Meloni ritorna a battere il tasto della sicurezza e sceglie Schlein come avversaria
Un pacchetto del quale si dice "orgogliosa" e che per qualcuno è una risposta al vicepremier Salvini. E che serve per individuare la leader del Pd, che rifiuta l'invito di partecipare ad Atreju

Prima di partire per Zagabria - per un vertice su migranti e allargamento Ue - Giorgia Meloni ha voluto lanciare un messaggio forte e chiaro dal Consiglio dei ministri. Via libera a un nuovo decreto sicurezza. Una stretta sulle occupazioni, sulle misure antiterrorismo, sull’accattonaggio, sulle truffe agli anziani e anche sulle aggressioni ad appartenenti alle forze dell'ordine, cui sarà consentito il porto di una seconda arma da fuoco, rivoltella o pistola automatica, oltre a quella di ordinanza anche quando sono fuori servizio.
Un pacchetto sicurezza "parecchio corposo" di cui si dice "orgogliosa" la presidente del Consiglio, perché "ci sono più tutele per le Forze dell’Ordine"; nell’elenco c’è anche il "contrasto alle occupazioni abusive con procedure lampo per la liberazione degli immobili e l'introduzione di un nuovo delitto che prevede la reclusione da 2 a 7 anni contro gli occupanti abusivi". E anche una "stretta sulle truffe commesse ai danni degli anziani e delle persone più fragili, con un aumento della pena di reclusione da 2 a 6 anni per il reato di truffa aggravata". E poi ancora misure specifiche anti-borseggio e contro chi impiega i minori nell'accattonaggio, in particolare nelle metro e nelle stazioni; l’introduzione di un nuovo reato per punire chi partecipa e organizza rivolte nelle carceri; e infine una stretta contro i blocchi stradali, "fenomeni che si stanno moltiplicando e che creano enormi disagi ai cittadini, verso chi impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo".
La sicurezza al centro
Insomma, la sicurezza resta una dei comandamenti dell’esecutivo Meloni. C’è chi sostiene che sia una risposta al vicepremier Salvini che della sicurezza ha fatto una battaglia politica da quando è alla guida della Lega. Un dossier - quello sicurezza - che in fondo è legato alla questione migranti, su cui la premier negli ultimi giorni ha siglato un accordo con l’Albania che ha spaccato il fronte dei socialisti. E su cui la commissaria Ue agli Affari interni, la svedese Ylva Johansoon, si è espressa in questi termini: "La valutazione preliminare del nostro servizio giuridico dell’accordo tra l’Italia e l’Albania è che non si viola il diritto comunitario, è al di fuori del diritto comunitario".
Su queste basi l’inquilina di Palazzo Chigi, giorno dopo giorno, continua a gettare le basi della lunghissima campagna elettorale che dovrà affrontare da qui in avanti. Diversi i tornanti difficili da affrontare. Ma, superata la buriana delle agenzie di rating, degli scioperi dei sindacati e della manovra finanziaria, Meloni confida che il cammino diventi meno tortuoso di quello odierno. In questo contesto continua a tenere alta la sua centralità, visto che il vicepremier Matteo Salvini ha provato a rubarle la scena negli ultimi giorni grazie allo scontro con i sindacati e in particolare con Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri.
La riforma della Costituzione, per dire, resta la madre di tutte le riforme. La war room di Palazzo Chigi sta già studiando quale sia il quesito più adatto, per evitare di spaventare l’opinione pubblica, storicamente sempre contraria in maggioranza alle modifiche della Costituzione. Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha firmato la proposta di disegno di legge costituzionale che prevede l’introduzione dell’elezione diretta del presidente del Consiglio. «Un primo risultato» sussurrano da Palazzo Chigi. Ora, certo, comincerà l’iter parlamentare da Palazzo Madama, dove la maggioranza cercherà di allargare il perimetro del consenso senza però stravolgere l’impianto tratteggiato. Tutto questo, per dire, che il disegno della premier è ben definito. Continuare a portare avanti il programma di governo, con misure identitarie - l’elezione diretta del premier - tenendo sempre alta l’attenzione sul fronte migranti, così da non perdere di vista la campagna elettorale.
L'avversaria scelta è Schlein
Da qui la necessità di scegliersi l’avversario. "Giorgia ha scelto Elly" assicura chi frequenta la stanza della premier. Una decisione che ha preso all’indomani della vittoria delle primarie da parte della segreteria del Pd. Si punzecchiano da tempo. Hanno duellato in Parlamento, e presto lo rifaranno quando la premier sarà a Montecitorio per il question time, fissato il 13 dicembre. E Meloni continuerà a farlo da ora in avanti. Due leadership figlie della stessa stagione.
D’altro canto, le elezioni europee saranno un appuntamento importante, fondamentale, per le due leadership. Chiaro che a oggi l’inerzia della partita sia nettamente a favore dell’inquilina di Palazzo Chigi. Meloni, seppur nelle difficoltà del primo anno di governo, di una manovra di bilancio senza fuochi di artificio, del combinato disposto di una guerra in Ucraina e una in Medio Orientale, riesce ad avere un indice di gradimento ancora alto. Più dei membri del suo governo. Un esecutivo che sembra essere solido e be saldo. All’orizzonte - a meno di colpi di scena - non si intravedono smottamenti interni o comunque potenziali crisi di governo.
Polarizzare, dunque, è l’obiettivo della premier. Che da qualche settimana chiama sempre in causa Schlein. Lo ha fatto nel giorno della manifestazione del Pd, lo scorso sabato, quando le ha risposto in questi termini: "Cara Elly, noi vogliamo semplicemente che siano i cittadini ad avere più potere, dando così maggior forza e stabilità all'Italia. Cioè quello che dovrebbe sostenere ogni sincero 'democratico'". E in fondo l’invito di Meloni a Schlein di prendere parte alla kermesse di Fratelli d’Italia che si terrà a Castel Sant’Angelo dal 14 al 17 dicembre va proprio in questa direzione. Poi è chiaro che fa parte del gioco delle parti il rifiuto da parte della segretaria del Pd che fa sapere che "con Fdi ci confrontiamo e discutiamo in Parlamento, a partire dalla manovra di bilancio". E in Parlamento, come si diceva sopra, succederà molto presto, il prossimo 13 dicembre in occasione del question time richiesto fortemente dal Pd di Schlein. Ma in fondo tutto questo fa gioco alla stessa Schlein che in un certo senso viene legittimata dall’azionista di maggioranza della coalizione di governo, da chi detiene lo scettro dei consensi. Un gioco delle parti, insomma. Che su queste basi potrebbe durare a lungo. Almeno fin quando gli equilibri nelle due coalizioni resteranno quelli odierni. E fin quando "Giorgia" deciderà che sia così.