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Un altro spoglio inutile, il quarto. Sale Mattarella, tramontano Casini e Belloni, spunta Frattini ma dura una notte

Continuano serrate le trattative tra i partiti e all'interno delle coalizioni. Tutti sforzi che al momento portano allo stallo al muro contro muro. Oggi si replica

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Voto Colle
Foto Ansa

Un'altra fumata nera, la quarta, l’ennesima, arriva in un clima di caos e incertezza crescente, mentre continuano serrate le trattative tra i partiti e all'interno delle coalizioni. Tutti sforzi che al momento portano allo stallo al muro contro muro. Questo è però il duro responso dell'Aula: l'attuale Capo dello Stato Sergio Mattarella sale dai 125 voti di ieri a quota 166 (lo votano i 5S anti-Conte, i pro-Mattarella pentastellati di sempre, 10 del Pd). Nino di Matteo, candidato da Alternativa c'e' e dagli ex M5s prende il posto del giurista Maddalena, ottenendo 56 voti (cioè 16 in più di quelli che aveva Maddalena sulla carta). Otto voti per Luigi Manconi (vengono da SI-Verdi), 6 vanno alla ministra Cartabia (sono quelli di Azione-+Europa), 5 al premier Mario Draghi, 4 ad Amato (vengono dal Psi), 3 a Casini e 2 a Belloni. Le nulle sono state 5, i voti dispersi 20. Su 981 presenti, i votanti sono solo 540 perché gli astenuti sono 441, la gran parte del centrodestra.

Il centrosinistra (Pd, Leu e M5s) per il quarto scrutinio aveva dato nuovamente indicazione di votare scheda bianca. Stessa indicazione data anche da Iv ai suoi grandi elettori. Al termine dello spoglio, le schede bianche complessive sono 261. La somma dei grandi elettori di Pd (154), M5s (233) e Leu (18) è pari a 405 voti, più 6 di Cd per un totale di 413. Se si aggiungono i 44 grandi elettori di Iv, il totale è di 457. Dunque,mancano all'appello ben 196 schede bianche.
I voti dati a Sergio Mattarella sono 166: il centrodestra non ha partecipatoal voto, dunque questi 166 voti vanno ricondotti al centrosinistra o ai grandi elettori delle varie componenti delMisto, ma bisogna considerare che Alternativa piu' i noniscritti ad alcuna componente hanno votato per Nino Di Matteo,che ha ottenuto 56 voti; Azione per Cartabia (6 voti), Sinistra Italiana e Verdi per Luigi Manconi, con 8 voti. Hanno ottenuto voti anche Mario Draghi 5, e Giuliano Amato 4.

Salvini lancia Frattini, ma FI non ci sta, FdI nicchia

Venendo invece alla politica, con lo stop alla candidatura di Pier Ferdinando Casini, ieri è tramontata anche il nome della direttrice del Dis, Elisabetta Belloni, mentre su Franco Frattini si consuma l'ennesimo scontro all'interno della maggioranza. Rilanciato da Matteo Salvini, il nome dell'ex ministro degli Esteri del governo Berlusconi fa imbufalire il Pd e crea forte imbarazzo nell'ala dimaiana dei Cinque Stelle e la freddezza di FI ed FdI che la bocciano in tempo reale. Pare, alla fine, si converga sulla candidatura dell’ambasciatore Umberto Massolo. Sale pure il pressing anche sul nome di Draghi, che ha parlato con Silvio Berlusconi e visto Antonio Tajani, coordinatore azzurro, a Palazzo Chigi. Un colloquio "cordiale" dove però è stata ribadita la posizione di Forza Italia: "deve proseguire il suo lavoro alla guida del governo".

