Romanzo Quirinale, Pd in ordine sparso tra i no a Draghi e avanti con Draghi

Il segretario Letta spera ancora in Mattarella ma lavora su Giuliano Amato. In chiave, anche, anti Renzi. Bettini: “Il premier è il numero 1 ma deve tornare la politica”. La corrente di Franceschini: “Tutti tranne Draghi”. Base Riformista spera che il premier resti premier “ma da parte nostra nessun veto”. In attesa delle calza della Befana

Mario Draghi
Mario Draghi (Doto Ansa)

Visto che tutti parlavano a bordo campo ma nessuno toccava palla sul serio, Draghi ha deciso di iniziare la partita e ha detto come la vede lui: la legislatura deve andare avanti ed è in grado di farlo anche senza la guida di Draghi a palazzo Chigi; l’elezione del Capo dello Stato deve essere “veloce e con una maggioranza se possibile più larga di quella che sostiene il governo”; se la maggioranza si divide sul Capo dello Stato, Draghi ringrazia e se ne va. Per quello che lo riguarda, “sono un nonno al servizio delle istituzioni” e dopo aver servito il paese da palazzo Chigi, è il caso di farlo dal Quirinale. Per un mese, e anche più, lo hanno accusato di tacere rispetto al Fantacolle in scena ogni giorno su giornali, siti e talk tv. Ora che l’ha fatto, avviando almeno un momento di chiarezza e serietà nel dibattito, lo accusano di aver “esagerato” e di aver messo il “Parlamento con le spalle al muro”: o Draghi al colle o cercatevi comunque un altro premier. I malumori non mancano e i modi per esprimerli sono i più disparati. Un segnale all'ex presidente della Bce è arrivato anche dalla commissione Finanze della Camera che ieri ha deciso di non esprimere il parere richiesto sulla manovra. Troppo poco il tempo a disposizione, lamentano i deputati e il malcontento riguarda in modo trasversale tutte le forze di maggioranza.

Il Caimano al cubo

Abbiamo visto la reazione di Berlusconi. E’stato descritto come un “Caimano al cubo”, fermo sul suo Piano A (contare su 480 voti del centrodestra sicuri e su altri 100-150 in arrivo dal centrosinistra) convinto com’è di poter controllare il voto. Il Caimano parla anche di Piano B:se non dovesse andare, sarà comunque Berlusconi a mettere a disposizione il pacchetto di voti decisivo per l’elezione del tredicesimo Presidente della Repubblica. Chiudendo così una fase che va avanti dal 1999 e che ha visto il centrodestra per un motivo o per l’altro escluso dalla scelta per la più alta carica dello Stato. Adesso quindi, o a Berlusconi riesce il colpaccio (e possiamo immaginare che questa non sarà uno scenario che piace agli investitori internazionali) o comunque diventa regista dell’elezione. Anche questo , a bene vedere, potrebbe non spiacergli visto che sarebbe la prima volta da quando esiste la coalizione di centrodestra. Questione di giorni, il discorso di Mattarella di fine anno (anche qui ci si aspettano indizi chiari e definitivi) e la data di convocazione delle urne presidenziali (il presidente Fico la comunicherà il 4 gennaio). Poi Berlusconi potrebbe decidere di fare una sorta di discorso alla Nazione. Un videomessaggio chiarificatore. Il centrodestra comunque promette di restare “unito”. Non ha alternative.

Il Pd in ordine sparso, da Franceschini a Bettini e…

Chi invece va in ordine sparso è il Pd. Molti parlamentari sono rimasti “male” di tanta chiarezza da parte di Draghi. Di più: si sono sentiti “spiazzati” perchè così ci costringe a votare lui. Ci ha messo “davanti agli occhi le sue dimisisoni”. E poi chi guida il governo tra Pnrr e pandemia? Archiviato Natale e Santo Stefano si cominciano a capire meglio le posizioni. Pare che, ad esempio, il ministro della cultura Dario Franceschini si sia rivolto ai suoi (intesi come corrente, sempre molto forte nel Pd) ma non solo con un invito che per lui è anche un auspicio: “Mi raccomando, tutti (al Colle, ndr) tranne Draghi”. Invito che trova orecchie disponibili nei tanti peones dem che leggono il trasferimento do Draghi al Colle come una robusta avvisaglia di elezioni anticipate.
Tra i detrattori di Draghi, anche la composita area sinistra che fa riferimento al ministro Orlando e la piccola componente di Leu: non perdonano all’ex governatore della Bce di aver detronizzato Giuseppe Conte e di “tenere la politica sotto sequestro”. Prova ne è l’editoriale scritto su Il Foglio ieri mattina da Goffredo Bettini, il Richelieu delle segreteria Zingaretti e il teorizzatore di “o Conte o morte”. Secondo Bettini, per quanto la candidatura più forte sia quella di Draghi, c’è però un grosso problema politico da risolvere che paradossalmente proprio la candidatura di Berlusconi (“che non credo andrò a buon fine”) mette in evidenza. “A quel punto - si legge, cioè una vota archiviato il Berlusconi show - si aprirebbe uno spazio politico per una iniziativa dei partiti. La figura in campo più forte e naturale resterebbe quella di Mario Draghi”. Ma è chiaro che la sua non sarà mai una figura politica e “continuerà a togliere sovranità al conflitto politico”. Invece la politica (che ci ha portato al disastro in cui siamo) deve tornare protagonisti. Che fare dunque? Bettini indica la strada: “L’altra via possibile sarebbe uno scatto di volontà dei più importanti leader politici italiani per indicare una soluzione diversa da quella di Draghi, in grado di ottenere la maggioranza in parlamento”. E dare “garanzie” circa il bisogno di rappresentanza politica che tiene lontani dalle urne il 50 per cento degli elettori.Quindi non “una figura modesta in grado di tenere tutti uniti” bensì “un presidente che sia legato alla sua funzione costituzionale, che abbia spiccata esperienza e lungimiranza politica e intimo rispetto del sistema dei partiti”. Bettini dà un contentino a Renzi: “Ha ragione quando dice che la maggioranza per un presidente non deve per forza coincidere con la maggioranza dell’attuale governo”. Il suo editoriale è un gigantesco semaforo rosso alla candidatura di Draghi che pure resta il candidato più forte.

