Durissimo il ministro e il capodelegazione Dario Franceschini, primo azionista di Conte e dell’alleanza Pd-M5s:  “Una scelta incomprensibile. Chi attacca Conte attacca il governo e quello di Renzi un errore gravissimo contro l’Italia”. Ancora più duro Giuseppe Conte: “Iv si è assunta la grave responsabilità di aprire una crisi di governo. Questa crisi, nel pieno della pandemia, è un danno notevole per il nostro Paese”. Nicola Zingaretti è furibondo e molto deluso. “Adesso è tutto a rischio”. Tutti contro Renzi e a favore di Conte. In prima fila compatti i 5 Stelle a cui Grillo in mattinata aveva raccomandato: “Accettare alleanze con chiunque pur di governare il paese in questa durissima fase”. Ma già in serata qualcosa cambia se il capogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci e con lui anche deputati e senatori Pd, pur condannando l’apertura della crisi, dicono che “una ricomposizione è possibile. In fondo Renzi arrivato a quel punto non poteva fare diversamente, La partita inizia adesso”. Orlando alza i primi paletti: “Il Pd è indisponibile" ad andare oltre la maggioranza attuale e oltre il professore. Non sono possibili maggioranze raccogliticce e il voto, nel caso, non posiamo andarci domani. Dunque serve una soluzione in questo frattempo”.  E comunque, è giusto se Conte va ad informare il Parlamento sulla crisi. E’ quello che chiedono le destre ieri sera riunite per decidere il dà farsi. Che il premier vada in aula, ma non è detto a fare anche la conta, prima di salire al Colle è tra le cose possibili.

Il film della giornata

 Deve iniziare alle 14 quando Giuseppe Conte sale al Quirinale dove il Capo dello Stato osserva da giorni e settimane con grande preoccupazione e nervosismo le tensioni nella maggioranza. E’ l’estremo tentativo che il Pd ha chiesto di fare al Presidente della Repubblica per tentare di ricomporre una situazione scappata di mano nelle precedenti 36 ore quando,  nel pieno di una trattativa per un nuovo patto di legislatura e una nuova squadra di governo Conte ha fatto uscire tre mosse molto divisive: “Andiamo in aula e asfaltiamo Italia viva”, segnale chiaro di aver trovato i numeri per sostituire i 18 senatori renziani; “mai più un governo Conte con Iv se apre la crisi”; il deposito di un simbolo elettorale, di un partito che si chiamerà “Insieme”. C’è da ricucire tutto questo, che non è poco. Il colloquio col Capo Capo dello Stato dura circa un’ora. Renzi è informato e segue tutto minuto per minuto. Su al Colle l’aut-aut a Renzi viene giudicato un “errore politico” e giustificato come atto “difensivo” dopo il pressing dei renziani. Dunque urge un atto riparatorio. Distensivo. Così il premier, non proprio convinto, fa sapere di voler tornare a piedi a palazzo Chigi. Nel lessico della comunicazione di governo significa “fate sapere ai giornalisti che li incontro e parlo”. Un po’ come quando va a fare una passeggiata per prendere un caffè. E ne escono vere e proprie conferenze.

L’assembramento

Così infatti è stato, per strada, all’angolo di piazza del Parlamento e via della Stamperia, dopo una piccola caccia all’uomo nei vicoli tra Quirinale e piazza di Spagna. Diciamo che comunicazioni importanti e decisive ai fini della tenuta del governo e della maggioranza potevano essere date con una diversa solennità. Invece in piazza del Parlamento si crea un vero assembramento di telecamere, cheerleader e ragazzi a passeggio in cerca di un’inquadratura. Dieci minuti in cui Conte ha cercato di riprendere in mano la situazione offrendo ai microfoni alcuni concetti:  “Mi auguro che Matteo Renzi non faccia dimettere le ministre”; “Da adesso lavoriamo tutti insieme a un patto di legislatura in modo leale e costruttivo”; “Fino all’ultimo lavorerò per la coesione di tutti”; “Italia viva avrà sempre la mia massima attenzione se pone questioni in modo costruttivo e con la volontà di trovare una soluzione”; “Serve una maggioranza solida, non si possono raccattare voti qua e là”.

