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[L’inchiesta] Tutti i nemici della sindaca Appendino. Ha mandato a casa le élite ma non basta

Il turismo è in calo, l’occupazione pure. I commercianti del centro sono sul piede di guerra. Mentre in periferia sono delusi perché attendevano un miracolo promesso ma impossibile da compiere

Chiara Appendino sindaca di Torino (Ansa)
Chiara Appendino sindaca di Torino (Ansa)

Fra tutte le critiche e le polemiche - anche pretestuose - che assalgono Chiara Appendino da quando governa Torino, c’è però qualcosa che le va riconosciuto, un vento di modernità che sogna una città più verde e più europea, con meno macchine e servizi migliori, netturbini di quartiere, bus elettrici, tante biciclette e periferie restaurate. Che questo progetto piaccia anche ai torinesi, da sempre soldati fedelissimi della città monoindustriale, è tutto da vedere. Ma il vero problema è un altro: la mancanza di soldi, che non è certo una colpa che le si può imputare. Solo che così, se da un lato comincia ad avviare alcune iniziative in questo senso, investendo 45 milioni di euro per 235 interventi di riqualificazione nei quartieri più disastrati, ristrutturare via Nizza - ambizione al limite dell’utopia: è una via così brutta che se ci riuscisse, tanto di cappello -, rimodernare i trasporti, rimettere a nuovo «18 giardini e 23 aree giochi» e creare nuove piste ciclabili per fare diventare Torino «capitale della bicicletta», dall’altro è costretta a tagliare o a non poter più versare i fondi che tengono in piedi altri settori. Nonostante tutte le smentite di rito, ne hanno fatto le spese cultura e turismo, e questo forse è un errore grave, perché, ha ragione il presidente della Fondazione Musei Maurizio Cibrario, erano i motori da cui ripartiva la città del dopo Fiat.

Il problema del turismo

L’esempio più evidente viene dal turismo. Il 2017 è un anno che vive ancora sulla spinta del lavoro svolto dalle amministrazioni precedenti e in particolare da Maurizio Braccialarghe, l’ex assessore alla cultura, e raccoglie ancora risultati straordinari, ma negli ultimi mesi, quando forse comincia a pesare il governo Appendino, inizia a crollare: il tasso di occupazione delle camere scende di 2,4 punti a ottobre, 3,4 a novembre, 3,7 a dicembre. «La paura è che sia partita la discesa», dice Alessandro Comoletti, presidente Federalberghi. «Il Comune deve fare scelte politiche precise e decidere se sostenere davvero il turismo o se invece preferisce investire in altri settori». Per i musei i dati sono ancora più evidenti. Senza più le grandi mostre portate a Torino da Braccialarghe e con i tagli drastici imposti dalle casse vuote, i 4 musei civici di Torino sono finiti in ginocchio passando da 816mila visitatori nel 2016 a 616mila nel 2017. Certo è che adesso rischia anche la fondazione Turismo Torino perché il Comune forse non trova più i soldi per finanziarla, e sarebbero a rischio altri 85 posti di lavoro. Il Guardian, nel suo lungo articolo, sostiene che «Chiara Appendino eletta con voto di protesta nel 2016 è sotto attacco perché non sta portando a termine le promesse». E cita alcune persone. Pietro Occhetto, titolare di un negozio in centro: «C’è la netta sensazione anche tra chi l’ha votata, che Torino sia una città che non viene più guidata, amministrata». Guerrini, presidente della circoscrizione Crocetta centro: «la gente è arrabbiata. Mai si era vista una tale distanza tra l’amministrazione comunale e i cittadini. Si nota la mancanza di esperienza e l’arroganza che ne consegue. Lei impone soluzioni pensando che siano giuste, ma avrebbe bisogno di ascoltare di più».

Non è sparito il legame con la base

Anche in questo caso, la nostra impressione è un po’ diversa. Non è affatto crollato il feeling con la base del suo elettorato, e basta fare un passaggio sulle sue pagine facebook per accorgersene: il dialogo è continuo e numeroso, e lei cerca il consenso del suo popolo, assieme agli assessori migliori, che sono Alberto Umia all’ambiente e Maria Lapietra ai trasporti. Comincia invece a perdere il consenso tra gli antiFassino, il voto di protesta che l’ha scelta a sua insaputa nel ballottaggio. Non pensiamo proprio che il 4 marzo a Torino crolli il M5S: se perderà qualcosa, ed è probabile, sarà un calo fisiologico. In mezzo ci sono anche le promesse non mantenute, è vero. E sulle periferie, come ha osservato lo storico della letteratura Claudio Giunta al Foglio, «è stata fatta una campagna di promesse fondate sul nulla. Che hanno create aspettative alte, inevitabilmente frustrate, e dunque rabbia».

