Il rebus delle liste, a destra e a sinistra, mentre le due leader ancora non hanno deciso cosa fare
Gli staff di Meloni e Schlein trattano per l’annunciato duello tv prima che scatti la par condicio in tv. Forza Italia ha già pronti i manifesti. Torna in campo Renata Polverini. Il Pd nel caos rischia di perdere voti a sinistra. Analoga situazione nella Lega dove Salvini non sta proteggendo gli uscenti per fare posto a volti nuovi. Vannacci, ad esempio
La lunga campagna elettorale per le Europee - la più lunga di sempre, iniziata a settembre scorso - sta per finire. O, almeno, finisce la fase caotica dei “se” e dei “ma” e inizia quella con le liste fatte e i candidati pronti. Entro l’8-9 aprile scattano le regole della par condicio che condizioneranno tempi, qualità e contenuti dell’informazione tv rispetto a tutti i candidati. Entro il 5 maggio dovranno essere depositate le liste. La par condicio dovrebbe convincere premier e principale leader di opposizione a decidere se fare o meno il confronto in diretta tv e quindi se candidarsi o meno. A quel punto il “gioco” delle liste entrerà nell’ultimo miglio quando nulla potrà più essere modificato.
Pizzarotti e il pesce d’ aprile
Se a destra e a sinistra aspettano il pollice alzato delle rispettive leader, al centro la lista "Stati Uniti d’Europa”, sintesi di scopo tra + Europa e Italia viva, Socialisti e Volt è ormai cosa fatta. Anche qui si aspetta l’annuncio definitivo in settimana al netto di angherie varie di chi sta facendo di tutto per non far partire il progetto. A cominciare da quello di Federico Pizzarotti, ex sindaco di Parma, ex protetto di Grillo, poi cacciato dal Movimento - fu il primo, per via dell’inceneritore - che ieri sera, quando il primo aprile stava per finire, ha lanciato un post in cui vaneggiava trauma conferenza stampa di Emma Bonino con Giuseppe Conte per annunciava il nuovo sodalizio con Rocco Casalino capolista nella circoscrizione Centro. Pizzarotti, presidente di + Europa, molto vicino al segretario Magi, aveva un accordo con Calenda per essere capolista in un patto elettorale tra Azione e + Europa che non prevedeva però Renzi e Italia viva. Nel frattempo Calenda ha deciso di andare da solo. E per Pizzarotti diventa più difficile tornare in politica. E avere un lavoro.
Si tratta per il duello tv
Decisamente più complicata la situazione a destra e a sinistra. A cominciare dalla decisione delle due leader se candidarsi o meno. Si rincorrono le voci sull’annunciato duello tv ma ancora non sarebbe stata fissata una data.
Gli staff di Meloni e Schlein sono trattando perchè l’ideale sarebbe fare il duello tv prima dell’entrata in vigore della par condicio. Resta quindi una settimana. Mercoledì la commissione di Vigilanza Rai ascolterà l'Agcom sulla proposta di regolamento, che scatta a partire dall'indizione dei comizi elettorali, e che dovrebbe essere votato il 9 aprile. Una volta in vigore, le regole sulla pari visibilità di tutti i contendenti, complicherebbero, ragionano gli addetti ai lavori, il duello a due, anche perché si vota con il sistema proporzionale. Questa settimana intanto ci potrebbe essere un antipasto del confronto tra i leader, ma a distanza, nel salotto di Bruno Vespa su Rai 1 pronto ad ospitare Giuseppe Conte (martedì, confermato), poi Schlein e Meloni (rispettivamente mercoledì e giovedì, salvo cambi di agenda dell'ultima ora).
Decidere sul proprio destino aiuterebbe senza dubbio a risolvere anche il rebus delle liste e delle candidature che sono un rompicapo più per la leader dem che per la premier.
A sinistra del Pd
Elly Schlein ha problemi all’interno del partito e alla sua sinistra. Qui, al netto del Movimento 5 Stelle che è difficile visti gli anni al governo collocare a destra o a sinistra, , spunta l’ipotesi di un rientro in politica di Ignazio Marino. L’ex sindaco di Roma sarebbe candidato con l’Alleanza Verdi e Sinistra. Non avrebbe ancora preso una decisione ma l’ufficializzazione della corsa per l'Europarlamento potrebbe arrivare già in settimana. In Piemonte si dovrebbe candidare, sempre con Sinistra e Verdi, il suo ex capo di gabinetto, Roberto Tricarico. Un problema in più la concorrenza a sinistra per Schlein, che già deve mettere in conto i voti che potrà sottrarre la lista pacifista Santoro (sempre che riesca a raccogliere le firme) e la lista di scopo Stati Uniti di Europa. D’altra parte in Europa si vota con il proporzionale e i simboli devono essere rappresentati graficamente nelle liste se, alle elezioni successive, vogliono evitare di raccogliere le firme.
