La memoria (non) condivisa: centrodestra e centrosinistra litigano in Senato sul 25 aprile
Le Aule parlamentari, nella fattispecie quella del Senato, ieri si è trasformata in un dotto convivio di storici che discettano di storia patria.
Mozione contro mozione, storia contro storia, date contro date e, purtroppo, morti contro morti. Le Aule parlamentari, nella fattispecie quella del Senato, ieri si è trasformata in un dotto convivio di storici che discettano di storia patria, dittatura fascista e antifascismo (militante, si capisce), lotta partigiana e lotta di Liberazione, eccidi e stragi nazifasciste e foibe titine, totalitarismi (fascismo, nazismo, comunismo) da condannare e, già che ci siamo, non solo anni Quaranta, ma anche anni Settanta da rivangare e stigmatizzare.
E così, dato che l'Aula del Senato doveva discutere una mozione presentata dalle opposizioni di centro-sinistra sul 25 aprile, mozione che riprendeva le parole della senatrice a vita Liliana Segre, ma il cui fine ultimo era solo quello di mettere in imbarazzo il centrodestra, ecco che la maggioranza decide sì di votare la mozione delle opposizioni, ma annunciando di lavorare anche a un testo suo, scritto pure diverso.
L'altra mozione
La mozione già depositata, firmata da Boccia (Pd), Floridia (M5S), Paita (Azione-Italia Viva), Unterberger (Autonomie), De Cristofaro (Avs), cita le parole della Segre, che si rifiutava di ritenere “divisive”, Festa della liberazione (25 aprile), Festa del lavoro (I maggio), Festa della Repubblica (2 giugno). Il testo "impegna il Senato ad adottare le iniziative necessarie affinché le commemorazioni delle date fondative della nostra storia antifascista si svolgano nel rispetto della verità storica condivisa”.
Se il centrodestra non la votava, apriti cielo, avrebbe scatenato altre polemiche a non finire, ma in maggioranza preferiscono metterci del loro, con tanto di richiami ad altre festività nazionali, tutte di impatto storico e tutte, peraltro, già tali. Infatti, la mozione unitaria del centrodestra allarga il campo sia delle citazioni (il discorso di Capodanno del Capo dello Stato sulla Costituzione come fondamento, saldo e vigoroso dello Stato italiano, la risoluzione del Parlamento Ue contro tutti i totalitarismi) sia delle date, tirando dentro fatti che esulano del tutto, però, dagli eventi della II Guerra Mondiale e dintorni.
La mozione di centrodestra
Con l’impegno, si legge nella mozione del centrodestra, della “collaborazione di tutte le istituzioni e di tutte le forze politiche” affinché “tali eventi rafforzino i sentimenti di unità nazionale, inclusione, perseguimento del bene comune e, ove necessario, riconciliazione”, c’è, nell’elenco, anche il ricordo dei "tragici fatti" di Primavalle (orribile rogo in cui perirono due militanti del Msi, messo in atto da Potere operaio, ma nel 1973) oltre alle date storiche canoniche. C’è il 25 aprile, nella mozione, il I maggio, il 2 giugno, il 17 marzo (che però risale al 1861 e indica l’unità d’Italia di gloria risorgimentale), il 4 novembre (giorno della Vittoria nella Prima Guerra Mondiale nonché Festa delle Forze Armate) e la Giornata del Ricordo dei massacri delle foibe, che cade il 10 febbraio e che, invece, è del tutto assente, come il 17 marzo (e, figurarsi, Primavalle!) nell’elenco stilato dalla ‘sinistra’. La quale, peraltro, si è dimenticata di inserire un’altra data, “le infami leggi razziali del 1938”, come le definisce il centrodestra. Se non fossero date serissime e luttuose, sarebbe una pantomima.
Si inciampa sull'antifascismo
E, infatti, puntualmente, eccola, pantomima. Sembrava ci si potesse mettere tutti d’accordo, almeno sulla Storia e sulla memoria condivisa. E, invece, niente. Sulla parola antifascismo inciampa la speranza di una ‘riconciliazione’ tra destra e sinistra sul 25 aprile, festa della Liberazione. La commemorazione che si è tenuta ieri, in Senato, si trasforma in un confronto, a tratti molto acceso, sulle due mozioni presentate in Aula. Una, come dicevamo, di maggioranza (onnicomprensivo, generico e ricco di altre date e riferimenti) e una di opposizione, tutto su 25 Aprile e antifascismo.
