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[L’analisi] Renzi gongola ma non ha capito che i Cinque Stelle puntano a vincere di nuovo le elezioni 

Di Maio ha dimostrato che votare Salvini significa per forza di cose scegliere Berlusconi. Ma adesso sposta la lotta sul terreno del leader leghista, togliendogli il primo degli atout esclusivi. L’altro è quello dell’immigrazione. Vedrete che ci arriverà. Dal suo vocabolario, nella spina governo, aveva tolto pure l’abolizione di Equitalia, oltre all’euro. Tornerà tutto 

[L’analisi] Renzi gongola ma non ha capito che i Cinque Stelle puntano a vincere di nuovo le elezioni 

Beppe Grillo’s back. Ma se n’era mai andato? La sua sparata sul referendum per l’euro sembra sconfessare tutto quello che aveva detto negli ultimi tempi Luigi Di Maio. L’8 gennaio, prima delle elezioni, il candidato premier dei grillini, rigorosamente in giacca e cravatta a rappresentare meglio il volto governativo del Movimento, aveva dichiarato da Vespa che non credeva fosse «più il momento per uscire dall’euro, perché l’asse franco-tedesco non è più così forte e spero di non arrivare al referendum che per me sarebbe l’extrema ratio». In un’intervista al Fatto, poi, aveva confernmato questa linea: «Penso che non abbiamo bisogno di un voto sulla moneta unica perché l’Europa è molto cambiata», spiegando che «in questo quadro per l’Italia ci sono maggiori spazi per far sentire la sua voce».

Quella volta, da Vespa, però, aveva anche aggiunto: «Se dovessimo arrivare al referendum è chiaro che io sarei per l’uscita perché vorrà dire che l’Europa non ci ha ascoltato». Adesso improvvisamente Grillo ha ribaltato il tavolo: «Tutti i trattati firmati erano giusti, ma sono stati distorti dai regolamenti. Se siamo una unione di Paesi dovremmo condividere... Perché ci sono due economie, quella del Nord e quella del Sud, e l’Italia è in quella del Sud. Ho proposto un referendum per l’area dell’euro. Voglio che gli italiani si esprimano. Le persone sono d’accordo? Esiste un piano B? Dovremo lasciare l’Europa o no?».

In realtà, per ora non c’è nessuna sconfessione di Di Maio, anche se le parole le porta via il vento e in questi 4 mesi potremmo fare un elenco da morir dal ridere sulle cose dette e contraddette nel breve volgere di un cambio di luna, non solo dai grillini. Di Maio ha definito Grillo «uno spirito libero», sembrando prendere le distanze, ma aggiungendo subito dopo: «La linea sull’Europa e sull’euro resta sempre quella: cambiare tutto».

La verità è che il Movimento punta diritto al voto e dopo aver usato per 50 giorni il linguaggio prudente e paludato di chi vuol formare un governo, adesso cambia registro per ritrovare i toni elettorali. E’una semplice operazione di ingegneria politica, preannunciata d’altro canto dallo stesso Di Maio, di nuovo da Vespa, pochi giorni fa, quando era tornato a parlare per la prima volta di «reddito di cittadinanza», parole che non aveva più tirato fuori dal 4 marzo, preferendo disquisire sulla lotta alla povertà o sugli aiuti ai più deboli, una terminologia più possibilista e più adatta al dialogo con altri partiti.

Il Movimento si rende conto che questa volta la competizione sarà soprattutto con la Lega, il partito sovranista per eccellenza che ha preso punti in Molise e stravinto in Friuli. Nell’estenuante trattativa dei due forni, Di Maio ha dimostrato che votare Salvini significa per forza di cose scegliere Berlusconi. Ma adesso sposta la lotta sul terreno del leader leghista, togliendogli il primo degli atout esclusivi. L’altro è quello dell’immigrazione. Vedrete che ci arriverà. Dal suo vocabolario, nella spina governo, aveva tolto pure l’abolizione di Equitalia, oltre all’euro. Tornerà tutto.

Anche perché Babbo Draghi sta per chiudere il suo mandato, e su quello scranno questa volta al posto di un salvagente si siederà un nostro nemico giurato, la Deutsche Bank, che ha già fatto preparare delle analisi per vedere che cosa la Germania ci rimetterebbe cacciando via Grecia, Italia e Portogallo. Quegli studi avrebbero risposto che ci guadagna. Ci rimetteremmo noi, perché avremmo la debolissima lira, ma dovremo pagare i debiti in euro. Significherebbe un default, in pratica. Se le cose stanno così, che potremmo fare? Ce ne andiamo noi o ci cacciano via loro. Perché anche se Fassino non ha ancora detto «facciano un referendum e poi vediamo», non ci sarebbe nemmeno bisogno di un sondaggio per capire chi vincerebbe.

Non è comunque per questo che Grillo ha fatto la sparata. E’ che probabilmente, dopo Friuli e Molise, la strategia elettorale prevede un cambio di marcia. Il Movimento ha due registri pronti per l’uso. Basta schiacciare il bottone. Andando al voto adesso, restano sul tavolo, invece, tutti gli atout dei grillini, perchè il Parlamento non avrà tempo per abolire i vitalizi e gli altri scandalosi privilegi della casta politica, alla faccia di tutti quelli che non arrivano alla fine del mese.

Naturalmente il signore che ha capito meno di tutti è Renzi, che già gongola invano: «Si sono resi conto di non avere i numeri per Palazzo Chigi e sbroccano. Sono tornati agli insulti e alle follie. Quando vedo certe capriole sono orgoglioso di aver contribuito a evitare l’accordo tra pd e Cinque Stelle». Dario Franceschini ha subito commentato che «è un’analisi superficiale e sbagliata. Proprio il fatto che tornino certi toni dimostra che facevamo bene ad accettare il dialogo». Ma Renzie (Grillo copyright) o Mister Bean, come lo hanno battezzato in Germania, prosegue imperterrito nella seconda fase della rottamazione: dopo aver rottamato quelli che non la pensavano come lui più dei vecchi arnesi della politica (D’Alema sì ma Fassino no, Civati che non è proprio un anziano sì, ma Chiamparino no) adesso punta a rottamare il pd. Operazione che potrebbe chiudersi già a breve con le elezioni anticipate.

Se no, non resta che aspettare un annetto o giù di lì. Il suo disegno prevede a quel punto la nascita di un partito alla Macron, fondato e guidato da lui ovviamente, che in Italia se raggiungesse il 3 per cento dovrebbe già brindare. In ogni caso, prepariamoci. Sparate a gogò, da adesso in poi. Vittorio Sgarbi ha sempre pronto il mandato al suo avvocato Giampaolo Cicconi per chiedere alla magistratura se Di Maio abbia conseguito regolarmente la licenza elementare e il diploma di scuola media. Berlusconi sceglierà ancora tra Hitler e Stalin per identificare i Cinque Stelle. Grillo è già tornato pure in pubblico: «Ho conosciuto l’ebete. Mi sono bastati 30 secondi... Ma come fai a portarti avanti uno così? Io l’ho capito in 30 secondi». Salvini abbasserà la flat tax al 10 per cento e prometterà qualche guerra ai barconi. Il pd spargerà i suoi voti in giro. E via con le battute che lasciano il tempo che trovano. Come quella di Di Battista: «L’ho già detto, è più difficile fare il sindaco di Roma che il presidente del Consiglio». Difatti. Per adesso non riesce a farlo nessuno.  

 

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno, giornalista e scrittore    
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