Fuori tempo massimo

E’ una mano tesa. Non ci sono dubbi. Ma non basta e arriva fuori tempo massimo. Nella tradizionale forma dell’annuncio fatto per caso e passeggiando per strada. E dopo troppe mosse vissute come “divisive e ostili”. Non poteva quindi essere sufficiente, per quanto drammatizzato in zona cesarini, a cambiare o fermare il percorso di Italia viva. “Tutto qui?” commenta Renzi con i suoi. “Abbiano dovuto sganciare la bomba atomica e siamo ancora a questo punto, alla promessa al futuro di convocare il tavolo di maggioranza e lavorare al patto di legislatura?”.  Alle 18 e 15 minuti il senatore Renzi raggiunge l’auletta dei gruppi alla Camera (“ringrazio il presidente Fico che ci ha fatto questa concessione”), la più grande di tutto il Parlamento, si siede tra le ministre Bonetti e Bellanova e il sottosegretario Ivan Scalfarotto e annuncia l’avvenuta consegna al Presidente del Consiglio delle dimissioni della piccola ma vivace piccola pattuglia di Italia viva nel Conte 2. E’ presente tutto lo stato maggiore di Italia viva: Boschi, Giachetti, Faraone, Migliore, Nobili, Marattin, Ungaro, Lucia Annibali. Facce tese. Non è stata una decisione facile con l’Italia fuori in mezzo alla pandemia e tutti che gridano “è da irresponsabili aprire una crisi adesso”.

Renzi e Conte (Ansa)

Il re è nudo

Non è stato facile decidere di andare fino in fondo. Ma è stato necessario per spazzare via i quintali di ipocrisia che avvolgono da mesi questo governo e questo esecutivo da molti criticato sotto banco ma poi tenuto in piedi perché “non ci sono alternative”. Non è facile spiegarlo. Ancora meno farlo capire. Renzi ci prova così: “Non vogliamo aprire la crisi ma risolvere i problemi. Ci vuole coraggio e molta dignità nella scelta di dare le dimissioni. Ma la crisi è aperta da mesi come tutti ben sanno. La politica è risolvere i problemi, non nasconderli e lo si deve fare rispettando le regole della democrazia, che non sono i like, e della nostra Carta costituzionale che non è una storia su Instagram”. Era necessario e non più rinviabile “fare chiarezza una volta per tutte sui contenuti e sui metodi di questo governo”. Il re è nudo. Dove il re è la natura stessa di questa maggioranza e l’azione di governo. Rivendica ad Italia viva il ruolo di “costruttori”: “Lo siamo orgogliosamente, ma non si costruisce sulla sabbia”. 

La lettera a Conte

E’ tutto scritto nella lettera recapitata a Conte. Tre motivi, uno di seguito all’altro. I “metodi” per cui questo governo ha infilato una serie troppo lunga violazione delle regole e delle regole del gioco che però “sono i cardini della democrazia”. Il Conte 2 è nato “per non dare pieni poteri a Salvini e non può accettare di dare pieni poteri a Conte”. Il “merito” per cui da luglio in poi sono state sbagliate troppe cose: scuola, cantieri, trasporti, la sanità sempre in affanno per cui il risultato è che siamo il paese “con più morti per Covid, meno giorni di scuola per i nostri ragazzi e il Pil crollato assai di più che negli altri paesi europei”. E infine le cose da fare, i progetti, i programmi, i cantieri. In una parola il Recovery plan che ha fatto esplodere la maggioranza. “E’ migliorato è vero, molto – osserva Renzi - e di questo ci dovrebbero tutti ringraziare ma è ancora insufficiente e non solo per il Mes”. Possibile, ad esempio, che sette mesi dopo l’approvazione del decreto Semplificazioni sia ancora tutto fermo? “Nessuna grande opera è stata cantierata, dunque nessun posto di lavoro in più, perchè non sono stati decisi i commissari”.

Teresa, la combattente

Teresa Bellanova, combattiva capodelegazione e ministro dell’Agricoltura a cui la stampa amica del premier ha riservato fin dal primo giorno di governo  un trattamento a dir poco incivile, vuole rispondere a Orlando: “Sbaglia se dice che il nostro è un grave errore. Noi non abbiano aperto la crisi, l’abbiamo chiusa. Stiamo facendo la chiarezza che tanti, anche in Parlamento, dicono di voler fare ma poi non succede mai. Quante volte ci è stato detto: così non possiamo andare avanti? Ecco, e lo dico a Orlando e a tutti quelli che ci stanno dando addosso, noi adesso facciamo chiarezza. A questo punto i costruttori se vogliono possono entrare in campo”.

