[Il retroscena] Altro che Rousseau, la piattaforma del Pd è un flop. Viaggio nel sistema web che doveva far concorrenza ai grillini
Bob permette di vedere di cosa si tratta soltanto dopo una registrazione che comprende la sottoscrizione della “carta dei valori del Pd”, impegna a “votare Pd”. I non renziani non hanno mai interagito con l’app - che ha solo tre recensioni sullo Store della Apple - e i fedelissimi del segretario si devono essere annoiati del soliloquio, dopo un po’. Oltretutto, i piani iniziali di Bob prevedevano di individuare “un responsabile digitale di Bob in ognuno dei seimila circoli” ma, ad oggi, dei circoli sopra l’app c’è solo il nome e molti di questi sono addirittura andati dietro a Pierluigi Bersani e Piero Grasso

La piattaforma Rousseau si è impallata, è vero. La frenetica corsa alla candidatura dei militanti Cinquestelle ha mandato in crash i server della Casaleggio e Associati che la gestisce e ha costretto i dirigenti del partito che ha indicato come premier Luigi Di Maio a prorogare i termini di qualche ora, fino alle diciassette di ieri sera. Al Pd questo black out è sembrato sospetto tanto che, a un certo punto, sono partiti gli attacchi.
“Attraverso la piattaforma stiamo portando avanti una rivoluzione nel rapporto tra cittadini e istituzioni; lasciamo gli altri partiti alle loro solite beghe e ai loro fallimenti nel tentativo di imitarci, vedi la fantomatica e ridicola piattaforma Bob del Pd...”, ha risposto per primo, a nome di tutti, il deputato grillino Danilo Toninelli, considerato vicinissimo a Davide Casaleggio. Già perché la piattaforma che è stata lasciata in eredità dal padre Gianroberto, che consente di consultare gli iscritti su determinati temi e raccoglie proposte di legge di iniziativa popolare che vengono discusse attraverso forum, vanta, come disse Beppe Grillo in persona “numerosi tentativi di imitazione, come la storica rivista di enigmistica”.
Matteo Renzi prese in effetti spunto proprio dall’esperienza dei Cinquestelle quando, lo scorso inverno, appena riconquistato il posto da segretario del Pd, annunciò al Lingotto di voler creare una nuova “piattaforma sul web, che si chiamerà non Rousseau, ma Bob, come Bob Kennedy. Chi vorrà avrà la sua password con il suo pin”. Qualche settimana dopo, il 2 maggio, era stato il momento della presentazione ufficiale. Massima visibilità, rilascio in grande stile dell’applicazione che ha come simbolo il logo del Pd e pure un po’ di dibattito sui social, con l'hashtag #Bob. La piattaforma piddina in fondo doveva servire proprio a quello; a creare una comunità, ad utilizzarla per indirizzare l’attività dei parlamentari e - con un meccanismo premiale - a dare sostegno a chi se la sentiva di condividere le iniziative del Pd sul web, coi profili social personali.
Sette mesi dopo, ha ragione il deputato pentastellato quando dice che l’operazione non ha funzionato. Su Twitter e Facebook bisogna scorrere decine di pagine prima di trovare l’hashtag della piattaforma renziana. La “colpa” è certamente del clima, che è molto cambiato - in peggio, per il segretario - dalle Amministrative di giugno in poi: tutti i sondaggi sull’anno appena concluso dimostrano che il Pd ha perso tra i 5 (per Demopolis) e l’8,3 (per Ixè) punti. Inoltre Bob, a differenza di Rousseau che consentiva anche di accedere alla sezione “partecipa” come spettatore, permette di vedere di cosa si tratta soltanto dopo una registrazione che comprende la sottoscrizione della “carta dei valori del Pd”, impegna a “votare Pd”. Troppo, forse.
Così i non renziani non hanno mai interagito con l’app - che ha solo tre recensioni sullo Store della Apple - e i fedelissimi del segretario si devono essere annoiati del soliloquio, dopo un po’. Oltretutto, i piani iniziali di Bob prevedevano di individuare “un responsabile digitale di Bob in ognuno dei seimila circoli” del Pd, ma, ad oggi, dei circoli sopra l’app c’è solo il nome e molti di questi sono addirittura andati dietro a Pierluigi Bersani e Piero Grasso. Mettici pure che subito dopo il rilascio dell’applicazione si è cominciato a parlare di elezioni anticipate, il governo di Paolo Gentiloni si è chiuso a riccio e nessuno deve avere avuto molta fiducia che i suggerimenti recapitati nella sezione “proponi” potessero divenire veramente leggi dello Stato.
Anche su quel punto, la differenza - rivendicata dai Cinquestelle - con Rousseau era importante: se i grillini consentivano agli iscritti di proporre una legge - qualunque, senza filtri - e la esponevano realmente al giudizio degli altri nei forum, Bob ospita soltanto un forum per segnalare la propria proposta in privato a qualcuno che gestisce il sito: chi è e cosa ne fa? Eppure il Garante per la Privacy, ad oggi, si è occupato solo del sito grillino. Bob spiega come destinare il 2 per mille al partito che fu fondato da Walter Veltroni e fornisce indicazioni sui viaggi fatti col treno dal segretario, su e giù per lo Stivale, con “Destinazione Italia”. C’è anche lo store coi gadget, esattamente come su Rousseau: 5 euro il braccialetto di gomma del treno dem, dieci una tazza col logo dell’operazione come la t-shirt con stampato sopra “Democratici nati”.
Pochi i “mi piace” nella sezione “idee di oggi” di Bob, restano solo i programmi della “terrazza del Pd” - che sembra chiusa da un po’ - mentre funziona lo streaming della rubrica di rassegna stampa intitolata “OreNove”: un dirigente dem al giorno legge i giornali e commenta in diretta. Le ultime puntate sono state condotte da Fabrizia Giuliani, Mauro Covacich, Emanuele Fiano, Simona Bonafè, Andrea Romano. Anche qui, però, nessuna utilità per l’app: la rassegna stampa è visibile anche dal “semplice” sito del Pd, teoricamente pure da Youtube. Sarà per quello che, con la campagna elettorale in arrivo, il segretario Pd non cita nemmeno più la piattaforma, ma è tornato a privilegiare i social tradizionali, Facebook più di Twitter e, da qualche tempo, pure Instagram. E’ lì che nelle ultime ore dell’anno appena concluso Renzi ha partecipato al “gioco” lanciato da uno youtubber come grandi star e influencer del calibro di Chiara Ferragni e Fedez. La regola era scrivere #Gino sul social delle foto e Renzi lo ha fatto: “Buon 2018 soprattutto a questo benedetto #Gino!”.