Il problema più grosso Elly Schlein lo ha sempre in casa. Con i 15 candidati uscenti dell’europarlamento che ambiscono ad essere ricandidati “visto il buon lavoro fatto in questi anni” e che sono pronti a rivendicare in un incontro con la segretaria. Il problema è che rischiano di non trovare posti sicuri in lista (i primi 3, massimo quattro) perchè la segretaria ha altri progetti in testa. Cioè molti nomi della società civile: i giornalisti Marco Tarquinio e Lucia Annunciata, Cecilia Strada, e altri nomi tenuti coperti messi addirittura capolista, e quindi sicuri di essere eletti, che tolgono posto agli uscenti. “Le liste non sono l’Isola dei famosi” affonda Pina Picierno che si è trovata il collegio “occupato da Marco Tarquinio” e con Lucia Annunziata già ufficializzata come capolista. Tarquinio che ha poco o nulla a che vedere con la linea di politica estera del Pd atlantista e filo Nato. E anche poco a che fare con le politiche sull’immigrazione e la sicurezza. E se Schlein candida un seppure bravo giornalista come Tarquinio, qualche sarà il messaggio che l’Italia manda in Europa? La questione è seria e non di poco conto. Non ci sono problemi di linea - ma solo problemi di posti - con altri nomi di peso del Pd e che legittimamente ambiscono ad essere candidati in posizioni sicure nelle cinque circoscrizione italiane per l’Europarlamento. Parliamo di sindaci molto popolari come Ricci (Pesaro) e Nardella (Firenze), Gori. Decaro è - per fortuna - già stato blindato capolista al sud. O di governatori come Bonaccini (presidente del Pd). Molti di loro sono nel collegio Centro che è pero super affollato da candidati blindati dalla segretaria come Bonafoni e Zingaretti. Un bel rebus che sarà in parte risolto quando Schlein deciderà del proprio destino. E’ chiaro che si candida non sarà solo per fare da traino ai voti, dovrà poi andare in Europa. E questo apre poi scenari ulteriori sul futuro della sua segreteria.
Anche Meloni nel suo piccolo…
Non ha questo problema Giorgia Meloni che è e resta premier. Le incognite, oltre alla sua presenza in lista che è stata valutata un 2% in più, sono legate alla rincorsa tra i suoi alleati, con Fi che potrebbe superare la Lega alle urne il 9 giugno. A impensierire non sono tanto i progetti di Antonio Tajani che sta lavorando per rafforzare il centro, costruendo una sorta di Ppe italiano con Maurizio Lupi ma anche con i civici di Claudio Scajola e con l’Svp. Da notare che Forza Italia ha già fatto sapere ai suoi chi sarà in lista e dove per dare più vantaggio in una campagna elettorale dove contano le preferenze. Da questo punto di vista si registra il ritorno in campo di una big come Renata Polverini che ha già fatto stampare manifesti e locandine. Ciò che Meloni teme di più sono le intemperanze di Matteo Salvini che non perde occasione di lanciare messaggi contro la commissione uscente, guidata da Ursula von der Leyen. La presidente è anche ufficialmente in campo per un bis, designata dai popolari come spitzenkandidat. Ma non vanno confusi, ripetono da Fdi, i buoni rapporti istituzionali tra Meloni e von der Leyen con il sostegno alla candidatura. Un sistema, peraltro, che non piace né a Id né a Ecr (la famiglia europea di Meloni), anche se una riflessione interna ancora non sarebbe stata affrontata (nel 2019 alla fine i conservatori indicarono il loro presidente, il ceco Jan Zahradil). Ma la partita vera, continuano a ripetere in casa Fdi, si aprirà dopo il 9 giugno, quando si peseranno i partiti in campo, a livello nazionale ed europeo. Prematuro insistere sulla richiesta di chiarire il sostegno o meno a von der Leyen e altrettanto prematuro, dicono i dirigenti meloniani, parlare ora di un rimpasto di governo. Se ci sarà un ministro chiamato a fare il commissario si libererà una casella. Se Daniela Santanché dovesse decidere di lasciare dopo un eventuale rinvio a giudizio, se ne libererebbe un'altra. Scenari ancora troppo ipotetici, il ragionamento delle prime file di Fdi. Intanto vediamo che fa Meloni: si candida o no? La domanda circola dal 4 gennaio. E’ passato fin troppo tempo.