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“Prendetevi cura della democrazia”. Le parole amare e severe di Sergio Matterella

Nella tradizionale cerimonia di auguri con le Alte cariche, il Capo dello Stato ha voluto condividere un’analisi molto preoccupata sulla stato delle democrazia, sulla conflittualità che semina odio, sul senso del dovere e sulla missione del fare politica. Le democrazie sotto attacco “da parte di numerosi fattori”, tra cui i miliardari che gestiscono in quasi monopolio beni, servizi e i nostri dati, “il nuovo petrolio”. Ma anche le monete diverse e gli eserciti mercenari. Uno dei discorsi più intensi di sempre

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Sergio Mattarella
Sergio Mattarella (Foto Ansa)

Bisogna amare la democrazia. Bisogna prendersene cura”. Il Capo dello Stato aveva parlato la scorsa settimana agli ambasciatori accreditati in Italia. Lunedì si era rivolto al corpo diplomatico italiano. Ieri Sergio Mattarella ha ricevuto al Quirinale per gli auguri le alte cariche dello Stato, politiche, economiche, forze armate, le varie magistrature. Ed è come se avesse completato un ragionamento che gli sta molto a cuore - lo stato di salute delle nostre democrazie - essendo assai preoccupato di una società segnata da guerre, conflitti crescenti, il dilagare dell'odio, “una polarizzazione selvaggia che divarica, dinamiche politiche incapaci di ascolto reciproco, il bianco e il nero sempre contrapposti in partigianerie senza sfumature”. Il tutto condito dall’avanzare senza regole di enormi concentrazioni di ricchezze che si fanno politica: un anti-stato che mina la democrazia nelle sue basi più profonde. E’ stato forse uno dei discorsi più intensi di Mattarella di questo ultimo periodo che lo vede molto attivo e presente sulla scena pubblica. Il Capo dello Stato sente su di se il peso di un mondo in veloce cambiamento e la responsabilità di non avere certezze sull’esito di questo cambiamento. Sente anche la responsabilità di un paese che si appresta a varare riforme costituzionali di peso e lo fa essendo diviso e contrapposto.

Oltre la moral suasion

Mattarella ha solo un modo per far valere la sua voce: la moral suasion col gusto di una scelta sempre bilanciata di ogni singola parola. Bisogna “amare la democrazia”, bisogna “prendersene cura” arriva a 3/4 di un ragionamento lungo otto pagine in cui si sente forte la preoccupazione per quello che sta accadendo, non solo le guerre ma nel nostro quotidiano perchè “chi si abitua a convivere con l’odio poi si abitua e lo diffonde”. Le società occidentali, per decenni baluardo dei valori di pace, libertà e democrazia, sono adesso in pericolo, sotto scacco su più fronti, “sfidate da insidiosi fattori di rischio”. E i conflitti prevalgono sullo scacchiere globale, a fronte di istituzioni sovranazionali “indebolite”. “La politica e la diplomazia appaiono sovente accantonate dalla scelta delle armi” è l’analisi di Mattarella che invita gli ospiti nel salone dei Corazzieri - La Russa, Meloni, i ministri tra Crosetto, Nordio e Rixi al posto di Salvini, tutti i leader delle opposizioni, Schlein, Fratoianni, Renzi, Conte, Fratoianni, Bonelli, ci sono anche Mario Draghi e i capi delle polizie e dei servizi, il prefetto Giannini e una sala con circa 500 persone - a riflettere sulle conseguenze che le immagini e le parole della guerra provocano sulle giovani generazioni, “sui danni - dice chiaro - che questa deriva emotiva può produrre nel lungo periodo”. Una di queste è l’odio che s’insinua dentro di noi e ci resta deformando il modo stesso di vivere. “Qualcosa, purtroppo, è già cambiato. Credo che possa essere reale un nesso tra quei sentimenti e il crescere della violenza intorno a noi, nelle nostre società”.

Il potere di pochi

Ad erodere il potere alle democrazie c'è anche “la tentazione di un progressivo svuotamento del potere pubblico” a vantaggio di pochi soggetti - “non uno soltanto, come ci si azzarda a interpretare” dice Mattarella facendo implicito riferimento a Elon Musk - che hanno enormi disponibilità finanziarie, il monopolio di servizi e beni essenziali, dettano le loro condizioni ai mercati e tendono a sottrarsi a qualsiasi regolamentazione, a cominciare dagli obblighi fiscali. “Il rischio è che questa esagerata ricchezza diventi puro strumento di potere e vada ad intaccare la stessa idea di Stato” per come l’abbiamo conosciuta. “Chi può garantire che questo trasferimento di potere dalla sfera pubblica a quella privata abbia come fine la garanzia della libertà di tutti? La sicurezza di tutti? I diritti di ciascuno?”. Mattarella ha una risposta netta, una ricetta chiara: “La tenuta e il consolidamento delle istituzioni democratiche” unico “argine agli usurpatori di sovranità”. E proprio quando c’è chi parla di “post democrazia” o chi, anche tra i cittadini, comincia a dubitare dell'efficacia del potere democratico, ritenuto a volte “lento, inadeguato a governare realtà in veloce evoluzione”, il Capo dello Stato invita ad avere a cuore la democrazia: “È garanzia di libertà, promuove benessere e sviluppo, costante ricerca della pace. Obiettivi, questi, negati dai regimi autoritari, incapaci di dare risposte alle speranze delle persone e, in realtà, assai meno saldi e forti di quanto vorrebbero far credere”.