La passeggiata di Conte e la conferenza stampa in mezzo alla strada ha irritato ancora di più i renziani. “Se il presidente Conte vuole aprire un tavolo per discutere sui fatti e sulle cose noi ci siamo. Ma lo faccia, non basta più dirlo, meno che mai in mezzo in mezzo alla strada. Noi ci siamo stati e ci siamo se si tratta di affrontare e risolvere i problemi” ha detto la ministra Bonetti.

Evoluzioni

Alle nove di sera tutto tace. Da palazzo Chigi non escono veline. C’è il consiglio dei ministri in corso, il primo senza Italia viva. Renzi incontra i gruppi, spiega loro la strategia. Quella di Conte “non è stata una mano tesa.  Se sono presidente del Consiglio, alzo il telefono e cerco l'accordo. Non faccio le dichiarazioni esterne per accontentare qualcuno che mi ha chiesto di farle”. Ha ribadito di non vedere la prospettiva del voto anticipato e neanche la pattuglia dei responsabili a palazzo Madama. “Restiamo centrali e nel caso noi siamo pronti a dare il nostro contribuito”.  Sui rapporti con il Quirinale e il presidente  Matteralla Renzi ha assicurato di aver sempre aggiornato il Capo dello Stato su quello che stava accadendo in tempo reale. “Onoriamo le giuste preoccupazioni del Presidente  essendoci astenuti sul Recovery e avendo garantito il nostro visto per tutti i passaggi cruciali delle prossime settimane e mesi”. 

Sul nome di Conte “non c’è alcuna pregiudiziale” ma Pd, M5s e Leu sono convinti che Renzi voglia un’altra figura a palazzo Chigi. Il leader di Iv ha spiegato ai suoi che Conte “deve fare presto, salire al Colle per le dimissioni entro venerdì e già nel week end presentare la nuova lista dei ministri, altrimenti anche l'ipotesi del Conte ter uscirà di scena”. Altre fonti, parlamentari che incrociano Pd e Iv, lasciano trapelare che “in realtà il Con ter già non c’è più. Quando si apriranno le consultazioni formali, quelle vere, ognuno dirà la sua e molti gruppi faranno altri nomi che saranno attentamente valutati dal Colle”. Insomma, è possibile che il nome di Conte venga bruciato da più gruppi parlamentari nelle consultazioni.

Le garanzie

Questa è una partita che si gioca sulle “garanzie”. Il presidente del Consiglio ha ascoltato i consigli di Pd, M5s e del presidente della Repubblica ma ritiene "non percorribile la strada delle dimissioni”  in mancanza di un accordo blindato. E nemmeno di una sfida in aula adesso. La parola chiave è “congelare”. Da qui la tentazione della sfida in aula non ora ma nelle prossime settimane, con calma, con la tesi che comunque Iv ha assicurato che voterà lo scostamento di bilancio e non farà mancare i voti. La speranza di Conte è che magari nel frattempo la pattuglia dei Responsabili diventi “meno raccogliticcia”. Di convincere il Pd a digerirla. Di trovarla, soprattutto. Il Conte ter resta in piedi. Sulla sfondo. Ma ancora c’è. In realtà Renzi chiude ma al tempo stesso apre. “Spetta a Conte decidere quali sono gli sbocchi della crisi. Io ho messo un solo paletto: no ribaltoni e no alla destra sovranista e antieuropeista. Poi siamo pronti a discutere di tutto: un governo con la stessa maggioranza, un governo tecnico oppure andare all'opposizione. Dipende dai programmi, dalle priorità, dalle cose da fare e quando. Non ci interessa il nostro destino ma quello del Paese”. La notte porterà consiglio. Se diamo retta alle sue parole, il premier dovrebbe appunto congelare le dimissioni delle ministre, chiamare i segretari dei partiti della sua maggioranza, che non sono un fastidio ma i suoi azionisti di maggioranza, riunirli intorno a un tavolo e decidere una volta per tutte la squadra migliore e il progetto migliore per far ripartire il Paese.

 

 

 

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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