[L’analisi] La piazza dei 40 mila per il Sì alla Tav e le due anime dei Cinque Stelle

Il problema è che nel governo della città le due anime dei Cinque Stelle finiscono quasi sempre per collidere, ponendo da una parte la sindaca e dall’altra la maggioranza della giunta e dei consiglieri che rappresenta l’ala più oltranzista del Movimento. Già con il no alle Olimpiadi si era manifestata con evidenza questa divisione, quando la sindaca era stata costretta ad accettare le decisioni della maggioranza, pur non condividendole. Difficile, dunque, che, nonostante tutte le buone intenzioni, il consiglio comunale faccia retromarcia sul suo voto contro la Tav. Solo che, come ha spiegato Patrizia Ghiazza, una delle sette donne che ha riempito questa piazza, «dal sì alla Tav discende tutto il resto»

[L’analisi] La piazza dei 40 mila per il Sì alla Tav e le due anime dei Cinque Stelle

«Je suis madamin» è diventato lo slogan della manifestazione Sì Tav di Torino, una spilla portata orgogliosamente al petto o la frase virale postata sui social. Ma non c’erano solo le madamin e i vecchi a riempire piazza Castello, come avevano pronosticato i consiglieri comunali dei Cinque Stelle: «ci saranno disperati, anziani disinformati e le signore dei salotti». Secondo gli organizzatori erano quasi 40mila nonostante la pioggia, per la Questura almeno 25mila, e c’erano studenti, imprenditori, commercianti, operai, una delegazione della Lega pure, e tante donne, perché da sette di loro era partita dieci giorni fa sul web l’idea di dar vita a questa protesta pacifica. Hanno riempito la piazza e la marea di gente si prolungava fino a via Roma. Ma il successo della manifestazione, in fondo, è attestato soprattutto dallo stesso sindaco, Chiara Appendino, che ha messo sul sito una sua foto davanti alla porta aperta dell’ufficio, con la scritta: «La mia porta è aperta e resterà sempre aperta. Ho sempre voluto fare dell’ascolto una parte importante nella mia amministrazione». Poi ha voluto anche rilasciare un commento ai giornalisti: «Abbiamo sempre ascoltato tutti e continueremo a farlo. Oggi in piazza Castello sono state sollevate critiche, che accolgo, ma c’erano anche molte energie positive. Sono pronta a discuterne dalla settimana prossima e a instaurare un dialogo costruttivo sulla Torino di domani, anche con chi ha una visione diversa dalla nostra».

Il problema, però, è che nel governo della città le due anime dei Cinque Stelle finiscono quasi sempre per collidere, ponendo da una parte la sindaca e dall’altra la maggioranza della giunta e dei consiglieri che rappresenta l’ala più oltranzista del Movimento. Già con il no alle Olimpiadi si era manifestata con evidenza questa divisione, quando la sindaca era stata costretta ad accettare le decisioni della maggioranza, pur non condividendole. Difficile, dunque, che, nonostante tutte le buone intenzioni, il consiglio comunale faccia retromarcia sul suo voto contro la Tav. Solo che, come ha spiegato Patrizia Ghiazza, una delle sette donne che ha riempito questa piazza, «dal sì alla Tav discende tutto il resto, il sì al lavoro, alla cultura, agli eventi sportivi, al turismo». Cioé a tutto quello che la giunta Appendino ha dovuto tagliare nel nome della decrescita felice. Fra le note di «Io penso positivo» e «Questo è l’ombelico del mondo» di Jovanotti, Torino è come se si fosse risvegliata dal suo torpore, prigioniera di una crisi che non sembra finire più e che ancora la attanaglia con la sua paura, orfana senza luce di un modello monoindustriale che non gli appartiene da un pezzo. In questo caravanserraglio di condizioni e di sentimenti, ha trovato lo spiraglio nella passione di sette donne, - Donatella Cinzano, Roberta Dri, Patrizia Ghiazza, Giovanna Giordano, Simonetta Carbone, Adele Olivero e Roberta Castellina -, che ha dato vita a una petizione on line con 68mila adesioni e 40 mila iscitti sulla pagina di facebook, e poi a questa piazza a cui non credeva quasi nessuno per portare per la prima volta il «popolo del sì» sotto il cielo a far sentire la sua voce. «Siamo qui per dire sì alla Tav e sì al lavoro», ha urlato dal palco Giancarlo Moschelli, studente di economia: «Alla faccia di chi diceva che saremmo stati 502».

Alla fine non sono le madamin da salotto a rappresentare questa piazza, anche se Je suis madamin ne è diventato il simbolo. E’ un popolo di gente comune. E le sette donne sono tutte professioniste. Patrizia Ghiazza è una dirigente d’azienda, e quando è andata a parlare al microfono ci ha tenuto a presentarle così: «Siamo sette donne non manovrate da nessuno. Siamo noi con la nostra testa e le nostre mani, e il nostro comitato è nato perché ci è scattata una scintilla d’orgoglio, il desiderio di contare. Qualcuno in Comune ha detto che Torino è una città No Tav. Noi, come le migliaia di persone in piazza, vogliamo dire sì. Vogliamo dire sì agli investimenti su eventi artistici, sportivi, culturali. Vogliamo dire sì alla Tav, alla metropolitana, a una città sicura ed efficiente». Accanto a lei Giovanna Giordano ha cercato ancora di soffocare la fierezza di questa capitale dimenticata: «Questa città ha sempre trainato il Paese. Qui si è fatta l’Italia, si è inventato quasi tutto. Ora non possiamo accettare di vedere Torino relegata in un angolo della pianura padana».

Nella piazza, nessuna bandiera di partito. Solo quelle delle Olimpiadi, qualche tricolore e i cartelli «Sì Tav». Ma uno di quelli che si è dato più da fare ad aiutare le sette donne è stato Mino Giachino, ex sottosegretario alle Infrastrutture nei governi Berlusconi, instancabile sostenitore della Tav. C’erano i radicali e Fratelli d’Italia con due banchetti per raccogliere firme a favore di due referendum: uno per il sì alla Torino-Lione della Meloni e l’altro per una consultazione cittadina sulla Tav. Poi c’era la Lega. Il segretario regionale e capogruppo alla Camera Riccardo Molinari ha precisato che la manifestazione non è contro il governo, di cui il Carroccio è un’azionista, ma un modo per ribadire che la Lega è da sempre favorevole alle grandi opere, compresa la Torino-Lione. I leghisti piemontesi sono pro Tav senza se e senza ma. E’ vero che questa è la risposta di Torino, non della Val di Susa,che è invece tutta No tav. Ma nonostante tutto qualche opportunità elettorale potrebbe anche aver consigliato questa scelta: fra sette mesi si vota in Regione e Salvini potrebbe rinunciare all’alleanza con Forza Italia e correre da solo, un’operazione che per avere successo deve prendere sin da ora le distanze dalla decrescita felice della giunta Appendino. Alla piazza avevano dato la loro adesione, trenta categorie produttive. Praticamente tutte. E c’era tanta gente comune. Cioé, quello che viene definito l’elettorato dei populisti. Poteva un partito che si dichiara orgogliosamente populista non tenerne conto?