Il retroscena] “Stanno fondando il partito unico dei populisti”. L’alleanza di ferro tra Cinque Stelle e Lega spaventa Berlusconi

Consultazione continua, unanimità tra i capigruppo, coordinamento anche a Strasburgo: le regole di ingaggio prefigurano un accordo duraturo. “Faranno il Partito unico dei populisti, ci porteranno al disastro”, temono dentro Forza Italia. “Restiamo distinti, anche se devo riconoscere che sono persone corrette”, ammette Di Maio. Anche i “pontieri” del centrodestra ora hanno paura

Berlusconi, Di Maio e Salvini
Berlusconi, Di Maio e Salvini

Luigi Di Maio e Matteo Salvini nel Contratto per un governo di cambiamento l’hanno definita “cooperazione tra le due forze politiche”. Dal momento che non si fidano troppo l’uno dell’altro hanno messo in chiaro - con tanto di firma davanti al notaio - le regole d’ingaggio: “I contraenti stabiliranno insieme il lavoro in ambito parlamentare e governativo e si adopereranno per ottenere il consenso rispetto a questioni relative a procedure, temi e persone”, si impegnano “a fornirsi tempestivamente informazioni esaurienti” e “a discutere in modo adeguato, in modo da verificare la possibilità di realizzare ulteriori intese”.

Telefoni bollenti

Lo strumento è quello cui è dedicato un altro paragrafo, la “Cooperazione tra gruppi parlamentari”, che obbliga Cinquestelle e leghisti a muoversi a testuggine, dal momento che “la richiesta di calendarizzazione deve essere oggetto di accordo tra i presidenti dei gruppi parlamentari delle due forze politiche”. Danilo Toninelli e Gianmarco Centinaio, Giulia Grillo e Giancarlo Giorgetti (o chi prenderà il suo posto, qualora il numero due del Carroccio dovesse entrare nel governo) si dovranno sentire praticamente per tutto, moltissime volte al giorno.

Coordinamento europeo

Questo “modello” prevede un “Coordinamento politico con l'Europa”, cioè una specie di federazione tra i gruppi anche a Strasburgo, dove il Capitano di Via Bellerio ha appena messo a capo del gruppo la fedelissima sua ex collega Mara Bizzotto. Pure in caso di dissenso totale, cioè di crisi dell’asse gialloverde, è prevista una soluzione: “Nel caso in cui le divergenze persistano, verrà convocato il Comitato di conciliazione” per “addivenire ad una posizione comune”.

Le critiche di Brunetta

Più che un accordo temporaneo, insomma, quello siglato dai due vincitori delle elezioni del 4 marzo sembra l’inizio di una nuova coalizione che, secondo qualcuno, potrebbe essere l’embrione di partito unico. Renato Brunetta, ex capogruppo azzurro a Montecitorio lo ha già pure battezzato: “Io lo chiamato PUP, Partito Unico dei Populisti”. Eletto in un collegio del Veneto anche grazie ai voti del Carroccio, l’economista è critico sin dalla prima ora con la linea politica scelta dal segretario leghista all’indomani del risultato elettorale, ha sempre contrastato gli abboccamenti coi Cinquestelle che invece, lunedì, produrranno un governo. “Il Pup è una prospettiva che mi fa venire i brividi, un’alleanza che distruggerà il Paese. Torna a casa, Matteo.  A meno che questa sua scelta temporanea e nazionale non abbia una prospettiva strategica, di lungo periodo, che io, che gli italiani, di certo, non potranno accettare”, ha detto chiaramente, parlando ad un comizio per le Amministrative proprio nella sua Regione. 

Accordo o coalizione?

Ma è lo stesso leader di Forza Italia che venerdì, nella telefonata “rovente” col segretario della Lega, gli ha rinfacciato quello che oggi appare evidente a tutti: “Non hai stretto un’alleanza temporanea, ma avete un programma di legislatura”. Addirittura Giovanni Toti, l’azzurro certamente più vicino al segretario della Lega, sembra cominciare ad avere qualche sospetto: “Dica chiaramente che si tratta di una soluzione temporanea e che la prospettiva resta il centrodestra”. Poi addirittura lui ha contestato alcuni punti del programma concordato, come, per esempio, quello che prevede la sospensione dei lavori per la Tav e la chiusura dell’Ilva. “Chiedo all’amico Salvini, oggi in procinto di varare un Governo con il Movimento 5 Stelle, di difendere quel modello di crescita e di sviluppo che abbiamo immaginato e costruito insieme in molte campagne elettorali”.

Populisti contro europeisti

La distanza tra i gialloverdi e tutti gli altri, insomma, è così siderale che pure gli uomini-ponte sono stati costretti a scegliere da che parte stare. Anche dentro al Pd sono certi che la prospettiva sia quella di un polo populista che si salderà al governo e di un polo europeista che resterà all’opposizione. Le voci hanno cominciato a girare così vorticosamente che Di Maio in persona si è ritrovato costretto a smentire: “Con la Lega firmiamo un contratto, ma siamo forze politiche alternative e lo resteremo”, rassicura, parlando su Facebook. Ai neo alleati, però, il capo politico pentastellato riserva solo parole di stima: “Continueremo ad essere alternativi, devo però dare atto alla Lega che sono stato corretti fino ad ora e quello che non andava bene ce lo siamo detti e abbiamo trovato una vera sintesi”.

La strategia di Salvini

Anche il segretario della Lega frena. Farlo conviene soprattutto a lui dal momento che in questo fine settimana si vota in Val d’Aosta e tra poche settimane ci sarà una importante tornata elettorale per le Amministrative e il centrodestra corre quasi dappertutto unito, mentre i Cinquestelle non sono molto in partita. “Il centrodestra non solo esiste ancora, ma è più vivo che mai, granitico”, ha detto ieri sera a margine della sua visita ad un gazebo della Lega a Milano. “Giorgia Meloni? Ho parlato con lei tanto e ci parlerò ancora. Berlusconi vuol fare il premier? Se si tornerà a votare si candiderà, ognuno ha le sue ambizioni”. Di Maio e Salvini ammettono che ormai “non si torna indietro” ed “entro una settimana qualcosa si farà”.

Premier fumoso

Sull’identikit del premier ancora fumo, ma, per la prima volta, almeno una certezza. “Non so se sarò io e se sarò in squadra”, ammette il deputato eletto a Pomigliano d’Arco. Lorenzo Fontana, vicepresidente della Camera e fidato consigliere del segretario leghista - che è senatore eletto in Calabria - si lascia scappare qualcosa di più: “Il premier sarà un po’ più spostato nell’area dei Cinquestelle perché in questa maggioranza loro hanno il 32 e noi il 17%, ma non sarà effettivamente un esponente del M5s, quindi immagino abbia un po’ più di equilibrio tra le componenti. Noi prenderemo Agricoltura e Interni”. Oggi l’ultimo incontro tra i due leader, domani saliranno insieme al Colle col nome.