[Il retroscena] Di Maio ministro degli esteri, Salvini agli interni e il rebus del premier terzo. Ecco il governo Lega-M5S

Dopo la dichiarazione di non belligeranza di Forza Italia, Salvini e Maio individuano i membri del futuro governo. Per Palazzo Chigi si ipotizza una staffetta dei due o si fanno i nomi di Giorgetti, Bongiorno o Giovannini. La Lega vuole al governo Fontana, Molteni della “legittima difesa” e un professore all’Economia. I grillini cercano di recuperare alcuni dei nomi della “famosa” lista

Di Maio e Salvini
Di Maio e Salvini

Il governo? “Ci stiamo lavorando”. Matteo Salvini dixit, a sessanta giorni e passa dal voto degli Italiani. Così ha risposto serafico, non a Mattarella ma alla domanda di un tifoso rossonero nell’intervallo della finale di Coppa Italia tra Juventus e Milan alla quale ha assistito con il figlio. Con lui c’era anche Giancarlo Giorgetti, il capogruppo leghista alla Camera, proprio l’uomo che per moltissime ore era stato segnalato come il candidato più accreditato per la poltrona di Palazzo Chigi.

Ministri tutti dai volti nuovi

Già, perché conquistata la “non ostilità” di Silvio Berlusconi ad un esecutivo sostenuto da Movimento 5 stelle e Lega, e create le condizioni politiche per farlo partire, i due giovani leader hanno adesso il problema di metterne in piedi uno. Essendo entrambi i partiti contraenti del “patto di governo” - anzi, del “contratto”, come piace dire a Gigino Di Maio - forze giovani o profondamente rinnovate, c’è da scommettere che i ministri saranno tutti - o quasi - delle new entries, volti sconosciuti al grande pubblico. Nell’ultimo incontro tra Di Maio e Salvini, ieri pomeriggio a Montecitorio, in effetti della composizione del governo non si è parlato.

Il nodo del premier

“Leggo una narrazione che dice che si è incagliata la trattativa. Ma la trattativa non è neanche iniziata”, ha messo le mani avanti il capo politico del M5S. Al centro del colloquio, invece, c’era stato il lavoro da compiere sui forzisti per ottenere l’astensione, le modalità con le quali procedere alla scrittura di un accordo di programma e, soprattutto, i criteri per individuare il premier. Tenendo conto, per la verità, che anche su questo l’ultima parola, secondo la Costituzione, spetterebbe al Capo dello Stato.

Salvini e Di Maio fuori dalla rosa

Tanto Salvini quanto Di Maio, dopo avere duellato per settimane per ottenere l’investitura, alla fine hanno accettato di fare “un passo indietro”, riconoscendo che nessuno dei due può essere in posizione preminente rispetto all’altro. Per questa ragione sono state prese in considerazione due diverse soluzioni. La prima è stata quella di proporre al Capo dello Stato una staffetta tra il leader leghista e quello pentastellato sul modello di quanto tentarono di fare Bettino Craxi e Ciriaco De Mita con il “Patto della Staffetta” siglato in un convento sull’Appia Antica nel 1983. Il precedente, però, non è benaugurante: la caduta del governo dell’allora segretario socialista, come è noto, sbarrò la strada al leader democristiano che avrebbe dovuto raccoglierne il testimone. Chi può garantire che il primo incaricato si dimetterà davvero per cedere il posto all’altro?

L’ipotesi Giorgetti

L’ipotesi di una guida in due tempi, inoltre, avrebbe fatto storcere il naso al Quirinale dove, dopo due mesi e 5 giorni di ammuina, ora chiedono “chiarezza”. Ecco perché fino a tarda notte l’esponente politico più accreditato per ottenere un incarico e il ruolo da regista della coalizione gialloverde (che qualcuno ha definito “giamaica”) era proprio Giorgetti. Vicesegretario della Lega, con una esperienza importante in campo economico maturata soprattutto da presidente della commissione Bilancio, è stato in ottimi rapporti con il Cavaliere, dal momento che un tempo accompagnava Umberto Bossi, Roberto Calderoli e Giulio Tremonti alle cene del lunedì di Arcore. Salvini, però, non sarebbe convintissimo. “Se il premier sarà leghista, dovremo rinunciare alla parità nel numero dei ministri”, calcola un fedelissimo del segretario. La “linea”, infatti, viene decisa a maggioranza dentro al Cdm e anche i numeri sono importanti. Meglio, allora, un tecnico o un semi-tecnico.

L’ipotesi Giulia Bongiorno

Per diverse ore tutti gli occhi sono stati puntati allora sull’avvocato Giulia Bongiorno. Avendo il Colle - con la grancassa dei giornali - creato delle attese tra gli italiani facendo trapelare l’idea di indicare il primo premier donna in Italia, lei, neo senatrice del Carroccio, si è rivelata una possibilità. Amica di Niccolò Ghedini, già difensore di Giulio Andreotti, dal giorno dopo le elezioni si è tenuta saggiamente lontana dalle polemiche forse proprio per questo scopo, tanto è vero che noi di Tiscali ne avevamo parlato.

Il nome di Giovannini e di Cottarelli

La terza ipotesi, più gradita ai Cinquestelle, è quella di Enrico Giovannini, ex ministro del Lavoro, che avrebbe il vantaggio di non essere considerato “in quota” di nessuno. L’ex commissario per la spending review, Carlo Cottarelli, avrebbe invece il pregio di uno standing internazionale importante e, per questa ragione, resta sempre sullo sfondo.

