[Il retroscena] La crisi italiana è più forte dei 130 missili americani. Centrodestra a pezzi e M5s con la Nato. Il Pd verso la svolta
Le posizioni restano cristallizzate nonostante l’atto di guerra. Martina: “Non siamo indifferenti”. Il Nazareno in campo solo se lo chiede il Capo dello Stato per dare vita a un governissimo. Salvini: “La mia pazienza è al limite. Ciascuno faccia un passo di lato e cominciamo a lavorare”. Berlusconi: “Serve un governo serio. Il vero rischio sono gli incompetenti e i nullafacenti”. Di Maio si posiziona con la Nato
Neppure i 130 missili americani sugli obiettivi siriani fanno fare passi avanti alla crisi politica. Anzi: l’atto di guerra aumenta la distanza tra Berlusconi e Salvini e tra Salvini e Di Maio. L’unica novità è che il Pd passa dalla modalità di osservatore esterno a quella di osservatore “non indifferente”, dove la differenza però è più profonda di quella semantica. Un quadro che non fa cambiare il timing del Quirinale: nessuna decisione sarà assunta prima di martedì-mercoledì. E al netto dei bollettini bellici dal fronte mediorientale, questi sì passibili di repentine accelerazioni, il barometro della politica oggi dovrà concentrarsi sulle capacità diplomatiche dei nostri vini visto che tutti i protagonisti della crisi saranno ospiti della rassegna vinicola a Verona, da Di Maio a Salvini, da Martina a Giorgia Meloni, passando per la presidente del Senato Elisabetta Casellati, il primo nome a cui il presidente Mattarella potrebbe decidere di affidare il percorso per uscire dallo stallo.
Il Pd in campo, se chiama Mattarella
I cambi di passo registrati al Nazareno venerdì dopo che il Capo dello Stato ha certificato lo stallo, hanno a che fare con un solo scenario tra quelli possibili: un governissimo col timbro del Quirinale. Per questo, e solo per questo, è stato deciso, su richiesta soprattutto della parte renziana del partito, il rinvio dell’assemblea già fissata per il prossimo sabato: sbagliato incrociare la discussione interna – segreteria, congresso, primarie - con l’evoluzione della crisi. Ieri è stato il reggente Maurizio Martina a definire la nuova modalità del Pd che resta, seppure sconfitto, il secondo partito in Parlamento. “Non siamo indifferenti” a quanto sta accadendo. Il Nazareno registra, cioè, che lo “stallo” sul governo “causato dai presunti vincitori è grave”. E l’eventuale fallimento del dialogo tra M5s e Lega mette il Pd davanti alla possibilità di andare a vedere le carte. “Siamo disponibili ad incontrare chi sarà il presidente incaricato, se ci sarà, ma certo non a discutere di un governo con le forze che hanno vinto le elezioni” ha precisato ieri a fine mattinata il coordinatore della segreteria Lorenzo Guerini dopo che le sue parole su un confronto “su punti programmatici” erano state intese come una possibile apertura ad un governo di tutti”. “Siamo alternativi a Di Maio e Salvini” ha puntualizzato il presidente del partito Matteo Orfini.
Le due partite del Pd
Al di là dei distinguo sui termini usati, sta accadendo ciò che è sempre stato detto: c’è una prima partita, quella che si concluderà tra martedì e mercoledì, in cui i “vincitori” del 4 marzo dovranno responsabilmente trovare una soluzione e dare a chi li ha votati le risposte che cercano. In questa prima partita il Pd gioca il ruolo che gli è stato assegnato dalle urne: opposizione responsabile e propositiva visto che è il secondo partito più votato.
Qualora – ed è ciò che si sta verificando – questa prima partita porti ad un nulla di fatto, cambia tutto, campo, giocatori e regole d’ingaggio. E allora il Pd avrà un ruolo molto più attivo. Siamo, quindi, nella fase di passaggio tra la prima e la seconda partita. E non al cambio di strategia auspicato dai cosiddetti “dialoganti” il cui leader è Dario Franceschini.
Il rinvio dell'Assemblea nazionale del 21 aprile durerà finché non sarà formato il governo ma, ha assicurato Martina, l'assise si farà “presto”. E se i renziani già guardano a giugno, le minoranze indicano il 5 maggio. A dimostrazione che l’Assemblea è vissuta solo in chiave interna, per l’ennesima conta tra renziani e non renziani.
