Pnrr, Bruxelles avvisa l’Italia: “Così non va”. E Meloni corre da von der Leyen
La premier ha cambiato agenda. Oggi sarà a Bologna con la presidente della Commissione Ue anche per spiegare perché l’Italia è in ritardo e deve cambiare il Pnrr. Intanto Fitto insegue i ministeri. E la maggioranza vuole mettere le mani sulla ricostruzione

A fine mattinata, quando ha avuto contezza del contenuto delle Raccomandazioni arrivate da Bruxelles, ha fatto saltare l’agenda: niente telescopio, il lancio del progetto italiano super tecnologico, perchè l’Italia non è solo spaghetti e mandolino ma anche tecnologia e futuro. Giorgia Meloni oggi sarà invece a Bologna ad accogliere la presidente della Commissione Ursula von der Leyen che girerà in elicottero sulle acque melmose e stantie che ormai ricoprono da dieci giorni tutta la Romagna, terre e case. Bruxelles è pronta ad attivare il Fondo emergenze e l’emergenza questa volta è sotto gli occhi di tutti. Tra l’altro, ora è sempre più crescente il rischio sanitario perchè paesi e campagne sono ormai ridotte a palude visto che da dieci giorni le acque non accennano a ritirarsi.
Cambio di agenda
La premier, insieme con il presidente della regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, ha dovuto cambiare agenda anche perchè il dossier arrivato da Bruxelles in mattinata (“La Raccomandazioni semestrali della Commissione) l’ha preoccupata assai. Le critiche all’Italia e ai ritardi sul Pnrr, sotto il profilo dell’assegnazione dei cantieri ma anche quello delle riforme (concorrenza, balneari, trasporti, giustizia, fisco solo per dirne alcune), sono una ferita che sanguina per la premier. La quale è evidente che agisce su due piani diversi con posture politiche diverse: molto rigorosa in Europa per quello che riguarda i conti pubblici e in politica estera dove vuole conquistare la patente di affidabilità; populista, nazionalista, securitaria e teocon a livello parlamentare e di governo, dove la maggioranza manda avanti gli intenti più beceri, dal divieto alla maternità surrogata al decreto Cutro. Ora però diventa un problema serio, anche e soprattutto in vista delle elezioni europee del prossimo giugno (2024), se il giudizio di Bruxelles diventa sempre più diffidente e critico. Che poi, da Bruxelles passa agli altri leader europei ed internazionali. Diciamo la verità: il tour Rejkiavick- Hiroshima, Consiglio europeo e G7, non è andato benissimo. Il premier canadese Trudeau ha accusato l’Italia di non rispettare i diritti, a cominciare da quelli Lgbtq e l’ha fatto pubblicamente. I bilaterali con Macron Biden non ci sono in pratica stati. Nel frattempo la Romagna andava sotto l’acqua.
Insomma, Meloni ha capito che un poi la politica estera, dove finora ha preferito cimentarsi, può attendere un po’ mentre quella interna deve mettere l’accelleratore. E tenere lontano, possibilmente, perditempo e guastafeste. Non dell’opposizione, che fa il suo. Ma della sua stessa maggioranza.
Le raccomandazioni della Ue
Si chiamano “Raccomandazioni economiche di primavera” ma mettono in guardia dal rischio di un inverno italiano. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza va attuato nel rispetto dei tempi e anche le modifiche che l'Italia apporterà vanno presentate al più presto, preferibilmente entro giugno. L'Unione europea riaccende i fari sull'attuazione del Pnrr italiano partendo proprio da quello che per il commissario Paolo Gentiloni è quasi un assioma: “Il successo del piano in Italia è anche il successo dell’Ue”. Se fallisce l’Italia, che ha ottenuto la linea di credito più grossa tra prestiti e soldi e a fondo perduto, fallisce anche il progetto di un bilancio il più possibile comune.
La terza rata
I dubbi dell'esecutivo europeo si sono già concretizzati sulla terza richiesta di pagamento, cioè i 29 miliardi che dovevano arrivare a marzo per i 55 obiettivi raggiunti a dicembre 2022. La deadline del 30 aprile (per staccare l’assegno) è ormai ampiamente trascorsa e i soldi non sono arrivati. Nei prossimi giorni l'impasse potrebbe finalmente sbloccarsi. Gli ultimi contatti tra Palazzo Berlaymont e il governo hanno portato ad un ulteriore chiarimento. Restano dubbi, tra i 55 obiettivi che dovevano raggiungere a dicembre scorso, sulle misure legate all'edilizia sociale. Come la manifestazione delle tende ha messo bene in evidenza. A Bruxelles sta emergendo un piano B: anzichè aspettare di aver risolto tutti i chiarimenti prima di erogare la terza rata, si pensa di sborsare una quota leggermente inferiore ai 19 miliardi previsti. Per l'Italia non si tratterebbe di fondi persi: una volta chiariti i dubbi legati agli obiettivi ancora in bilico nella valutazione per la terza rata quei soldi sarebbero recuperati.
Strada in salita e scadenza blindata
L'unica deadline oltre la quali i fondi vanno perduti resta e resterà quella del giugno 2026. Non sarebbe neanche il primo caso di un esborso parziale di risorse: con la Lituania, a causa delle perplessità dell'Ue su due obiettivi, Bruxelles si è mossa proprio in questo modo.