Insomma, dopo una notte di contatti sempre più intensi, malgrado le voci di una soluzione vicina, già di prima mattina si capisce che ieri non sarebbe stato il giorno giusto per fare il Presidente. Il centrodestra si riunisce alle 8,30. Arrivando alla riunione Matteo Salvini boccia con poche parole sia l'ipotesi Draghi, sia quella Casini, rimettendo indietro di molti giorni le lancette della trattativa. Poi, malgrado l'irritazione di Giorgia Meloni, si decide l'astensione di massa, pur di dare una prova di compattezza.
E' accaduto solo una volta nella storia, nel 1992. Esame superato con successo, visto che alla fine sui 455 i grandi elettori della coalizione, quasi tutti, 441, rifiutano la scheda, il che vuol dire però che ne mancano 15, specie centristi, non pochi. Sempre in mattinata l'ennesimo vertice Pd-M5s e Leu. "C'è bisogno - commenta il leader dem, Enrico Letta - che non ci sia nessun vincitore o dei vinti, bisogna che tutti si concorra a una soluzione senza vincitori e vinti, se non si esce da questa logica credo che non ci si riuscirà".
Ma sui nomi è ancora buio fitto, malgrado ormai il quorum sia sceso a 505. Durante tutta la chiama, si inseguono nei capannelli i rumors sulla candidatura di Elisabetta Belloni, data in forte crescita. E quello sull'eterno duello Draghi- Casini, con l'incognita di un possibile intervento a sorpresa del Cavaliere, che alla fine non arriva.In serata, oltre le 21, unaltro vertice del centrodestra, al termine di un'altra giornata di caos culminato anche dalla rottura plateale di un asse, quello tra Matteo Salvini e Matteo Renzi. Un tandem che tanti confidavano potesse essere quello risolutore. Una spaccatura non solo politica, ma anche quasi umano. Salvini non frena il suo ottimismo: "Il mio obiettivo è tenere unito il centrodestra e tenere unita la maggioranza. Confido che domani sia la giornata buona", assicura il leader leghista. Renzi invece ammonisce severo: "L'indecoroso show di chi ha scambiato l'elezione del Presidente della Repubblica con le audizioni di X Factor dimostra una sola cosa: bisogna far scegliere il Presidente direttamente ai cittadini. Stanno ridicolizzando il momento più alto della democrazia parlamentare.

M5s spaccato tra contiani e dimaniani

Quando, a sera, dopo che per ore gira il ballon d’essai che Salvini avrebbe sondato il prof. Sabino Cassese, si scopre che il leader della Lega sta ‘lavorando’ sull’ipotesi di portare l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini al Colle, il M5s, tanto per cambiare, si spacca. L’ala di Conte sembra propendere, come già è stato tre giorni fa, per una soluzione che – fanno sapere subito dal Pd – “farebbe esplodere, tutti insieme, il governo, la maggioranza e l’alleanza di centrosinistra”. L’ala vicina a Luigi Di Maio, invece, si mette le mani nei capelli. Pronti a ogni soluzione, ove il disegno di Salvini (e di Conte…) prendesse corpo e cioè quella della scissione, un minuto dopo l’elezione di Franco Frattini a Capo dello Stato. Tanto che la vice-ministra al Mef, Laura Castelli, senza mezzi termini, dice: "Usare il presidente Frattini, una carica istituzionale così autorevole, per spaccare la maggioranza di governo è un segno evidente che non c’è la volontà di trovare una soluzione per il Quirinale. Non possiamo spaccare la coalizione con il centrosinistra e salterebbe anche il governo”. Morale, salta tutto.
Ma i contiani non parlano, non reagiscono, il che, come atteggiamento, è più che sospetto. Certo, non erano previsti incontri e convocazioni di Grandi elettori, ma parlano solo i dimaiani… Si fa solo sapere che Conte – nella cui agenda c’è un ‘buco’ di almeno di cinque ore, nel pomeriggio - sta tenendo “incontri ad alti livelli e su tutti i fronti politici. Preme sull’acceleratore, è determinato e fiducioso sul nome condiviso” e si aggiunge che “l’obiettivo è una soluzione rapida”. Certo è che, se oggi, al quinto scrutino, verrà proposto il nome di Frattini, dal centrodestra, il Movimento potrebbe saltare come una polveriera.

La prova che i 5Stelle sono allo sbando è data dal fatto che, mentre assistono allo spoglio del quinto scrutinio, radunati a frotte davanti ai maxischermi del cortile d’onore di palazzo Montecitorio, contano le schede attribuite a Sergio Mattarella e se le dividono come la tunica di Cristo sotto il Calvario. I ‘dimaiani’ (30/40 i fedelissimi, fino a 70 il bacino) assicurano che sono voti contro Conte e di chi, come loro, vuole silurarlo contravvenendo alle indicazioni di partito (scheda bianca), come a far capire che, tra le 201 bianche mancanti all’appello e, soprattutto, tra i 166 voti per Mattarella si deve leggere, in controluce, la ‘ribellione’ dei gruppi parlamentari alla leadership di Conte. I ‘contiani’, che pare siano non più di una ventina, quelli veri, garantiscono, invece, che – avendo il Movimento dato libertà di scelta tra scheda bianca e libertà di coscienza – i voti per Mattarella, e anche quelli per Di Matteo (56) sono “voti in linea con la linea di Giuseppe”.

