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[L’intervista] “Nessun accordo con i 5 Stelle, il Pd è alternativo a tutti. E il salario minimo versione grillina rischia di mettere in fuga le aziende”

L’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano anticipa il Def-ombra dei Dem. “Lavoro, crescita, taglio della burocrazia i pilastri da cui l’Italia può ripartire”. E sui litigi Salvini-Di Maio: “Tattica studiata per non affrontare le vere questioni”

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
[L’intervista] “Nessun accordo con i 5 Stelle, il Pd è alternativo a tutti. E il salario minimo...

“Passiamo le giornate ad inseguire i litigi tra Salvini e Di Maio a cui, in questo modo, facciamo il favore di togliere dal tavolo le vere questioni di cui si dovrebbero occupare se fossero una maggioranza seria. Il risultato è che nessuno parla più di crescita e lavoro. Questo è da irresponsabili”. Seduto nel suo studio, Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e poi presidente della Commissione Lavoro della Camera, commenta il Def-ombra del Partito Democratico che sarà presentato giovedì per rimettere i temi al centro del dibattito politico e spazzare via le speculazioni. E visto che al gran ballo delle polemiche oggi se ne è aggiunta un’altra ricavata dall’intervista del capogruppo Pd alla Camera Graziano Delrio circa “l’apertura i 5 Stelle”, con le smentite di Zingaretti e Orlando arriva anche quella di Damiano: “Non sono possibili patti politici né con i 5 Stelle né con la Lega. Né oggi né mai”.

Preoccupato del litigio quotidiano tra Salvini e Di Maio?
“Sono preoccupato per il Paese. Questi litigi quotidiani pre-elettorali fanno ormai parte di una tattica consumata che spero sia venuta anche a noia. I contraenti del patto di governo hanno bisogno di visibilità in occasione delle Europee, tutto questo porta ad un confitto perenne ma al tempo stesso non mollano il patto di potere che hanno sottoscritto. In questo modo abbiamo perso mesi e il paese va a sbattere”.

Il Pd è il secondo, terzo partito in Parlamento. E però non riesce a “bucare” con una vera controproposta. Che fare per incidere nell’agenda politica?
“Il segretario Zingaretti sta lavorando alla nostra controproposta che sarà resa nota a giorni e avrà due parole chiave: crescita e lavoro. Se il paese non cresce non c’è spazio per fare occupazione né per distribuire reddito. Invece, dopo un anno di governo del cambiamento siamo più in recessione che in stagnazione con una previsione di crescita per il 2019 pari allo zero, il debito pubblico in crescita, lo spread sempre più pesante. Oltre ai dati economici negativi che già conosciamo, gli ultimi dati sulla cassa integrazione aggravano ulteriormente la situazione. Nei primi tre mesi del 2019, secondo il dossier del mio centro studi “Lavoro&welfare”, il monte ore della cassa integrazione (cig, ndr) è cresciuto del 6%, quasi 66 milioni di ore, 22 milioni al mese.  Significa che in questi tre mesi, a causa della cassa integrazione, c’è un taglio delle retribuzioni pari a 272 milioni di euro, al netto delle tasse. Tutto questo segnala una forte criticità. E siamo tornati al punto fondamentale: se non si fa occupazione non si fa reddito”.

La seconda parola chiave è lavoro…
“Aggiungo di qualità e ben remunerato.  Non a caso la nostra prima proposta è stata il salario minimo per coloro che non hanno un contratto di lavoro. Che è ben diverso dal salario minimo per tutti di cui parla  Di Maio e che corre il rischio di favorire la fuga delle imprese dal sistema contrattuale”.

In che modo?
“Il ministro Di Maio propone 9 euro lordi per tutti. E’ sbagliato perchè in questo modo si rischia di abbassare il livello del reddito. Occorre invece che la legge recepisca i mini tabellari stabiliti dai contratti nazionali del lavoro.  Alla paga tabellare vanno poi aggiunti gli scatti, le ferie, la maternità, gli infortuni, il tfr, la 13 esima. I diritti”.

Il salario minimo avrebbe così un costo enorme.
“No, avrebbe un costo contrattuale. Il paradosso  che sostengo è questo: meglio avere 8 euro lordi di paga tabellare stabiliti in base ai contratti anziché 9 euro ma sganciati dai contratti. E dai diritti”.

Non si crea lavoro con il salario minimo.
“E infatti il Pd punta tutto sul taglio netto del cuneo fiscale del lavoro a tempo indeterminato. Abbiamo già introdotto l’equo compenso per i professionisti, che va applicato. Poi quella che io definisco azione keynesiana per rilanciare investimenti pubblici e privati. Infine un poderoso taglio degli ostacoli burocratici”.

