[Il retroscena] Così i parlamentari della Lega si sono autotassati e hanno salvato la campagna elettorale di Salvini
Il bilancio 2017 del Carroccio rivela che il partito del vicepremier era rimasto senza un euro a causa del sequestro e, per finanziare la campagna elettorale il tesoriere ha richiesto un “contributo straordinario” molto alto a tutti gli eletti. Da Giorgetti a Volpi a Centinaio, tutti hanno versato dai 36 mila ai 50 mila euro alle casse di via Bellerio. Maroni ha dato un contributo volontario, Bossi no. Grazie al grande numero di eletti l’emergenza economica è finita, ma Salvini ha dovuto tagliare personale e servizi

I partner della Lega, i Cinquestelle, della “restituzione” e dell’autofinanziamento al partito avevano fatto un simbolo. Il Movimento guidato da Luigi Di Maio ha così potuto rivendicare da sempre di riuscire a sostenersi attraverso i versamenti degli eletti, rinunciando ad ogni tipo di finanziamento pubblico. Con l’eccezione, tutt’altro che irrilevante, dei contributi spettanti ai gruppi parlamentari. Il partito guidato da Matteo Salvini, invece, si è trovato costretto a “strizzare” i suoi eletti per ben altre ragioni: per il fatto di avere avuto i conti bloccati. Alla fine dello scorso anno, infatti, la Procura di Genova aveva messo sotto sequestro il patrimonio del partito con sede in via Bellerio, chiedendo la restituzione di 48 milioni di euro dopo la condanna di primo grado nei confronti di Umberto Bossi e Francesco Belsito, accusati di truffa ai danni dello Stato per circa 49 milioni di euro di rimborsi elettorali.
Il “rendiconto per l’esercizio chiuso al 31 dicembre 2017” del partito che, nonostante il maquillage al simbolo, continua a chiamarsi “Lega Nord per l’indipendenza della Padania”, depositato in queste ore, rivela come il “capitano” è riuscito a ovviare a questo “inconveniente”. L’escamotage - o più semplicemente, la soluzione di emergenza escogitata - è stato quello di chiedere un “contributo straordinario” e piuttosto sostanzioso ai deputati e ai senatori leghisti. Di fronte all’impossibilità di condurre una campagna elettorale con le casse vuote, il tesoriere Giulio Centemero ha chiamato uno ad uno tutti gli eletti. Il risultato è che, tra la fine del 2017 e il 28 marzo 2018, appena in tempo per poter scrivere e chiudere il bilancio, sono partiti i bonifici. Dalla A di Allasia Stefano, che ha versato 42 mila euro, alla V di Volpi Raffaele, che ne ha versati 51 mila, tutti gli uscenti, in due soluzioni, hanno consentito di racimolare la bellezza di 1,3 milioni di euro. Tra i più generosi sono stati il neo ministro Gian Marco Centinaio (con 15 mila euro versati il 13 settembre 2017 e altri 31 il 28 marzo per un totale di 46 mila euro) e Roberto Calderoli, vice presidente del Senato, che ne ha sborsati 45. Particolarmente generosa è stata anche Mara Bizzotto che poche settimane dopo le Politiche, nonostante sia eurodeputata, ha versato nella casse del Carroccio un contributo di 36 mila euro e che, proprio qualche giorno dopo, ha preso il posto di Matteo Salvini come capogruppo della Lega all’Europarlamento. Tra i contributori del partito c’è Giancarlo Giorgetti, oggi sottosegretario a Palazzo Chigi, che in due tranche ha “restituito” 48 mila euro, dodici in più del neo ministro della Famiglia Lorenzo Fontana. Il “capitano” Salvini, forse per dare il buon esempio, ha versato in un’unica soluzione 36 mila euro il 28 marzo, appena dopo essere diventato senatore della Repubblica, dopo una legislatura passata tra Strasburgo e Bruxelles. Almeno teoricamente.
Nell’elenco chi ha versato soldi alla Lega per sostenere le spese della campagna elettorale c’è anche un ex segretario. Uno solo, per la verità. Perché se Umberto Bossi, ricandidato all’ultimo secondo e rieletto senatore nel collegio Como-Varese, è stato renitente alla chiamata, Roberto Maroni, al contrario, lo ha fatto. Il governatore uscente della Lombardia, che pure non si è ricandidato e ha deciso di dire “arrivederci” alla politica, ha infatti disposto un bonifico di 6900 euro il giorno 28 marzo, quando era già un uomo “libero”, pronto per la sua nuova avventura di avvocato e consulente. E’ grazie a questo “tesoretto”, che non ha nulla da invidiare a quello raccolto dai Cinquestelle con lo strumento delle “restituzioni”, che il Carroccio ha potuto così stampare i manifesti e finanziare le moltissime iniziative pubbliche. Già, perché il sequestro cautelativo dei conti è arrivato in un momento già piuttosto complicato per le casse del partito. La Lega Nord per l’indipendenza della padania, come rivela proprio il bilancio, era rimasta con una liquidità di soli 41 mila euro. L’anno precedente il bilancio si era chiuso con un buco da un milione di euro e le risorse erano 164mila euro, cioè nulla rispetto all’anno 2010, quando il Carroccio aveva una disponibilità liquida di 31,6 milioni di euro. Già nel 2013 era stato chiuso il giornale La Padania, eliminata la mensa dei dipendenti del partito, dismesse intere ali della sede di via Bellerio a Milano e addirittura vendute le frequenze di Radio Padania dove l’attuale vicepremier e ministro dell’Interno si è formato e ha affinato la sua arte oratoria. Le spese per acquisti di materiale e servizi, canoni di locazione sono state ridotte di tre quarti passando dai 16,1 milioni del 2014 ai 4,3 del 2016. Salvini ha dovuto falcidiare il numero dei dipendenti del partito, passati in un solo anno da 29 a 7.
Dal 4 marzo in poi le cose non possono che andare meglio. Non solo quello della la Lega è oggi il secondo gruppo più numeroso alla Camera (e il terzo al Senato), ma può contare sui contributi di ministri e sottosegretari, scaricando un po’ di costi - come quelli per gli spostamenti - sullo Stato. I gruppi alla Camera e al Senato per quest’anno potrebbero ricevere rispettivamente 5,9 milioni di euro e 3,4 milioni, e il momento d’oro di Salvini potrebbe tradursi in un incasso record di quote destinate dagli italiani col 2 per mille. Quest’anno i simpatizzanti potranno addirittura scegliere ancora tra due diverse opzioni: con il codice D13 possono dare il 2 per mille del reddito dichiarato alla “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” e con il D43 alla “Lega per Salvini premier”. Nel 2017 grazie a questo strumento il Carroccio ha incassato 1,9 milioni di euro.
Così i parlamentari della Lega si sono autotassati e hanno salvato la campagna elettorale di Salvini. Il bilancio 2017 del Carroccio rivela che il partito del vicepremier era rimasto senza un euro a causa del sequestro e, per finanziare la campagna elettorale il tesoriere ha richiesto un “contributo straordinario” molto alto a tutti gli eletti. Da Giorgetti a Volpi a Centinaio, tutti hanno versato dai 36 mila ai 50 mila euro alle casse di via Bellerio. Maroni ha dato un contributo volontario, Bossi no. Grazie al grande numero di eletti l’emergenza economica è finita, ma Salvini ha dovuto tagliare personale e servizi.