L'aggregatore e il rottamatore: Prodi e Renzi, dialogo avviato per la costruzione del nuovo centro-sinistra
Il "Professore" ha incontrato il segretario dem assicurandogli di non avere ambizioni di leadership con Pisapia. Ma si è messo a disposizione per facilitare l'avvicinamento fra Pd e Campo Progressista.

E alla fine la montagna è andata da Maometto. Anche se nel gioco delle parti è difficile dire chi giochi quale ruolo, trattandosi di due veri e propri "big" del centro sinistra italiano. Uno è Romano Prodi, il fondatore dell'Ulivo, il grande aggregatore che alla metà degli anni novanta era riuscito a far convivere sotto lo stesso cappello forze riformiste di ispirazione socialdemocratica, cattolica e liberale fino alla nascita del Partito Democratico. L'altro è il segretario dem Matteo Renzi, il rottamatore brillante, ma divisivo, che è riuscito a spostare l'asse del partito al centro perdendo man mano per strada l'ala sinistra, fino all'addio degli "scissionisti". E che ora, visti i malumori che suscita l'idea di un Nazareno 2, deve riequilibrare la rotta con una nuova copertura a sinistra.
Renzi e Prodi si sono visti ieri mattina, a casa di un comune amico che per l'occasione ha messo a disposizione la sua abitazione nel quartiere Prati: Arturo Parisi. Ma a meno di 24 ore, la notizia dell'incontro ha iniziato a circolare con insistenza, filtrata dalla cerchia ristretta del professore. Un colloquio postitivo, assicurano, in cui Prodi ha rassicurato il segretario Pd di non avere velleità di leadership o di governo dopo l'endorsement di Giuliano Pisapia, che martedì in un'intervista aveva affermato di vedere il professore come candidato ideale per il centro sinistra alle politiche del 2018. "Ci metterei la firma", aveva detto il leader di Campo Progressista, ed in quel momento al Nazareno qualcuno deve aver fatto un balzo sulla sedia: perchè lo schema Prodi-Pisapia potrebbe davvero far crollare il castello di carte costruito con pazienza dal segretario dem, che prevede, oltre alla riconferma della leadership renziana, anche lo sbarramento a sinistra su Mdp.
Prodi dunque ha tranquillizzato Renzi: non sarà il frontman di Pisapia, ma si metterà a disposizione, con tutto il peso della sua autorevolezza, per facilitare l'avvicinamento fra Campo Progressista e Pd. Ancora una volta il professore farà quello che sa fare meglio, il federatore di idealità e di progetti, che presentano punti di contiguità ma anche di grande distanza. Un paletto però l'ha messo anche lui: lo schema dovrà essere chiaramente bipolare. Nessuno spazio per alleanze con Berlusconi.
Sarà pronto Renzi a rinunciare alla tentazione del Partito della Nazione, pervicacemente inseguita negli ultimi anni e riemersa dopo la batosta del referendum nell'ipotesi proporzionalilsta dell'alleanza dei "responsabili" contro le forze "antisistema" (laddove i responsabili comprendono sempre Verdini e Berlusconi)? Saprà il leader Pd accettare il ruolo di unus inter pares, all'interno di una coalizione di centro-sinistra (più sinistra che centro) in cui tutte le sigle partecipino con eguale dignità alla costruzione di un progetto comune? E in uno schema di coalizione, saprà accettare -lui che dopo Blair vedeva Macron come suo alter-ego e che leggeva nella vittoria francese il segnale di un ritorno trionfale a palazzo Chigi- l'idea delle primarie di coalizione avanzata da Pisapia? In sintesi: saprà correre il rischio di non essere necessariamente lui il candidato naturale del centro-sinistra alle prossime poltiche?
Questo dunque è lo spazio in cui si muove l'ipotesi di costruzione del nuovo centro-sinistra. Fa bene Il Punto di Stefano Folli a sottolineare, su Repubblica, come all'ingombrante figura di Renzi la coalizione nascente preferirebbe sostituire il più rassicurante Gentiloni, attuale presidente del Consiglio. Il dialogo è appena all'inizio dunque, e non mancano gli ostacoli lungo il percorso. Renzi tenterà in ogni modo di trovare l'accordo magari offrendo al raggruppamento di Pisapia la garanzia di un riconoscimento nei ruoli di governo ma senza cedere la leadership. C'è da giurare però che Prodi, se conferma il suo impegno, non rinuncerà a dare la sua "impronta" alla creatura che sta nascendo.