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[Il retroscena] Reddito di dignità e bollette pagate dallo Stato. Ecco come Berlusconi vuole conquistare i poveri

Il Cavaliere ha deciso di affrontare la questione povertà e di trasformarla in un corposo inserto del programma del suo partito in vista delle elezioni di marzo. Il dossier è stato assegnato in tandem agli economisti del team di Renato Brunetta e oggetto di un confronto pure con gli imprenditori del Centro Studi del pensiero liberale di Francesco Ferri. Ecco svelati i cinque punti del suo programma

Paolo Emilio Russodi Paolo Emilio Russo   
Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi

"La partita ormai è tra noi e i Cinquestelle", ripete continuamente. Silvio Berlusconi sa bene che per vincere quella partita e per riportare il "suo" centrodestra più su, fino a percentuali competitive, dovrà andare a riprendersi uno per uno tutti i voti che, negli anni, ha perso proprio in favore del Movimento fondato da Beppe Grillo. Il match non può che giocarsi sui temi cari agli "antagonisti", anche a costo di sfidarli in casa, come, per esempio, sulla povertà.

Il ricco tycoon ci sta ragionando sin da luglio, dopo che Alessandra Ghisleri gli ha profilato gli elettori del M5s e spiegato che Forza Italia si è giocata molta parte di  quei "15 milioni e 170mila poveri" che ha citato in tutti gli interventi pubblici delle ultime settimane, ad Ischia, come dai Giovani industriali a Capri o a Palermo. Lo ammise anche in tv, ospite di Lilli Gruber: "Capisco che quei 15 milioni e 170mila italiani che sono poveri e quei 4 milioni 770 mila che sono nella povertà assoluta vedano la proposta del  reddito di cittadinanza presentata dai Cinquestelle, che si propone di dare loro partendo da 0 un reddito completo, e votino i Cinquestelle anche solo per questo". 

Ecco perchè, da un punto di vista diverso - liberale - il Cavaliere ha deciso di affrontare la questione povertà e di trasformarla in un corposo inserto  del programma del suo partito in vista delle elezioni di marzo. Il dossier è stato assegnato in tandem agli economisti del team di Renato Brunetta e oggetto di un confronto pure con gli imprenditori del Centro Studi del pensiero liberale di Francesco Ferri.  Il risultato è un capitolo che traccia il "Piano per la lotta alla povertà" in cinque diversi paragrafi, sul quale l'ex premier intende puntare nei prossimi mesi, quando tornerà in tv per la "volata finale". 

Il primo corno della proposta sarà l' "Imposta negativa sul reddito", che il leader di Fi ha citato anche nella sua (lunga) intervista a Maurizio Costanzo. Si tratta di una misura che, chiamata in origine "Negative income tax" fu ideata dall'economista liberista Milton Friedman e poi studiata in Italia da un altro dei fondatori del suo partito, Antonio Martino. Prevede in sintesi un sistema progressivo di tassazione dei redditi che, sotto una certa somma, trasforma i debiti in crediti: invece che pagare, si ricevono soldi dallo Stato.

E' un sussidio come l'altro, insomma,  che però non  va a sostituire il reddito, ma ad integrarlo fino ad una soglia "di dignità" stabilita e che, secondo gli azzurri, dovrebbe essere di "1.155 euro che per una famiglia composta da quattro persone, 2 genitori e 2 figli". Questa misura, a sentire lui, è "perfettamente sostenibile", mentre la proposta grillina no, "perché i conti che molti hanno fatto indicano che costerebbe una cifra di 130 miliardi che il bilancio italiano non potrebbe sopportare". 

La differenza tra reddito minimo e imposta negativa sul reddito c'è, anche se si vede poco. Disse Brunetta, anticipando i contenuti di quel lavoro, qualche mese fa: "Noi non siamo per il reddito di cittadinanza, cioè dare "il pesce", noi vogliamo dare "la canna da pesca", cioè avere un rapporto uno a uno con tutte le persone che hanno bisogno". Questo "rapporto" dovrebbe passare - almeno stando al piano - anche per il "Banco del cibo", il "Banco del welfare", il "Banco del lavoro" e, infine, per il ritorno della vecchia "Social card". 

Lo strumento più innovativo è il primo. Si tratta di "potenziare le norme esistenti" che consentono "sgravi fiscali" ed "esenzione Iva sui prodotti donati" fino alla "deduzione fiscale del valore dei beni donati dal reddito complessivo". Chi ha molti soldi o una attività imprenditoriale, dunque, potrebbe fare donazioni a costo "zero", cioè scaricando totalmente quella cifra con la dichiarazione dei redditi. Lo stesso paragrafo del programma contiene non solo l'aumento degli stanziamenti per le associazioni che distribuiscono cibo a chi non ne ha, ma anche "convenzioni obbligatorie" tra supermercati e gruppi di volontariato ai quali destinare alimenti in eccedenza, in scadenza o non più vendibili. 

Il "Banco del welfare", che costerebbe circa 1,5 miliardi di euro, prevede sostegni per i progetti di co-housing e il subentro dello Stato nel pagamento delle bollette, mutui e affitto per sei mesi, in caso di problemi economici gravi. Il "Banco del lavoro", quotato sei miliardi di euro, consiste in "incentivi monetari per i datori di lavoro che procurano una occasione lavorativa di almeno 3 mesi ai disoccupati che lo richiedono, previa verifica delle condizioni di reddito, che deve essere inferiore a 6.788,00 euro all’anno". 

L'ultimo paragrafo del programma contro la povertà - che qualcuno tra Arcore e Palazzo Grazioli vorrebbe battezzare "Piano Marshall" - rispolvera la vecchia idea della "Social card", che fu creata quando a via Venti Settembre "regnava" Giulio Tremonti. Funziona come una carta di credito, è anonima, e può essere richiesta negli uffici postali da tutti "gli over 65, le famiglie con figli  fino a 3 anni di età che abbiano un reddito Isee fino a 6.000€, non più di una casa di proprietà e di un’automobile" e consente di avere "una serie di sconti e convenzioni commerciali", ma, soprattutto, di avere una piccola somma in denaro da spendere. Quanto? Ottanta euro. Cioè la stessa cifra del bonus introdotto da Matteo Renzi, ma, in questo caso, a cadenza bimestrale. 

Paolo Emilio Russodi Paolo Emilio Russo   
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