La strada per il Pnrr italiano resta comunque in salita. “La sua attuazione è in corso ma con un rischio crescente di ritardi” non solo sull’affidamento di cantieri che devono essere più chiusi e le opere realizzate entro giugno 2026 ma anche nelle riforme che, essendo per lo più a costo zero ma al tempo stesso la condizione oggettiva e necessaria perchè l’Italia diventi un paese a funzionalità normale, è molto grave non siano state ancora realizzate. Si parla di trasporti, giustizia, concessioni demaniali (spiagge ma anche ambulanti che hanno appena ottenuto una nuova deroga di 15 anni), fisco, catasto, semplificazioni. Se non cambia questo, è quasi impossibile che cambi il paese. Non è un caso del resto se il governo Draghi cadde per l’inceneritore, i tassisti e il catasto. Al momento, ha creato di rassicurare il commissario Gentiloni, “non ci sono ritardi significativi” nell'attuazione del Piano. Ma la tempesta potrebbe arrivare con l’ estate. A giugno Roma dovrebbe inoltrare la quarta richiesta di pagamento, a dicembre una quinta. Nel mezzo dovrà presentare anche il Piano modificato e con l'aggiunta del capitolo RePowerEu. Gentiloni cerca di rassicurare ma chiede anche di fare presto. “E' importante che la discussione sulle più che legittime richieste di modifiche avvenga il prima possibile. E’ difficile farla dopo giugno se si vuole mantenere il ritmo delle erogazioni stabilite”ha spiegato il commissario economico.
Fitto prova ad accelerare
In una lettera ai suoi colleghi il ministro per gli Affari Ue, il Pnrr e la Coesione Raffaele Fitto aveva chiesto di formalizzare entro il 24 maggio - ma la data suggerita era puramente indicativa - le ipotesi di revisione del Piano e di “elencare gli interventi per i quali siano emerse criticità tali da compromettere il pieno conseguimento dei traguardi” del Pnrr. Da qui partirà il nuovo Piano, che vedrà chiaramente uno spostamento di risorse rispetto allo schema iniziale. Il vicepremier Matteo Salvini ha sottolineato che sono stati confermati i finanziamenti a tutte le opere ribadendo che il Mit “è determinato a realizzare quante più opere possibili, utilizzando tutti i fondi e non solo quelli del Pnrr”. Ma è chiaro che proprio con il Mit e con Salvini ci saranno i problemi e quindi i cambiamenti più sostanziosi.
Fitto non sembra dare peso alle Raccomandazioni della Ue. “Sono in linea con la visione e le priorità del governo” ha replicato ieri. Ma sa bene, il ministro, che la situazione è molto complessa. Anche perchè nella maggioranza e nella “fiamma magica” della premier non è stato gradito il ruolo sempre più preminente ma anche escludente che Fitto ha assunto nella squadra di governo. Le solite maledette gelosie. E’ chiaro, ad esempio, che se i ministeri non collaborano, è difficile se non impossibile presentare il nuovo Piano con le modifiche. Ma è quello che sta succedendo.
La prossima settimana il ministro porterà alle Camere la relazione semestrale sullo stato del Pnrr. In quell'occasione, rimarcherà le date fondamentali del Pnrr, i fondamenti su cui è stato costruito e quelli in base ai quali va modificato. Con un appendice, che verrà ribadita: il governo farà tutto il possibile rispetto ad un piano ed una impostazione che non è di questo governo.
I “giochi” sul Commissario
Si capisce quindi l’urgenza con cui Meloni oggi ha cambiato i suoi programmi e volerà in Romagna. Per poi tornare a Roma dove ha convocato un Consiglio dei ministri che ha all’ordine del giorno “varie ed eventuali”. Un Consiglio dei ministri che avverrà a sera tardi, che non sarà seguito da una conferenza stampa (ma la premier farà un punto stampa in qualche modo a Bologna con la von der Leyen) e che dovrebbe risolvere l’altra miccia innescata in queste ore: il Commissario per la ricostruzione. E qui si raggiungono vette di follia. E’ chiaro ed evidente che l’uomo migliore a ci affidare la ricostruzione è il governatore Stefano Bonaccini. Ha già gestito la ricostruzione post terremoto del 2012 che ha avuto danni per 12 miliardi, conosce la macchina e ha bisogno solo di linee di credito certe. Lui è pronto. Si tratta però di un governatore di centrosinistra e presidente del Pd. Ecco che a destra non vogliono neppure per idea far gestire i miliardi del governo da un sinistro “per farsi bello con i soldi nostri”. Ricordiamoci che a giugno 2024 si vota in Europa e a febbraio 2025 si vota in Emilia Romagna. Dunque la campagna elettorale entrare mani e piedi nella ricostruzione. Giorgia Meloni invece vorrebbe lasciare onore e oneri della ricostruzione proprio a Bonaccini. Con doppio scopo: pronta a sparargli addosso a livello locale se le cose non procederanno come devono; e ad usarlo in chiave anti-Schlein per spaccare il Pd. Pure tattiche.
Intanto oggi il Cdm potrebbe allagare il cratere dei danni alle Marche, regione guidata dalla destra. Ed ecco che a quel punto il commissario non potrà più essere Bonaccini. E’ quello che vuole la maggioranza. Ma non Meloni.