Orlando e Cuperlo infatti hanno firmato una nota congiunta per dire che il rinvio è stata una scelta “sbagliata”: “Nessuno – scrivono - può pensare di salvare il Pd con un accordo tra correnti o rinviando il confronto”. La resa dei conti interna continua.
Gelo tra centrodestra e 5 Stelle
La situazione è cristallizzata. E la speranza, al momento, sono i benefici effetti di una domenica tra gli stand di Vinitaly, tra assaggi e degustazioni.
I missili colpiscono anche il centrodestra. Il filoputiniano Salvini ha criticato l'iniziativa attaccando chi ha “il grilletto facile”, cioè Trump. “Questo è il momento di non pensare e di non parlare”, è la risposta di Berlusconi anche ieri impegnato nel tour elettorale in Molise, protagonista assoluto tra bagni di folla e annunci dal predellino dell’auto. Berlusconi ha bocciato il “governo di tutti”, ha chiesto “finalmente un governo serio e autorevole, quello del centrodestra, per far tornare l'Italia protagonista in Europa” e ha legnato per l’ennesima volta il Movimento 5 Stelle “pauperista, giustizialista, senza radici”. “Un incarico a Di Maio sarebbe ingiustificato e ingiustificabile”, ha detto, il vero rischio è “la vittoria degli incompetenti e nullafacenti”.
M5s con la Nato
Di Maio, anche ieri silente sull’evoluzione dello stallo, ha invece appoggiato la linea atlantista dando l’appoggio agli alleati e scongiurando però di evitare “drammatiche escalation”. Dichiarazioni, fa notare lo staff del capo politico, pronunciate anche per favorire il lavoro del presidente Mattarella. Chissà se Di Battista dirà qualcosa, nelle prossime 48 ore, sul filoatlantismo di Di Maio.
Salvini “al limite della pazienza”
Politica estera a parte, Matteo Salvini, che Di Battista ha paragonato al barboncino Dudù di Berlusconi, ha detto di essere “al limite della pazienza”: “Basta con gli insulti, le ripicche, i veti e le polemiche. Se ciascuno fa un passo di lato si costruisce e si comincia a lavorare”. Salvini, insomma, ci crede ancora e ribadisce di non voler rompere con Berlusconi. Una possibile soluzione è la nascita, in Parlamento, del gruppo parlamentare unico della Federazione del centrodestra, un contenitore che tiene dentro i tre partiti della coalizione e, almeno a parole, leva di torno il problema di Forza Italia e Berlusconi che sparirebbero per magia dal patto politico. Un trucco, è vero, ma è anche vero che l’“ineleggibile e incandidabile” Berlusconi, che ha preso oltre 5 milioni di voti, non può essere l’ostacolo a un governo che deve assolutamente nascere. “Emarginarlo sarebbe una ferita alla democrazia” ha detto la presidente Casellati.
La rottura rinviata
La rottura tra Berlusconi e Salvini si verificherà, eventualmente, solo dopo le elezioni in Friuli e Molise qualora, come dicono i sondaggi, Forza Italia risultasse schiacciata dal successo leghista. A quel punto sarebbe anche difficile fermare coloro che da tempo sostengono la necessità di un partito unico, leader Salvini, dal nome Lega Italia. Oppure, la rottura potrebbe realizzarsi anche qualora il Quirinale si trovasse costretto a puntare sul governissimo per far fronte a quelle emergenze del Paese che Mattarella ha già messo in fila venerdì alla fine del secondo giro di consultazioni.
I 5 Stelle continuano a scommettere sulla separazione della Lega da Forza Italia, motivo per cui il governo Salvini-Di Maio partirebbe in un attimo. Dall’altro lato, tra gli azzurri, si fa notare come il Capo dello Stato non possa affidare, adesso, il preincarico ad uno come Salvini che non è in linea con l’alleanza atlantica.
Un quadro fermo, cristallizato. Ecco perché anche quel “non siamo indifferenti” a come evolve la situazione pronunciato da Martina potrebbe far pendere la bilancia da una parte. Berlusconi, del resto, ha auspicato l’intervento del Pd almeno per poter fare pressione su Salvini. Ma anche su Di Maio.