Il Pd va al congresso e si scanna al suo interno. Le famose regole con cui vuole fermare Bonaccini
E’ tutto meraviglioso, compreso il fatto che, nel frattempo, il governo Meloni e persino tutte le altre opposizioni macinano posizioni e consensi
Ecce congressum! Il nuovo segretario del Pd sarà eletto dalle primarie, il 12 marzo 2023. In mezzo, un lungo percorso di quattro mesi e mezzo aperto a chi vorrà iscriversi fin alla soglia delle primarie, cioè in pratica ‘alla qualsiasi’. Una scelta mai fatta e che – dicono i maligni – serve a ‘fermare’ la scalata ‘ostile’ di Bonaccini al Pd, scalata che tanti big dem vogliono scongiurare.
Ma se la mediazione di Enrico Letta, che sarà “arbitro nel congresso”, “guida nell’opposizione”, è passata, non è stato all'unanimità, però, stavolta, tra astensioni, voti in dissenso, sotto forma di non partecipazione al voto (Orfini) e contrari. “E’ stata una discussione franca”, dicono tutti, il che vuol dire che sono volati gli stracci. Tra chi spingeva per anticipare, e tanto, i tempi, specie Bonaccini e l’area di Guerini e chi (Provenzano, Orlando, la sinistra) ha chiesto, nella Direzione di ieri, tempi adeguati per una discussione ‘vera’. Cioè, tempi ‘lunghi’ (almeno sei mesi, era l’idea) che, però, al giorno d’oggi, diventano ‘biblici’.
Un confronto, dunque, duro che preannuncia già la disposizione delle forze in campo quando si presenteranno i vari candidati e mozioni. ‘Destra’ (Bonaccini, spalleggiato da Guerini) riformista, e più sensibile alle sirene del Terzo Polo e moderati contro ‘sinistra’ (tutti gli altri, dalla sinistra in giù), che invece si sentono molto più ‘attratti’ dalle ‘sirene’ di Conte e dei 5Stelle, ex ‘campo largo’, diventato sempre più ‘stretto’, ma tant’è. Più due outsider (Matteo Ricci e la De Micheli) che cercheranno di ‘disturbare i manovratori’.
Le ‘alternative’: destra contro sinistra interna
Bonaccini, che presto si lancerà in via definitiva, ben più, cioè, di quanto abbia fatto fino ad oggi, ha fatto capire che avrebbe voluto un percorso più rapido: “Al di là delle diverse posizioni, è cosa buona e saggia trovare un accordo su regole e percorso. Stiamo attenti a non rimanere appesi all'immagine del 25 settembre, però, perché questa è l'impressione. E a non fare di questa fase costituente uno spazio di discussione filosofica sul senso della sinistra e della vita mentre gli altri governano”. Appunto, come dargli torto? Parole sante e puntute, le sue, in replica a chi, da Provenzano a Orlando, vuole una discussione vera e dice: “Se stiamo solo provando a fare un restyling di quello che c'è, non è sufficiente”. Tra ‘tempi brevi’ e ‘tempi lunghi’, Letta – il quale, però, propende per i secondi contro il primo – ha salomonicamente deciso per i soliti ‘tempi medi’.
Le critiche di Orfini e Zanda all’attuale assetto
Ma pure il ‘lavoro’ d'opposizione è finito nel mirino, con critiche dure, come Matteo Orfini: “In aula siamo andati male perché non abbiamo saputo leggere bene il cambio di fase e nemmeno il rapporto con le altre opposizioni “che puntano a spolparci. Va bene attaccare il Terzo Polo e la sua ambiguità, ma è assurdo non rispondere ai 5S, all’ipocrisia trasformista mostrata da Conte”.
Rincara la dose l’ex capogruppo Luigi Zanda: “il Pd deve rispondere colpo su colpo alle provocazioni di Conte come di Renzi”. Sul punto si esercita, però, e parla anche Bonaccini: “Le ragioni per cui il Pd è nato ci sono tutte, ma per la prima volta abbiamo, alla nostra destra e alla nostra sinistra, tra le opposizioni, due alternative possibili, entrambe legittime. Il Pd non ha un futuro scontato. Serve metterci in moto subito”, avverte, paventando il rischio ‘estinzione’. Modello, cioè, Psf francese, ormai diventato il vero mantra, sotto forma di incubo, del Pd attuale.