Viminale a Salvini, Farnesina a Di Maio

Tutte queste ipotesi contemplano un coinvolgimento diretto e pesante dei due giovani segretari dentro il governo, con ruoli speculari e molto visibili. Il segretario del Carroccio non ha mai nascosto il desiderio di diventare ministro dell’Interno, mentre per il capo politico pentastellato avrebbe il sogno segreto di approdare alla Farnesina come ministro degli Esteri. Anche per questo nei mesi scorsi ha provato a viaggiare per il mondo incontrando delegazioni di diversi Paesi e cercando di accreditare il Movimento e sé stesso nella City e nelle Cancellerie, tanto da smussare - o da rovesciare, a seconda delle interpretazioni -  le posizioni antieuropeiste dei Cinquestelle.

La promozione di Lorenzo Fontana

“Non pensate che tra 24 ore ci saranno i nomi della squadra di governo e il contratto. Ci vedremo con Salvini, ci sediamo attorno ad un tavolo, insieme indicheremo i punti fondamentali del contratto e poi decideremo la squadra”, ha frenato il deputato di Pomigliano d’Arco, rispondendo ad una domanda dei cronisti che lo hanno inseguito per tutto il giorno dentro il Palazzo di Montecitorio. Nei gruppi, però, si è già cominciato a ragionare su nomi ed identikit e alcuni punti fermi sembrano esserci. Uno è la promozione di Lorenzo Fontana, fedelissimo del segretario leghista e neo vicepresidente della Camera, o al ministero della Difesa o in un ruolo delicato come quello di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. I leghisti punterebbero anche su Nicola Molteni - il giovane avvocato di Cantù che ha fatto della battaglia per la legittima difesa uno dei temi forti della campagna elettorale della Lega -  per il ministero della Giustizia, e su Claudio Borghi Aquilini o Alberto Bagnai per il Tesoro. Quasi sicura la promozione di Gian Marco Centinaio, capogruppo della Lega al Senato, al ministero dei Beni Culturali, dopo un’esperienza come assessore alla Cultura del Comune di Pavia nella giunta guidata allora dal neo-collega deputato Alessandro Cattaneo. Lo stesso che fu al centro di una polemica quando, a metà giugno del 2017, protestando contro lo Ius Soli, agitandosi, finì addosso alla ministra Valeria Fedeli, che dovette ricorrere alle cure in infermeria. 

Un posto sicuro per Vincenzo Spadafora

I Cinquestelle offriranno invece un posto delicato a Vincenzo Spadafora, ascoltato consigliere del leader e uomo di grande esperienza amministrativa, e punterebbero a recuperare alcuni almeno dei “famosi” ministri che furono presentati tra le polemiche prima del 4 marzo. Difficile riescano a mettere piede nel governo Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, indicati rispettivamente ai Rapporti col Parlamento e alla Giustizia: il primo oggi è questore della Camera ed è stato incaricato di gestire il delicato dossier sui vitalizi mentre il ministero di via Arenula andrà quasi certamente ad un esponente del centrodestra. Potrebbero invece aspirare al posto che “sognano” da 70 giorni il preside Salvatore Giuliano (sic) all’Istruzione, il medico Armando Bertolazzi alla Sanità e, soprattutto, Andrea Roventini, docente di economia alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, che era stato indicato per l’Economia, e Pasquale Tridico - docente di Politica economica a Roma 3 - al Lavoro, in una postazione decisiva per mantenere fede alla promessa del reddito di cittadinanza. Se l’ex olimpionico Domenico Fioravanti, per il quale era stata prenotato il dicastero dello Sport, è scomparso dai radar, lo stesso non si può dire invece per Lorenzo Fioramonti. L’economista, indicato a suo tempo per lo Sviluppo Economico, è stato molto presente nel dibattito in queste prime - e inutili - settimane della legislatura. Riuscirà ad occupare la poltrona dove oggi ancora siede Carlo Calenda?

I dubbi dei Fratelli d’Italia

“In quanto tempo si può chiudere la squadra? Veloce, veloce. Le cose o partono bene e veloci o non partono. Se c’è accordo con Di Maio si parte bene, sennò si vota”, ha garantito Salvini quando ormai era notte. Ma c’è un altro elemento che dovrà essere considerato: la posizione di Fratelli d’Italia. Prenderanno dei ministeri? Ci sarà un coinvolgimento della leader o magari di Guido Crosetto, che in passato è già stato sottosegretario alla Difesa? Il partito di Giorgia Meloni era stato oggetto di un veto dei pentastellati e nei confronti del governo gialloverde sembra intenzionato a seguire la linea dell’astensione. Dentro il partito, però, molti vorrebbero andare all’opposizione, tenendo dunque un atteggiamento ancora più duro di quello di Berlusconi. E pensare che in un tempo non molto lontano Salvini e Meloni avevano una linea politica così sovrapponibile che, per un po’, avevano parlato di creare una lista unitaria con un profilo sovranista.  Insomma, per Di Maio, e ancora di più per Salvini, che, di fatto, ha iniziato la finale di una sua personale Coppa Italia con il resto del centrodestra, i nodi da sciogliere non mancano certamente. Con il segreto timore che la sfida possa finire, come per il suo Milan, con una clamorosa debacle.