In realtà, nei voti per Di Matteo, oltre ai grillini fuoriusciti di l’Alternativa c’è (16) e altri del Misto (34), che già avevano votato Maddalena, ci sarebbero una ventina di voti dell’ala interna al Movimento che risponde a Di Battista, ma tant’è. Arduo sostenere, dunque, che Conte controlli i gruppi parlamentari M5s, ma è anche vero che, come spiega a un collega il deputato Riccardo Riccardi, vice di Conte ai vertici del M5s e molto ascoltato nel gruppo, “se c’è il Mattarella bis, Conte vince. Se non c’è Draghi al Colle, Conte vince. Se si arriva a un altro nome condiviso, Conte vince”. Di Maio, è il sotto-testo, perde. Certo è che la divisione interna, le due faglie, sono ormai così nette e divaricate che gli spin doctor non si fanno più remore, a colpi di polpette avvelenate. Se il centrodestra porta il nome di Frattini in aula, a prescindere dal risultato, il primo a uscirne con le ossa rotte sarà il M5s.

Dura la reazione di Renzi, fiacca quella del Pd

Quando il nome di Franco Frattini piomba – di nuovo, come già tre giorni fa, ma a sera tarda – come candidato del centrodestra per il Quirinale, al Nazareno hanno, in apparenza, i motori spenti. Nessuna convocazione dei Grandi elettori prevista. Nessun vertice dei ‘tre amigos’ (Letta-Conte-Speranza) in agenda, ieri, e c’è da capirlo. Conte gioca, pericolosamente, e di nuovo, con Salvini e, al Nazareno, hanno un diavolo per capello. Manca, però, un ‘caminetto’ dei big dem. Risulta, dopo che Letta ha eletto il Nazareno a sua war room da giorni, solo una veloce riunione del segretario con le due capogruppo, Malpezzi e Serracchiani, che si tiene sempre al Nazareno.
Poi, però, mangiata la foglia, l’ira di Letta tracima e, “profondamente irritato”, come viene descritto, sbotta così: “Ma basta con le provocazioni. Il Pd è un partito serio che non si presta a improvvisazioni raffazzonate, tanto più dopo giornate di giravolte e mancanza di chiarezza”.

Tanto per cambiare, però, in questi giorni il fuoco di sbarramento contro l’ipotesi Frattini parte dal nuovo alleato, “l’amico ritrovato” Matteo Renzi. Il leader di Iv, senza nominare apertamente Frattini, rilascia una dichiarazione durissima durante una diretta con la sua ‘adio Leopolda’: “L'indecoroso show di chi ha scambiato l'elezione del Presidente della Repubblica con le audizioni di X Factor dimostra una sola cosa: bisogna far scegliere il Presidente direttamente ai cittadini. Stanno ridicolizzando il momento più alto della democrazia parlamentare”. Renzi ce l’ha con il centrodestra, con Salvini in particolare, e con chi – come l’ala contiana dei 5s – gli tiene bordone: Qui siamo alla follia, sono quattro giorni che stiamo votando senza una logica”. Sono sconvolto. Domani (oggi, ndr.) speriamo sia un altro giorno, speriamo anche per il centrodestra”.

Inviperito per l’ormai definitivo affondamento della candidatura di Casini – che, l’altra notte, era a un passo dal Quirinale, sponsorizzato da lui, con l’accordo del Pd e FI, stoppato da Lega e FdI, con la sponda interessata dei 5s – Renzi fa ‘muro’ su Frattini e una candidatura di rottura, di parte, che oggi potrebbe provocare lo scontro all’ultimo sangue, oltre che all’ultimo voto, in aula. E, come tre giorni fa, quando l’asse Renzi-Letta aveva stoppato la candidatura di Frattini, partorita da un altro inedito asse, quello tra Salvini e Conte, è Iv (e Renzi) che fa il lavoro sporco, poi il Pd segue. La prima dichiarazione che esce dal Nazareno è fiacca, non pugnace e a gamba tesa come quelle, fioccate a batteria, di tre giorni fa, che mettevano nel mirino le fin troppo pericolose relazioni e amicizie ‘filo-russe’ dell’azzurro Franco Frattini, da poco nominato a capo del Consiglio di Stato, per stoppare la prima operazione Salvini-Conte.
Poi si cambia registro, parla Letta, ma dopo le due capogruppo per ribadire la posizione dei dem cioè limitamdosi a: non risponde al profilo giusto. Debora Serracchiani dice: “Siamo tornati al punto di partenza? Noi abbiamo già espresso le nostre perplessità” (eufemismo per indicare contrarietà). Simona Malpezzi aggiunge: “Salvini continua a lanciare nomi ma non si confronta mai con noi”. Il coordinatore dei sindaci dem, Matteo Ricci, osa qualche parola in più: “bluff o sciatteria politica? Chi voterebbe una proposta che fa cadere il governo e finire la legislatura un minuto dopo?”. Ma Ricci potrebbe avere torto e Frattini passare. Se il centrodestra resta compatto (455 voti sulla carta) bastano 60 voti dei 5Stelle, per farcela. Certo, se quei voti arrivano da lì, oltre al governo e alla legislatura, salta pure l’intero centrosinistra, l’alleanza giallorossa. Ma al Pd preferiscono non fasciarsi la testa e affrontare un guaio per volta. Oggi si vota, in aula, e il centrosinistra dirà no, a Frattini, se sarà proposto, ma senza i 5s, Pd-Leu-Iv hanno solo 221 voti. Frattini potrebbe passare.