Se il taglio della burocrazia potrebbe essere a costo zero, per il taglio del cuneo e la politica keynesiana sugli investimenti servono molti soldi. Dove li prendete?
“Dobbiamo saper spendere meglio i fondi europei. E’ una vecchia questione. La soluzione passa anche da una classe di amministratori preparati ai nuovi standard europei. Certamente non andremo a fare ulteriore deficit, impossibile, tra l’altro, con la stagnazione economica. Qualcosa possiamo recuperare dai due fondi, Quota 100 e Reddito di cittadinanza: di quei miliardi stanziati ne saranno spesi molti meno”.

Adesso ci arriviamo. Prima però un passo indietro al lavoro e ai salari minimi. Il 26 maggio votiamo per le Europee. Qual è la proposta del Pd contro il dumping fiscale in Europa che spinge le aziende a delocalizzare?
“Intanto il dumping va sconfitto in Italia. Il Cnel sta esaminando i contratti di lavoro per capire quanti, a fronte di 888 tipologie diverse di contratto, sono riconducibili per la parte salariale ai contratti cosiddetti leader di Cgil, Cisl e Uil e Confindustria.  Mettere fuori gioco chi non ha questi standard è una prima operazione di regolazione del dumping. Il Cnel, inoltre, è promotore di una proposta di legge per dotare tutti i contratti di lavoro di un codice alfanumerico collegato con l’Inps per incrociare in modo trasparente i dati relativi alla retribuzione, al versamento dei contributi e al rispetto degli standard. Questo sarà un grosso passo avanti per un lavoro di qualità ed equamente retribuito”.

Una proposta di sinistra?
“Sì, e anche di giustizia sociale. Facciamo un esempio: in edilizia non ci possono più essere 150 mila lavoratori con contratto da badante o da florovivaista che ovviamente costano meno”.

E contro il dumping in Europa?
“Anche qui, è assurdo parlare come fa Di Maio, di salario minimo europeo. A quale salario fa riferimento il ministro del lavoro? Ai 1998 euro mensili che sono il minimo in Lussemburgo? O ai 235 euro della Bulgaria? Allora, la nostra proposta è creare fasce di avvicinamento progressivo. Le proposte draconiane alla Di Maio sono bandierine facili da sventolare ma non sono attuabili. Peggio: rischiano di mettere fuori gioco l’economia”.

Quando presiedeva la Commissione lavoro lei era parzialmente favorevole a Quota 100. Adesso che è stata realizzata, la convince?
“Condivido il principio ma non il metodo. Le “quote” sono state inventate da me e Prodi, la prima fu nel 2007, la quota 95, 60 anni e 35 di contributi. Sono, lo dico con orgoglio, una misura di sinistra. Per noi però le quote erano concepite con addendi mobili, l’importante era la somma finale, nel nostro caso 95. Quella di Salvini è invece una finestra riservata, come dimostra l’analisi delle oltre centomila domande arrivate, a chi nel mondo del lavoro ha già goduto di maggiori vantaggi”.

Quota 100 una misura per privilegiati?
“Se il minimo contributivo deve essere fisso (almeno 38 anni di contributi consecutivi), significa che ci riferiamo a carriere continuative di lavoratori per lo più maschi, di grandi imprese o della pubblica amministrazione. I requisiti per Quota 100 tagliano fuori chi ha lavorato nel privato e magari ha avuto pause, sospensioni o è stato licenziato tra i 55 e i 60 anni, le donne per via della maternità, chi svolge lavori discontinui, ad esempio nell’edilizia perché i cantieri nascono e poi chiudono. Non è un caso se forse l’unica proposta, mia e del Pd, accettata dal governo è stata la conferma dell’ape social e Opzione donne”.

E come giudica Rdc alla luce delle prime stime rese ufficiali da Inps, Caf e Poste? Ci sono meno poveri dei 5 milioni stimati – il che sarebbe una bella notizia –oppure il Reddito è stato concepito male?
“Risultano molte meno adesioni del previsto.  E dunque è chiaro che qualcosa non ha funzionato nei requisiti di adesione. In più il Reddito ha il difetto di essere troppo alto rispetto alla media dei salari italiani e questo potrebbe indurre le persone a scegliere di stare a casa fino ad esaurite il tempo disponibile e intanto lavorare a nero”.

Oggi tutti parlano dell’intervista del capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio che in un’intervista a La Stampa sembra aprire ad una maggioranza Pd e 5 Stelle. E’ un’ipotesi sul tavolo?
“Secondo me questa ipotesi non è mai esistita. Ribadisco il fatto che il Pd è alternativo ai 5 Stelle e alla Lega. Non esiste alcuna possibilità di accordo. Chiarito questo punto, appartiene alla dialettica parlamentare entrare nel merito delle proposte della maggioranza con controproposte e correttivi. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con l’anticamera per una nuova alleanza politica”.

Cosa insegna il voto spagnolo?
“Che nulla è scontato. Che le forze riformatrici del centro e della sinistra possono ancora arginare la follia distruttiva delle destre e dei sovranisti. Dunque, rimbocchiamoci le maniche e al lavoro”.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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