[Il retroscena] L’offerta di Berlusconi a Salvini: fai il premier, trovo io i “Responsabili”. Ma il regolamento lo vieta

Il Cavaliere conferma “contatti tra senatori di Forza Italia e senatori dei Cinquestelle”. I pentastellati non ricandidabili sono 30, almeno 5 gli interessati a sostenere un governo diverso. Il Regolamento del Senato, però, vieta la costituzione di nuovi gruppi parlamentari. L’ex premier ingolosisce il leader della Lega offrendogli Palazzo Chigi: “Rispetta un Contratto di governo con l’M5s, ma non il patto con gli elettori”. L’ex premier si vuole candidare capolista alle Europee in tutti i collegi.

Berlusconi e Salvini (Ansa)
Berlusconi e Salvini (Ansa)

L’offerta è chiara, che più chiara non si può: “Il premier? Dovrebbe essere Matteo Salvini, per l’accordo preso prima delle elezioni”. Silvio Berlusconi irrompe ancora una volta sulla scena e consegna alla presentazione del libro di Bruno Vespa la sua proposta al leader della Lega, confermando i propositi già espressi qualche giorno fa. “Bisogna cambiare il governo fatto assolutamente da incapaci; non basta cambiare solo la Manovra”, dice. Per l’alleato alle Regionali, che dovrebbe vedere oggi insieme a Giorgia Meloni per chiudere il “pacchetto” amministrative, l’ex premier non ha solo parole di stima. “E’ necessario che torni a casa, nel centrodestra. Abbiamo detto a Salvini: “prova a fare il governo, ma tieni nel programma il centrodestra”. Questo, però, non è accaduto. “Siamo a una situazione in cui Salvini non rispetta gli impegni con la Lega”. E Berlusconi rivendica la fedeltà al patto originario: “Ha stipulato un contratto privato con il M5s, ma un altro, pubblico, con migliaia di elettori”, che, per il Cavaliere, ovviamente, dovrebbe essere assai più impegnativo. 

 

L'obiettivo del leader di Forza Italia, dunque, è chiaro: spingere per un cambio di passo - e di premier - lavorando ad un’alternativa alla maggioranza gialloverde. Il piano che ha in testa è quello di offrire al vicepremier il posto oggi occupato da Giuseppe Conte, portandolo lì grazie ad una maggioranza di centrodestra allargata a un gruppo di “responsabili” pentastellati. Lo aveva anticipato la settimana scorsa, salutando “con soddisfazione” l’adesione a Forza Italia di Matteo Dall’Osso, e ieri ha confermato che il suo obiettivo è proprio quello di mettere insieme un gruppo di transfughi delusi dai Cinquestelle e pronti a sostenere un’ipotesi di governo diversa. Berlusconi per ora circoscrive l’operazione a Palazzo Madama, dove M5s e Lega già possono contare solo su una maggioranza traballante: “Non conosciamo i nomi ma conosciamo i discorsi tra esponenti dei M5s e i nostri senatori per creare un gruppo autonomo di responsabili disposti a sostenere un nuovo governo”. Il bacino a cui si rivolge è quel 35% costituito dai 109 senatori pentastellati giunti alla seconda legislatura e che quindi, in caso di elezioni anticipate, non potranno essere ricandidati. Sono quasi 35. Un bel numero, considerato che i senatori leghisti sono 58 mentre il gruppo forzista - che a Palazzo Madama è il secondo -, è formato da 61 eletti. 

 

Dopo la sua esternazione, però, Berlusconi ha ricevuto più di una telefonata. Sarà pur vero che “almeno cinque” eletti sarebbero pronti a sostenere un governo diverso, ma il nuovo Regolamento del Senato vieta esplicitamente la costituzione di nuovi gruppi che non siano espressione di forze politiche  presentatesi alle elezioni. È una delle norme anti-ribaltone che in passato pure Forza Italia e la Lega avevano sostenuto. I pentastellati negano. “Berlusconi dice di conoscere i discorsi tra senatori M5S e FI. Sarà... noi però conosciamo bene disastri e scandali di quando governava lui. I nostri portavoce fanno politica per rispettare la fiducia degli elettori e migliorare la vita degli italiani. Parliamo di cose serie…”, risponde il capogruppo del M5s alla Camera, Francesco D'Uva. Berlusconi, però non demorde: “Io ho detto che, qualora ci fosse una crisi, ci sono due strade: formare una nuova maggioranza o andare a elezioni. Conoscendo il Presidente, credo che non passerebbe alle elezioni, ma considererebbe una nuova maggioranza per il Paese". Di certo il Cavaliere non pensa, come insinuano invece i grillini, di chiedere un “aiutino” a quel che resta del Pd. Così, di fronte al fatto che i forzisti sono costretti ormai da settimane a difendersi dall’accusa di volete un nuovo Nazareno,  garantisce: “Secondo gli ultimi sondaggi, un eventuale partito di Matteo Renzi sarebbe stimato al 6 per cento. Comunque, non ci sono stati contatti con lui e qualsiasi contatto avrebbe conseguenze negative sul nostro elettorato”.  

 

Per dare più forza al suo piano di riconquista del potere, il fondatore di Forza Italia, venticinque anni dopo la sua dichiarazione in favore di Gianfranco Fini candidato sindaco di Roma, che fu il prologo della sua “discesa in campo”, tiene a precisare che non ha alcuna intenzione di farsi da parte. “I miei delfini si sono rivelati delle sardine…”, ha scherzato.  E sembra intenzionato a candidarsi sul serio per un seggio a Strasburgo. "E' molto probabile che accetti di presentarmi alle elezioni europee, magari presentandomi in tutti i collegi, magari seguito da una donna. Questo varrebbe tra il 3 e l'8% di voti in più per Forza Italia”. I problemi però non mancano, a partire dal fatto che, nella circoscrizione Centro, è impensabile che possa correre prima di Antonio Tajani, vicepresidente di Fi e presidente in carica del Parlamento europeo. Ma Berlusconi ha un’ altra sfida complicata, questa volta proprio con l’alleato che vorrebbe candidare a capo di un nuovo governo di centrodestra: alle Europee ci sono le preferenze e anche il segretario della Lega sembra avere l’intenzione di proporsi ovunque come capolista. Berlusconi, però, non si scompone, anzi, ostenta una certa sicurezza: “Ho ottenuto nella mia vita politica oltre 200 milioni di voti; a Salvini non ci penso”. 

 

Intanto si è saputo che il simbolo di Forza Italia subirà un leggero restyling, ma l’ipotesi che gli azzurri possano correre, come qualcuno aveva ventilato,  sotto le insegne de l’Altra Italia, è stata archiviata: “L'Altra Italia non è una lista collaterale. Non è mai stato un marchio di partito”. Non sembra che sondaggi e pronostici lo preoccupino molto. A caricarlo ulteriormente sarà sicuramente servita anche l’accoglienza da star che gli è stata riservata quando, al termine della presentazione del libro, è tornato a piedi nella sua residenza da via del Corso a Palazzo Grazioli. Quando, tra selfie e strette di mano, si è fermato anche a parlare a lungo con il venditore di caldarroste.