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[Il commento] Juventus-Milan è un altro calcio alla dignità italiana dopo le bombe che devastano lo Yemen

Lo scandalo dello stadio in Arabia Saudita vietato alle donne per la finale di Supercoppa è solo l'ultimo segnale di ipocrisia italiana

Alberto Negridi Alberto Negri, editorialista   
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La Supercoppa con il match Juventus-Milan in Arabia Saudita è un altro calcio alla dignità dell’Italia, dopo le forniture di bombe sarde della Rvm per devastare lo Yemen e l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi ordinato dal principe Mohammed bin Salman.

La sollevazione dei media di fronte alla disputa di questo match è un altro aspetto dell’ipocrisia di un Paese che si accorge adesso che le donne in Arabia Saudita sono discriminate, in questo ha ragione il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano. Dove ha meno ragione il sottosegretario è che permettiamo alla fabbrica tedesca della Rvm in Sardegna di continuare da anni a rifornire di bombe Riad per uccidere migliaia di civili.

La giustificazione accampata dalle nostre autorità è ignobile in quanto afferma che in Yemen non è in corso una guerra dichiarata. Sono queste le parole usate qualche tempo fa dall’ex ministro della Difesa Pinotti, a testimonianza che da noi possono anche cambiare i governi ma dai vertici del Paese vengono propalate all’opinione pubblica vere e proprie menzogne che fanno leva sulla colossale ignoranza o malafede di chi li dice e di chi le ascolta.

Più che giocare al calcio l’Italia è un Paese da prendere a calci. L’Arabia Saudita è in una guerra dichiarata contro lo Yemen dal 2015, da quando guida una coalizione internazionale di Paesi arabi contro i ribelli Houthi appoggiati dall’Iran.

E’ da notare che mentre forniamo le bombe ai sauditi subiamo invece le sanzioni imposte dagli americani a Teheran dopo che Trump è uscito dall’accordo sul nucleare del 2015: una perdita di 1,7 miliardi di euro di export l’anno mentre il nostro saldo commerciale con l’Arabia Saudita nel 2017 non superava i 500 milioni.

In realtà i sauditi bombardano gli Houthi dal 2008-2009, quando addirittura pagavano i soldati yemeniti per fare la guerra a questo movimento ispirato dallo sciismo zaydita. In questo conflitto i sauditi sono appoggiati dagli Stati Uniti che non hanno sospeso la loro collaborazione con Riad neppure dopo l’omicidio del giornalista Jamal Kashoggi nel consolato saudita di Istanbul, un assassinio il cui mandante, secondo la stessa Cia, è il principe ereditario Mohammed bin Salman. Siamo quasi certi _ ma saremo felici di essere smentiti _ che il nostro ministro degli Esteri Moavero, da ieri negli Usa, non protesterà per questo atteggiamento degli americani che puniscono l’Iran ma non i sauditi, i loro maggiori clienti di armi al mondo.

In Yemen è in atto la più grande crisi umanitaria del pianeta con milioni di persone alle quali l’Arabia Saudita ha tagliato i rifornimenti di cibo, elettricità  e medicinali.

Ma il calcio italiano offre la sua popolarità internazionale per contribuire alla propaganda saudita che con lo sport vuole dare l’immagine di un Paese aperto, pacifico e progressista mentre massacra migliaia di persone con la nostra stessa complicità.

Per la verità questa complicità non è soltanto a livello calcistico e nella fornitura di bombe a Riad. Avviene anche sul piano accademico: a Bologna, dopo l’inaugurazione di una cattedra in studi islamici sponsorizzata dai sauditi, proprio di fronte all'ufficio del Magnifico Rettore spicca una targa, posta dal 2016, che indica l'ufficio del rappresentante saudita per la promozione del sapere saudita e dell’influenza del wahabismo, una delle versioni più retrograde dell’Islam. Siamo a questo punto: sdraiati davanti al Trono delle Due Spade anche sotto il profilo intellettuale e accademico.

Per non parlare dei cantori della Farnesina che sui nostri giornali giustificano la disputa della partita di calcio con gli interessi del Paese. Ma che strano: sono gli stessi che ci hanno portati nel 2011 a bombardare in Libia il nostro maggiore alleato nel Mediterraneo, Gheddafi, perdendo ogni credibilità internazionale e aprendo il vaso di Pandora delle migrazioni africane. Anche loro si meritano una Supercoppa. 

Alberto Negridi Alberto Negri, editorialista   
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