Le famose ‘regole’, ma hanno ‘il barbatrucco’, con cui la Sinistra vuole ‘fermare’ Bonaccini
E le famose regole, quelle che tanto piacciono a un partito ‘leguleio’ per definizione come il Pd? Dal 7 novembre ci si potrà iscrivere alla piattaforma congressuale, poi si terrà l'Assemblea nazionale (unico organo deputato, per Statuto, a indire il congresso e a ‘sciogliere’ gli organi fin qui avuti, quelli ‘dirigenti’), a metà novembre, che dovrebbe sciogliere anche alcuni nodi procedurali: chi redige il Manifesto dei valori, come saranno le mozioni, il manifesto, chi deve redigerle, come, se ci sarà un congresso solo per candidati o, anche, per mozioni legate a essi...
E, soprattutto, il nodo dell'apertura all’esterno: il sospetto è che le nuove ‘regole’ – decise, in buona sostanza, da Letta stesso, con l’accordo dei big- servano a portare dentro solo pezzi di gruppi dirigenti (come Articolo Uno) per ‘aiutare’ non certo Bonaccini, ma il suo (futuro) avversario che, al momento, sembra che sia e sarà il sindaco di Firenze, Dario Nardella (ex renziano, ormai pure ex di Base riformista, in via di avvicinamento alla sinistra interna) che, forse, correrà in tandem con la ‘pasionaria’ della sinistra-sinistra, nonché italo-svizzera-americana, nonché lesbica dichiarata, nonché ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna, la deputata Elly Schlein, o forse no. In ogni caso, la ‘sinistra’ (interna) è alla disperata ricerca di un candidato/a da contrapporre a Bonaccini, considerato il ‘vero’ latore di tutti i mali, ‘cavallo di Troia’ del riformismo, ma soprattutto del renzismo, che – secondo loro – vorrebbe fare del Pd una sorta di ‘mega Italia Viva’, un partito succedaneo di tutti i moderatismi che, alla sinistra, fanno tanto schifo.
Il Pd gioca a rugby, non tira più di fioretto…
E qui tocca ricorrere al classico proverbio sapienziale popolare. “Fatta la legge (o, meglio, il regolamento), trovato l’inganno”. Il Pd si auto-conferisce, come del resto è giusto, le regole per andare al suo congresso anticipato. L’ultimo step, le primarie aperte, si terranno il 12 marzo 2023 (in mezzo, in pratica, oltre 5 mesi in cui, nel frattempo, il governo Meloni farà e disferà come meglio crede e piace quello che vuole, ma tant’è), e questo già è un (primo) risultato. Il problema, tanto per cambiare, sono le regole. Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, ormai in pista, ma che ha contro tutti gli altri maggiorenti dem, specie quelli della sinistra interna - i quali, però, ancora faticano a trovare un oppositore degno per tentare l’ardita impresa di batterlo - credeva che le ‘regole’ sarebbero state quelle della scherma (sport noto per la sua, insita, cavalleria), invece saranno quelle del rugby, sport maschio per eccellenza. Non che, si capisce, nel rugby non ci siano, le regole, ma insomma, la ‘mischia’ è sicura e il fango pure, ecco tutto. In pratica, tutti gli iscritti (al Pd), ma pure agli altri partiti ‘fratelli’ (Art. 1, Demos, Psi) della lista ‘Italia democratica e progressista’ che si è presentata alle ultime elezioni politiche, perdendole di brutto, potranno votare. Fino all’ultimo uomo e donna e fino, soprattutto, fino all’ultimo giorno.
Questa la prima, vera, novità. Il che è assai curioso. Da quando mondo è mondo, infatti, e cioè da quando il Pd esiste (2007), il tesseramento dell’anno solare in corso veniva ‘chiuso’ a far data un giorno e un mese preciso (di solito il novembre o il dicembre dell’anno stesso), proprio per evitare ‘inquinamenti’ dell’ultima ora.