Più cauta la segreteria

Musica completamente diversa al Nazareno, dove da giorni gira un altro allarme ed un altro auspicio: tutti tranne Berlusconi. Il segretario del Pd, dopo aver dovuto fare marcia indietro sulla proposta di uscita dall’aula nel caso il leader di Forza Italia si candidasse, è pronto a fare fuoco e fiamme contro l’ex presidente del Consiglio, facendo soprattutto leva sui conclamati buoni rapporti con Giorgia Meloni. Letta ha convocato una riunione intorno al 14 gennaio. C’è chi dice che il segretario dem non abbia ancora del tutto abbandonato il suo piano originale: il mantenimento dello status quo. L’elezione del tredicesimo Presidente della Repubblica avverrà nella seconda metà di gennaio, mentre l’Italia sarà probabilmente al picco della quarta ondata. Non è possibile immaginare di fermare le macchine delle gestione della pandemia per un nuovo governo e il nuovo Capo dello Stato.

Si fa avanti Amato

Intanto dietro le ombre di Draghi e di Berlusconi, sta crescendo il peso di Giuliano Amato, che secondo alcuni parlamentari del Pd sarebbe la vera carta nascosta della famiglia Letta, cioè metterebbe d’accordo, lo zio Gianni ed il nipote Enrico. Il fu ‘dottor Sottile’ (all’epoca di Craxi) fu già presidente della Repubblica per un giorno, quando sette anni fa il suo nome venne proposto da un’inedita coppia, Berlusconi e Bersani, provocando l’ira dell’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, che così escogitò la candidatura di Sergio Mattarella. È anche in chiave anti Matteo Renzi, che il nome di Amato, ha iniziato a girare nel Pd con una certa insistenza. Tra i renziani comincia a farsi insistente l'ennesima previsione: "Nel giro di qualche giorno - azzarda un senatore - Matteo lancerà ufficialmente la candidatura di Draghi. I tanti sopraccigli alzati lo ingolosiscono, vorrà la regia della parte più difficile: Draghi al Colle e mettere su un accordo di legislatura”. Del resto, viene fatto notare, in troppi hanno già dato per scontato che la Lega sarebbe già fuori dal nuovo esecutivo: "tutto sta nel dettaglio della possibile formazione - è il commento tranchant - non esistono governi fotocopia”. Base Riformista, che del Pd è un pezzo importante, “non entrerà mai in polemica con Draghi ma è chiaro che lo preferiremmo a palazzo Chigi. La legislatura deve arrivare fino in fondo tra le altre cose anche per fare una nuova legge elettorale”. Il proporzionale sta riprendendo spazio.

Il ruolo di Salvini

Già, la Lega. Salvini si sta dando molto da fare per rivestire i panni del mediatore, del politico serio che sta lavorando per l’unità (che era astato anche l’auspicio di Mattarella). I contatti con Renzi sono quotidiani. L’altra notte, alle due mezzo del mattino, li hanno fotografati in piedi in mezzo all’aula del Senato che parlavano preoccupati. Erano in corso il voto di fiducia sulla manovra. Roberto Calderoli, stratega leghista dei giochi parlamentari, non esclude del tutto che alla fine l'ex cavaliere possa farcela. “La calza della Befana porterà un nome e da lì ci muoveremo” dice pragmatico. E aggiunge: “Se il centrodestra decide di puntare su Berlusconi il colpo può uscire alla quarta votazione. Se sarà lui il candidato, tenteremo qualunque strada per arrivare all’elezione”. La pensa diversamente Umberto Bossi: “Volete sapere come andrà a finire? Dovrebbe farcela Casini”azzarda. I leader politici sono davanti ad un bivio: assecondare la volontà di fatto manifestata da Draghi o provare in un qualche modo a sfidarlo, arrivando a una candidatura unitaria che non sia lui. Vediamo cosa porterà la calza della Befana.