Le Politiche 2018 sono come il gioco del tris: rischia di non vincere nessuno
Altro che lotta per la premiership: al momento nessuna delle grandi formazioni in campo ha i numeri per conquistare il governo. La situazione fotografata dall'ultimo sondaggio Ipsos
Altro che lotta per la premiership. Come nel gioco del tris, alle prossime elezioni politiche rischia di non vincere nessuno: nè Renzi, nè Berlusconi, nè Di Maio. Un vero e proprio pantano istituzionale, difficilissimo da sbrogliare, anche volendo ipotizzare "allargamenti" a destra o a sinistra. Un'incognita che rischia di consegnare il paese al caos. A dipingere questo scenario è l'ultimo sondaggio Ipsos, pubblicato dal Corriere della Sera e ripreso anche da Libero, che certifica come al momento nessuna delle formazioni in campo abbia la forza per raggiungere la maggioranza di governo. Nè i tanto vagheggiati schemi alternativi (i patti di desistenza, le alleanze spurie, i nazareni bis) riuscirebbero a centrare l'obiettivo.
Vediamo in dettaglio. In un'ipotetica corsa al traguardo per le politiche 2018 la prima coalizione a giungere sulla linea d'arrivo sarebbe il centro-destra, contando soprattutto sul vantaggio nei collegi maggioritari: qui infatti i partiti si possono unire per sostenere un comune candidato. E la coalizione Fi, Lega, FdI avrebbe gioco facile a sbaragliare gli avversari: un Movimento Cinquestelle isolato come una monade ed un Pd in affanno, stretto fra la necessità di allargamento ed il consolidamento della formazione alternativa alla sua sinistra. L'istituto di Nando Pagnoncelli calcola per il centro-destra un risultato pari a 252 seggi, ben più avanti di M5S (173 seggi) e della coalizione Pd-Ap (164), che arretrerebbe in questo modo a terza forza politica a Montecitorio.
E tuttavia, nonostrante il vantaggio sugli avversari, il rassemblement di centro-destra rimarrebbe ben lontano dalla soglia di 316 seggi necessari per governare. Nè un ipotetico allargamento a sinistra potrebbe servire al Pd per capovolgere la situazione: l'accordo con Mdp porterebbe in dote appena 23 seggi, lasciando la situazione quasi invariata.
Anche la tanto vagheggiata alleanza post-elettorale fra Pd, Forza Italia e centristi non riuscirebbe a centrare l'obiettivo: ipotizzando che Forza Italia riuscisse a portare in Parlamento un numero di eletti pari all'attuale peso nella coalizione, Berlusconi avrebbee a disposizione 111 deputati, che sommati alla quota portata in dote da Renzi ed Alfano arriverebbe a 275. Meglio della performance del centro-destra, ma comunque ampiamente insufficiente per la formazione di un governo di "larghe intese". Anche nel caso di un accordo fra le forze "antieuropeiste" di Grillo e di Salvini, la cifra non andrebbe molto oltre: i loro eletti alla Camera si fermerebbero a 280 deputati. Si potrebbe intravvedere una risicatissima maggioranza solo se Giorgia Meloni decidesse di mettere a disposizione i suoi. Ma al momento le posizioni della leader di FdI sembrano davvero molto distanti da quelle di Di Maio. E se i grillini volessero tentare l'alleanza a sinistra con Mdp? Non andrebbero molto lontano: appena 200 parlamentari.
Insomma, al momento l'unica chanche di governabilità sarebbe garantita dall'accordo di due fra le tre grandi forze in campo, senza escludere nessuna delle componenti al suo interno. Una sorta di grande ammucchiata, ben oltre il "Nazareno bis", che vedrebbe insieme Salvini e la Meloni con Renzi, o Berlusconi con Di Maio, tanto per fare un esempio. Tutti sanno però che il costo da pagare sarebbe troppo alto in termini di immagine e troppo rischioso in termini di tenuta della legislatura. Uno scenario fantascentifico.
Quindi, salvo fatti nuovi che al momento non è dato conoscere (una rimonta straordinaria di Renzi, oppure una minaccia esterna in grado di compattare forze eterogenee in un governo di Unità nazionale) l'Italia si avvia verso un pantano istituzionale che potrebbe portare di qui a qualche mese a due possibili esiti: governo tecnico a breve termine, o nuove elezioni subito.