[Il retroscena] Settanta giorni dopo il crollo del Ponte Morandi il governo non trova ancora i soldi per Genova

Il decreto slitta ancora. La commissione Bilancio della Camera scopre un problema con la copertura economica del testo scritto per ricostruire Ponte Morandi e sostenere gli sfollati e le aziende genovesi. Dopo una giornata di stop and go in Aula, il ministro Fraccaro ammette: “C’è un problema con l’articolo 8, troveremo i soldi più avanti con la Manovra”. Ma intanto l’approvazione slitta a mercoledì, termine ultimo prima che scada. Così al Senato il via libera dovrebbe arrivare il 15 novembre: tre mesi dopo il crollo. Il 24 l’interrogatorio dell’ad di Autostrade. L’accusa: pochi monitoraggi per risparmiare

(Foto Ansa)
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Due mesi e mezzo dopo il crollo del Ponte Morandi, ancora non c’è traccia del testo finale del decreto Genova, che per qualche tempo era stato chiamato Emergenze. Ci vorrà ancora una settimana prima che assuma la sua forma definitiva e poi dovrà passare al Senato, per una nuova approvazione. Prima del 14 novembre è difficile che diventi legge: saranno passati tre mesi dal dramma. A complicare l’iter del dispositivo, che già era partito male per le polemiche sulla nazionalizzazione di Autostrade per l’Italia e sull’identità di di chi dovrebbe occuparsi della ricostruzione, sono stati i costi. A notarlo - non senza un certo imbarazzo - è stato per primo Claudio Borghi Aquilini.

L’economista leghista presidente della commissione Bilancio di Montecitorio ha fatto mettere a verbale che era il caso di sospendere l’esame del provvedimento ieri mattina perché l’assenza di documentazione completa impediva di individuare le coperture economiche. Il problema è che l’esame del provvedimento  era all’ordine del giorno della seduta del pomeriggio in Aula, ma senza il parere vincolante della Commissione non si poteva andare avanti. “Non ho mai visto una superficialità e un’approssimazione simile”, ha contestato Luigi Marattin, capogruppo del Pd in commissione, che denuncia, insieme a Leu, “una serie infinita di lacune” da un punto di vista finanziario.

Nel mirino delle opposizioni gli articoli sull’indennizzo ai lavoratori, sulla zona franca urbana per le imprese danneggiate dal crollo del ponte, sulle assunzioni al ministero della Giustizia.  Nel mirino ci sono l’articolo 7 e l’articolo 45, per i quali l’esecutivo non aveva individuato adeguati finanziamenti. La sostenibilità economica del testo che fu scritto da Danilo Toninelli, ma che sta gestendo il sottosegretario Vito Crimi, non è un problema di oggi. Dubbi sulla sostenibilità finanziaria del decreto erano stati sollevati in commissione Bilancio fin dalla prima seduta, tenutasi  il 16 di ottobre: al Governo era stata chiesta una lunga serie di chiarimenti.

La prima pedina del domino che ha comportato il rinvio dell’approvazione è caduta mercoledì. Il Governo, con il sottosegretario leghista Massimo Bitonci, aveva  promesso di depositare la documentazione sulle coperture economiche delle modifiche introdotte via via nel decreto entro le 19,00, ma il materiale è arrivato alle 20.40. Il tempo non era stato sufficiente per consentire ai deputati di farsi un giudizio.  La commissione di Borghi Aquilini alla fine ha votato un giudizio favorevole, ma con “condizioni volte a garantire il rispetto dell’articolo 81 della Costituzione”, quello, cioè, sul pareggio di bilancio: per ogni euro investito bisogna dire dove lo si va a prendere. Nonostante le rassicurazioni dell’esecutivo, ancora nella seduta di ieri, iniziata alle 14,35, mancava parte della documentazione con le coperture, come  ha ammesso  il relatore Gabriele Lorenzoni nel suo intervento. Seduta sospesa.

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, non l’ha presa bene: “Finchè  questo decreto non viene approvato, non si possono dare i soldi ai cittadini di Genova”. Altro stop di venti minuti chiesto dal Pd.  E’ lo stesso ministro a dover ammettere che qualche problema di coperture economiche non individuate esiste per davvero. “Le coperture mancano solo per l’articolo 8 del decreto, che disciplina la zona franca a sostegno delle imprese nel capoluogo ligure, ma saranno garantite nel 2019 perché le mettiamo nella legge di Bilancio”, assicura. Si parte con le misure, ma i soldi saranno stanziati nella manovra che il Parlamento discuterà nei prossimi mesi. 

I continui stop and go nel dibattito costringono il governo a rinunciare all’idea di approvare questa settimana il decreto e a rinviare il voto finale alla settimana prossima. La discussione si è dunque fermata all’articolo 4 dei 16 che compongono il provvedimento nel quale hanno incluso anche le misure per i luoghi terremotati del Centro Italia e dell’Isola di Ischia. Il rischio che la settimana prossima le sedute siano (quasi) h 24 è concreto: il decreto deve essere approvato al massimo mercoledì, altrimenti scade. Ci sono trecento emendamenti - specie di Pd e Leu - da discutere e da votare. Poi il decreto emergenze dovrà andare al Senato per l’approvazione finale. Intanto a Genova imprese e cittadini aspettano. “Chiudiamo la settimana prossima”, garantisce Fraccaro, che non esclude il ricorso a Palazzo Madama al voto di fiducia. Già così saranno passati tre mesi rispetto al crollo. 

Rischia di arrivare prima della politica - addirittura - la giustizia. E’ stato infatti fissato per  il 23 novembre l’interrogatorio di Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, indagato nell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi. Ieri sono stati notificati avvisi ad altri  7 indagati di Aspi e Spea. Quest’ultima società,  che si occupa dei monitoraggi e delle manutenzioni per Autostrade, già nel 2009 consigliò alla società di eseguire il monitoraggio, con diagnostica, sulla pila 9 annualmente e non ogni tre anni. Autostrade, però, non prese sul serio quel consiglio. Secondo gli investigatori della Guardia di finanza, il monitoraggio con diagnostica non venne effettuato perché più costoso.