Le sassate contro le le installazioni "Luci d’artista"

E questa è l’altra faccia dolente del governo Appendino. Lei può vantare fra le cento cose fatte o progettate per Torino anche aver portato «Luci d’artista», una vera e propria mostra d’arte contemporanea, per la prima volta nelle periferie. Ma proprio qui è partita la contestazione che la insegue da allora, quando presero a sassate le installazioni con grande scandalo di tutti. Era fine ottobre e nacque un comitato delle Vallette che la pedina appena mette il naso fuori, come spiega un suo attivista, Thomas Lussi: «Il 60 per cento dei residenti del mio quartiere ha votato per lei sperando che cambiasse il corso degli eventi che vede sempre il centro privilegiato. Ma nulla è cambiato. Siamo delusi». Senza soldi è difficile fare qualcosa, e la periferia di Torino è storicamente un dormitorio di palazzi dalle quinte fatiscenti che incombono su vie irreali e abbandonate nella notte per gli immigrati del boom industriale, accatastati vicino all’autostrada per Milano o alla Fiat Mirafiori. Impossibile dall’oggi al domani renderla un posto meraviglioso. Solo che le promesse qualche volta si pagano. Così, quando il 30 gennaio Chiara Appendino si è presentata al circolo dei lettori per un incontro con Gad Lerner, il comitato si è rifatto vivo inscenando una protesta tenuta fuori con forza dalla Digos. Avevano steso anche uno striscione, «Bacio di Giuda Tour», in memoria del saluto affettuoso che lei aveva fatto a uno di loro giurando di mantenere le promesse. Un attivista è riuscito a entrare gridando la sua rabbia: «Hai dimenticato le periferie e l’emergenza abitativa del quartiere delle Vallette!». Con loro c’erano, anche se in silenzio questa volta, i lavoratori della Fondazione Torino Musei, che invece si erano fatti vivi davanti al Regio, prima di Natale, quando lei stava per partecipare al brindisi con i dipendenti del Comune: «La Appendino con la sua politica di tagli sta mettendo in pericolo tanti posti di lavoro a Torino».

Agli sgoccioli l’alleanza con il presidente Chiamparino

Come se non bastassero tutti questi problemi, l’alleanza con il presidente della Regione Chiamparino è ormai agli sgoccioli. Con grande sollievo dei suoi elettori. Ma con qualche preoccupazione degli osservatori esterni, perché verrebbe a mancarle una sponda utilissima. Nei primi tempi il rapporto era strettissimo e sembrava quasi che lei concertasse parecchie cose con lui. Fino al momento in cui, come racconta Stefano Rizzi, dello Spiffero.it, dopo il caso Tne, la società che deve gestire l’ex aerea Fiat, quando il Comune si tirò indietro decidendo di non versare la sua parte di finanziamenti, «Chiamparino disse adesso basta! Da allora quel matrimonio, che noi avevamo battezzato sistema Chiampendino, è morto e sepolto». Così, la sindaca è rimasta sola. Ha contro i residenti del centro che non hanno mai visto di buon occhio le sue misure. E anche i commercianti adesso. Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti, ha parole durissime: «E’ un’amministrazione fatta di apprendisti stregoni e dilettanti allo sbaraglio che rischiano di far morire il centro». In questo clima, lei deve gestire la questione Gtt, l’azienda dei trasporti pubblici che attende di attuare un piano industriale su cui gravano ancora parecchie incertezze, nonostante investimenti cospicui per rinnovare il parco autobus, «ormai troppo invecchiato, scomodo e inquinante», e con il rischio di perdere nuovi posti di lavoro; il bilancio di previsione del 2018, che non vedrebbe l’appoggio incondizionato di tutti i grillini in consiglio comunale; le contestazioni sempre più vocianti e i primi segnali di una campagna stampa poco amica. All’inizio del suo mandato, in verità, il giornale della città non sembrava guardarla con antipatia. Aveva scelto di star lontano da qualsiasi polemica. Poi ha cambiato indirizzo, forse per lo stesso motivo che le imputa l’artista Ugo Nespolo, perché «quella trasformazione da città fordista a metropoli moderna in grado di mostrarsi ospitale, anche grazie a un eccellente polo universitario e alla scommessa su cultura e turismo, si è interrotta». Il fatto è che il sistema Torino che aveva amministrato la città prima di lei si fondava proprio su questo progetto. Era il suo unico, grande merito. Ma se volevi distruggerlo, come facevi a lasciar viva la sua idea di futuro?

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno, inviato a Torino   
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