La maggioranza e il beau geste
Alla fine, la maggioranza compie il 'beau geste" di sostenere il testo delle opposizioni, così la mozione del centrosinistra passa all'unanimità (133 i sì). La cortesia non viene, però, ricambiata e il testo di maggioranza incassa solo 78 sì, 29 no e 26 astenuti. Manca la parola antifascismo, spiegano a più riprese in Aula i parlamentari di Pd, M5s, Az-Iv. I quali ricordano che l'antifascismo è il fondamento della nostra Carta e non usarla "umilia la memoria", come dice il capogruppo dem Francesco Boccia. Osservazione che direttamente il presidente del Senato, Ignazio La Russa (FdI) rifiuta: "Nella Costituzione non c'è alcun riferimento alla parola antifascismo".
Poi, per il prossimo 25 aprile, promette senza dire di più, "una cosa che metterà d'accordo tutti". Afferma di condividere "i valori della Resistenza vista come superamento di una dittatura" e porta l'attenzione sulla necessità di avere "una lente di lettura comune" per una storia italiana ed europea condivisa: il frutto di questa storia - conclude - è la nostra Costituzione". Parole un po’ ambigue.
L'assenza di Segre
La grande assente della giornata in Senato è la senatrice a vita Liliana Segre. Il documento del centrosinistra, chiamato fino ieri con il suo nome, si ispira proprio alle sue parole e ricorda "le date fondative della nostra storia antifascista". La senatrice, in un breve comunicato, smentisce però di averlo mai firmato. Motivi personali è la giustificazione ufficiale, ma c'è chi parla della volontà di non voler essere strumentalizzata da una parte e dall'altra, unita al timore che il suo nome, associato alla mozione, avrebbe offuscato la ricorrenza del 25 aprile. Insomma, la gaffe, in questo caso, è tutta figlia del centrosinistra che ha, evidentemente, ‘abusato’ del nome Segre. "Troppa violenza in nome dell'antifascismo", mette in guardia Raffaele Speranzon di FdI. "Il problema - sottolinea - non è che la destra non sia antifascista, ma che non lo è nel modo in cui vorrebbe la sinistra". Per Alfredo Bazoli (Pd), "è un peccato che questa parolina così importante, antifascismo, da cui deriva l'impianto della nostra Costituzione, non sia entrata neanche di striscio nella mozione della maggioranza sul 25 aprile. Un'inaccettabile omissione, una grande occasione mancata per dissipare ambiguità e reticenze della destra italiana". "Ci presentiamo con due mozioni, questa è una sconfitta", ammette la capogruppo di Az-Iv, Raffaella Paita. I partiti di governo contro-ribattono agli avversari, chiedendo anche l'abiura dei totalitarismi, soprattutto del comunismo. Perché, come dice Antonio Guidi (FdI), che si lascia andare a un "i totalitarismi fanno tutti schifo”, ci sono pure quelli rossi. Il Pd rilancia con Walter Verini: "I comunisti italiani hanno avuto nella nostra storia doppiezze e contraddizioni, ma si sono battuti per la libertà".
Le citazioni
Durante il dibattito spuntano citazioni a iosa: da Gianfranco Fini e la sua abiura del fascismo (nel 2003, a Gerusalemme), a Silvio Berlusconi ad Onna, dopo il terremoto dell'Aquila che, con al collo il fazzoletto della brigata partigiana Maiella, parlò di antifascismo, ma il risultato è l’ennesima divisione. Solo tre date da commemorare vengono riportate in entrambi i testi: 25 aprile, I maggio e 2 giugno. In più occasioni il presidente del Senato deve intervenire per stemperare gli animi. A far sussultare i senatori FdI sono soprattutto le parole di Boccia. “Ci aspettavamo sostegno senza condizioni", chiedono i meloniani a gran voce: "perché non possiamo presentare una mozione nostra?" si lamentano. Pure dopo il voto la temperatura non si abbassa con applausi e cori da stadio che si rincorrono tra i banchi dell'Aula. Uno spettacolo per nulla ‘storico’ poco edificante.