Inoltre, se è vero che alla seconda fase, le cd. ‘primarie aperte’, per votare bastava dichiararsi elettori e/o simpatizzanti del Pd, pagando 5 euro, alla prima fase, le primarie ‘chiuse’, accedevano solo gli iscritti al ‘partitone’ (a data di cui sopra). Qui, invece, tutti (ma proprio tutti) possono iscriversi e partecipare, ove vengano folgorati sulla via di Damasco del ‘nuovo’ Pd. Evviva.
Peccato che questo sia un modo come un altro per ‘cammellare’ truppe, quelle degli anti-Bonaccini.
In più, ecco materializzarsi l’altra ‘regoletta’ di cui non si è accorto, in pratica, finora, nessuno. I congressi di ben quattro regioni (Lazio, Lombardia, Friuli, Molise) che, a marzo (o poco dopo o poco prima) andranno al voto per eleggere il proprio nuovo governatore vengono ‘sospesi’, ‘cristallizzati’ nel nulla eterno. Con la scusa che in quelle regioni si vota, ma per le regionali, i congressi locali, nelle medesime, non si fanno. Un modo come un altro per tenere, bene in sella, i dirigenti locali che, oggi, fanno capo ai vecchi big (Zingaretti in Lazio, la sinistra in Lombardia, ma pure nelle due piccole regioni Molise e Friuli) e non effettuare alcun ‘rinnovamento’ interno.
Altra norma ‘anti-Bonaccini’ che, soprattutto in Lazio e in Lombardia, di sicuro sposterà voti a favore del o dei suoi ‘competitor’ perché, come è evidente, i segretari regionali hanno sempre un qualche ‘potere’ di orientare i voti degli iscritti. Soprattutto in Lazio, ma anche in altre regioni.
Sempre che, s’intende, l‘anti-Bonaccini’ si trovi, che il tempo passa e i candidati, tranne quelli minori (De Micheli, Ricci, etc.) scarseggiano. Quel che resta del giorno. Il dibattito in Direzione: candidati pronti entro gennaio
Ma cosa resta dell’alato dibattito in Direzione? Primo passo, come si diceva, il 7 novembre, con "l'appello alla partecipazione". Per sapere chi saranno i candidati c'è tempo fino al 28 gennaio. Il 12 marzo (2023…) sarà scelto il vincitore, con le primarie aperte. La direzione del Pd ha approvato l'agenda del congresso per l'elezione del successore di Enrico Letta, che si è dimesso dopo la sconfitta elettorale alle Politiche, al termine di un confronto molto acceso sui tempi.
"Oggi, 28 ottobre 2022, cento anni dopo la marcia su Roma, comincia il percorso costituente del nuovo Pd", ha detto Letta nella relazione introduttiva, che è servita a tracciare le tappe del congresso e definire il rapporto con le altre opposizioni. Il Terzo polo, per il segretario dem, è ormai "una stampella della maggioranza" e il M5s, invece, vuol fare "il cavaliere solitario".
Comitato costituente e Manifesto dei Principi..
Per Letta, l'unico modo per mettere in difficoltà il governo resta il "lavoro comune" (che non c’è). Per questo, ha detto, "saremo sempre disponibili a coordinarci con le altre opposizioni, ma non a farci prendere in giro o a inseguire chi ha altre agende". Il congresso non servirà solo a scegliere il nuovo segretario. Ci sarà una fase costituente, aperta anche ai non iscritti, per definire "i valori fondanti, la missione, la forma partito e le modalità di organizzazione dell'attività politica, la proposta politica del nuovo Pd". Belle parole…
Mentre un Comitato costituente composto da personalità rappresentative del mondo del lavoro, della cultura, dell'associazionismo, delle amministrazioni locali avrà il compito di scrivere il Manifesto dei principi e dei valori fondanti del partito. Entro il 26 febbraio, gli iscritti al nuovo Pd sceglieranno chi sono i due candidati che quindici giorni dopo, si sfideranno alle primarie (aperte al voto anche dei non iscritti).