Il male oscuro della polarizzazione

Tra i fattori di rischio per le democrazie Mattarella indica, in Italia e non solo, la “progressiva polarizzazione” che riguarda tanti aspetti della nostra convivenza. Dialogo e mediazione faticano ad avere cittadinanza ed è un aspetto che “non riguarda soltanto la politica ma la precede e va molto oltre”. Si fa strada “una radicalizzazione che pretende di semplificare escludendo l’ascolto e riducendo la complessità alle categorie di amico/nemico, bianco e nero”. Bisogna invece - ancora la moral suasion del Presidente - tenere al riparo da questa “tendenza alla divaricazione incomponibile delle opinioni” temi come la lotta al cambiamento climatico, la messa in sicurezza dei nostri territori, il valore della scienza (ad esempio “l’efficacia dei numerosi vaccini”), il rispetto delle regole internazionali. Davanti a lui c’è il governo che ha appena introdotto il condono per i no vax che non si vaccinarono, quello che ha additato la Corte di giustizia europea e la magistratura italiana come pericolosi anarchici che non vogliono applicare le leggi del governo (senza ipotizzare che potrebbero essere sbagliate). La prospettiva per i giornalisti non consente, purtroppo, di leggere nelle pieghe per quanto minime dei loro sguardi mentre Mattarella parla.

“Vivere la Costituzione”

Per il Presidente esiste un “patrimonio immateriale” a fondamento del nostro vivere insieme, fatto di valori comuni e condivisi che ci fa riconoscere come un unico popolo: si tratta di quella “unità morale che è presupposto per una convivenza ordinata, per una Repubblica forte, per un Paese stabile e di prestigio nel mondo” e che si concretizza vivendo “la Costituzione nella sua attualità". Esistono “interessi nazionali che richiedono la massima convergenza” insiste il Capo dello Stato che invita le istituzioni ad operare “con armonia” perchè questo si aspettano di vedere i cittadini. “Leggo con queste lenti - aggiunge - il crescente e preoccupante fenomeno dell’astensionismo, registrato nelle tornate elettorali da diversi anni a questa parte. Una democrazia senza popolo sarebbe una democrazia di fantasmi. Una democrazia debole”.

Elogio dei sindaci

L’inquilino del Colle richiama poi al rispetto delle istituzioni e invita chi esercita responsabilità per conto della collettività a farlo con la consapevolezza che “le istituzioni sono di tutti. Che il servizio che si svolge è a garanzia della dignità di ognuno, a prescindere dall’appartenenza politica”. Va sempre rammentato un punto fondamentale: il rispetto delle istituzioni nei confronti di chi ne ricopre il ruolo (qui il riferimento è all’antipolitica ancora così forte e ai servitori dello Stato, ad esempio i poliziotti, spesso oggetto di aggressioni). Così come coloro che rivestono responsabilità istituzionali, a cominciare dal Presidente della Repubblica, sono tenuti a esercitarle sapendo che le istituzioni sono di tutti. “Che il servizio che si svolge è a garanzia della dignità di ognuno, a prescindere dall’appartenenza politica”. Mattarella fa un esempio, uno solo, di chi interpreta nel giusto modo il senso di questo servizio pubblico che dovrebbe essere la politica. “L’ho visto, ad esempio, di recente, nella passione dei tanti sindaci che ho incontrato all’assemblea dell’Anci. Le diverse appartenenze politiche, le legittime e preziose differenze delle identità culturali - che sono l’essenza della dialettica democratica - non impediscono di ricercare e trovare convergenze e unità su alcuni grandi temi. Nell’interesse dei cittadini”. Il presidente dell’Anci e sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha poi voluto ringraziare il Capo dello Stato per questo elogio pubblico inatteso ed assai gradito. “Ringrazio a nome di tutti i sindaci italiani il Presidente Mattarella - ha scritto Manfredi sui social - che ci ha citato come esempio virtuoso di rispetto per le istituzioni e lavoro per i cittadini. Le parole del Capo dello Stato sono fonte di ispirazione per tutti noi”. C’è un senso del dovere, ha continuato Mattarella, che impone “di rispettare i limiti del proprio ruolo. Senza invasioni di campo, senza sovrapposizioni, senza contrapposizioni”. Unità, allora. Anche per ricostruire la fiducia dei cittadini, spesso alle prese con un senso di disorientamento e incertezza verso il futuro. Farlo significa rafforzare la democrazia, duramente colpita anche dall'astensionismo

In attesa del discorso di fine 

Ai membri del Governo come a quelli dell’opposizione, il Presidente della Repubblica augura di essere all'altezza delle proprie responsabilità. Di riuscire “a farvi fronte con lo stesso impegno e la stessa fiduciosa determinazione con la quale tantissimi nostri concittadini, affrontando difficoltà, mandano avanti, ogni giorno, le loro famiglie e le nostre comunità”.
Più si rilegge il discorso del Presidente e più se ne apprezzano il rigore, il significato, la profondità. Raramente è stato così diretto e severo nell’analisi. Come se non ci fosse più tempo da perdere. Ci si chiedeva, mentre si ascoltava il Presidente, cosa sarebbe questa cerimonia una volta approvato il premierato. “Il 2025 è l’anno delle riforme ha promesso con la nota enfasi Giorgia Meloni. Di sicuro le parole del Capo dello Stato non avranno più questo peso. Saranno più “squalificate”. E forse anche qui sta l’urgenza e la profondità del discorso. In attesa di quello di fine anno rivolto ai cittadini, i suoi più grandi sostenitori, i suoi primi azionisti.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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