Mattarella resta silenzioso (e assai seccato…)

Ma al Colle, cosa si dice, invece? Assai seccati da chi – come il giornale Open di Enrico Mentana – ha scritto che “diverse telefonate dei consiglieri del Colle sarebbero partiti verso vari leader politici di centrodestra come di centrosinistra” (i quali consiglieri hanno fatto gli ‘scatoloni’ pure loro, proprio come il loro dante causa), si smentisce nel modo più assoluto che il Presidente abbia avuto da dire o da commentare o trapelare sui voti presi o su eventuali, fantomatici, colloqui.
 Insomma, massimo riserbo dal Colle e silenzio assoluto da parte di Sergio Mattarella che assolutamente non intende "interferire" sulle dinamiche parlamentari per l'elezione del suo successore. Il problema è che il suo staff è stato tempestato di richieste di commenti dopo che ieri il nome dell'attuale capodello Stato è stato letto dal presidente della Camera, RobertoFico, nell'aula di Montecitorio, e per ben 166 volte. Si tratta di un segnale per la politica, un messaggio trasversale che scuote gli schieramenti e che molti leggono come una spinta a pensare seriamente a Mario Draghi mentre altri pensano a una ‘opa’ amichevole dei parlamentari, specie i peones, per convincere l’amico Sergio a restare dove si trova. Non è un segreto che Sergio Mattarella abbia la massima stima del premier che ha voluto mettere a palazzo Chigi con una maggioranza vastissima per tenere a galla il Paese durante la fase più buia dell'epidemia con l'obiettivo di portare a casa il
Piano nazionale di resilienza e ripresa, cioè oltre 200 miliardi di euro. Non ci vuole molto a ragionare di conseguenza e pensare che, per Mattarella, Draghi sia una garanzia ovunque, anche per il Quirinale. Naturalmente il capo dello Stato osserva da lontano tanto che dal suo staff sottolineano come il presidente in questi giorni non abbia contatti di nessun tipo con nessuno. Mentre impazzano nomi di ogni tipo e tutti durano meno di 24 ore, l'unica certezza che esce dal pallottoliere di Montecitorio è, però, quanto Sergio Mattarella rappresenti la pancia del Parlamento e quanto sia forte il suo gradimento nel Paese. Anche oggi nessuno al Colle può ignorare la realtà e quei voti che crescono e che indicano qualcosa di più di un sentimento di riconoscenza.
Ma resta quel "No" al bis pronunciato più e più volte da Mattarella. Un "No" motivato con serissime perplessità costituzionali ma che pure, nonostante il diniego del presidente stesso, si scontra con l'assenza di una norma che possa impedire la rielezione. Ed allora ecco che quei 166 voti di oggi vengono letti al microscopio, analizzati e sezionati, per capire quantosia profonda la resistenza di Mattarella. Chi prova a chiedere al Quirinale cosa servirebbe al presidente per rinunciare alla casa appena presa in affitto a Roma trova un muro. Riparliamone quando ci saranno i voti di Salvini e della Meloni, è la risposta che chiude il discorso. Ma il "partito pro Mattarella" esiste, cresce e fa riflettere anche dentro quei partiti che vorrebbero essere protagonisti di una scelta, che vorrebbero intestarsi un nome. Ecco perché il "partito pro Mattarella", in assenza ancora domani di un candidato da votare, potrebbe diventare ingombrante anche nel centrodestra.
E, inevitabilmente, far riflettere meglio se non sia il caso di puntare su quel premier che Mattarella tanto stima. Oppure se, appunto, andare tutti in ginocchio dal Presidente e implorarlo di restare. Due le condizioni decisive e basilari, per lui, però e sono queste: 1) tutti glielo devono chiedere, ‘almeno’ tutti i partiti della maggioranza di governo e del ‘perimetro’ che la delimita, leader in testa (Salvini su tutti), anche se la Meloni potrebbe, in questo caso, essere esclusa dal novero, pur se non dovrebbe opporsi con foga; 2) si devono ancora ‘bruciare’, nell’urna – e non sui giornali – i candidati ‘veri’, come accadde nel 2013 con Marini e Prodi, affossati entrambi in rapida successione, altrimenti le dimissioni sono e resteranno irrevocabili. Senza dire del fatto che l’ultimo giorno dei suoi ‘primi’ sette anni si avvicina pericolosamente, il 3 febbraio. Dal 4 febbraio scatterebbe un inedito assoluto, la prorogatio dei poteri del Presidente della Repubblica. E lì si che si entra in terra incognita.

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
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