I candidati in campo e quelli ‘papabili’…
Che, poi, lo scontro sui tempi ha alle spalle anche il tema dei candidati, delle diverse esigenze tra chi ha già un cavallo su cui puntare e chi no. Per adesso, sono in campo il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, che sta compiendo un giro di ‘ascolto’ per molte città italiane, e l'ex ministra Paola De Micheli, che pure raggruppa forze. Mentre stanno riflettendo Bonaccini e il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Ma la strada è ancora lunga e le sorprese, di certo, non mancheranno.
Il congresso Pd potrà essere anche l'occasione per il "ritorno" degli esponenti di Articolo Uno, come Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani: "L'impianto - ha detto il coordinatore nazionale Arturo Scotto - ci consente di partecipare anche come Articolo Uno, in piena autonomia".
Letta ricorda la lezione del Pci: la lotta contro “gli opposti estremismi” (delle opposizioni…)
Letta, infine, annuncia che il Partito democratico è pronto a una opposizione "dura, intransigente e non consociativa" e che lo farà a prescindere da quanto decideranno gli altri partiti. Il leader dem lancia stoccate a destra e a manca: a Matteo Renzi come a Giuseppe Conte, Il primo accusato di fare "opposizione all'opposizione" e, dunque, "stampella del governo". Il secondo di voler "giocare al cavaliere solitario". Due linee che dagli esponenti del Pd e di Articolo Uno vengono ricondotte alla volontà di Italia Viva e M5s di corrodere ancora il consenso dei dem a proprio beneficio. Nonostante questo, Letta si dice "disponibile a dialogare con il resto dell'opposizione, ma", avverte, "non ci facciamo prendere in giro. C'è un'opposizione che della opposizione non ha nulla e che ha già trasferito le tende nel campo della maggioranza. Chi passa il tempo ad attaccare l'opposizione è solo una stampella della maggioranza", dice riferendosi nemmeno troppo implicitamente a Matteo Renzi.
Ma non è solo ai renziani che Letta invia i propri strali. "Questo governo lo metteremo in difficoltà se ci sarà un voto compatto di tutte le opposizioni", spiega ancora Letta: "Ma se qualche opposizione gioca a fare il cavaliere solitario, sarà difficile mettere in difficoltà il governo". E qui il messaggio è a Conte, accusato di aver lanciato un'Opa ostile a sinistra del Pd.
Il Pd promette opposizione pure ‘nelle piazze’
D'altra parte, che nel partito convivano le due opposte nature, quella di sinistra e quella liberal, lo spiega anche Andrea Orlando spingendosi a dire che su alcuni temi, come quelli dei giovani e della questione sociale, il governo Meloni, "non è fascista, ma liberale". Da qui la richiesta di affrontare la questione dell'identità del Pd.
Il segretario è consapevole che la partita del congresso andrà giocata assieme a quella dell'opposizione. "Questo percorso ci vedrà sorridenti se siamo in grado di essere efficaci nel parallelo lavoro di costruzione della nostra opposizione. Se il lavoro dell'opposizione non sarà soddisfacente, trasferiremo quella frustrazione nel percorso del congresso", ammonisce Letta. I due piani si sovrapporranno fra novembre e dicembre, periodo in cui partirà la fase della 'chiamata' alle forze della società che vorranno partecipare al percorso costituente. Negli ultimi due sabati di novembre e il primo di dicembre, il Pd porterà nelle piazze le sue proposte per la legge di bilancio. "Questa legge di bilancio sarebbe dovuta essere la legge che introduceva il salario minimo e la lotta al precariato. Il 19 novembre, il 26 novembre e il 3 dicembre per mobilitazione nel paese con le nostre proposte rispetto alla legge di bilancio".
E, così, dunque, il Pd promette di ‘sorprenderci’, e cioè di fare – tutto assieme – un congresso assai difficile, dove ‘scorrerà il sangue’, direbbe Prodi, opposizione al governo Meloni e ‘distinzione’ dalle altre opposizioni. Troppa grazia, san Enrico.