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Meloni, l'assenza del Cavaliere e le tensioni nel centrodestra. Scontro con Salvini in vista delle Europee

La presenza per molti ingombrante di Berlusconi rimetteva in equilibrio le diversità polemiche degli altri due leader. Ora è lite sempre più frequente

di Giuseppe Falci   
Salvini, Berlusconi e Meloni nel 2022 (foto Shutterstock)
Salvini, Berlusconi e Meloni nel 2022 (foto Shutterstock)

Fino a un anno fa tutte le questioni interne al centrodestra si risolvevano o ad Arcore o villa Grande, residenza romana di Silvio Berlusconi. Le distanze, i dissidi, le criticità rientravano una volta che i "tre tenori" - espressione coniata da un noto esponente di Forza Italia - si sarebbero seduti e avrebbero discusso. E a volte anche litigato. Il Cavaliere era solito indossare i panni del vecchio saggio, dell’illuminato che avrebbe fatto prima ragionare. Obiettivo finale: trovare una quadra. Anche perché ripeteva fino allo sfinimento "la sinistra si divide sul più bello e noi ne approfittiamo grazie alla nostra compattezza". E oggi chi recita la parte del Cav? Una domanda a cui nessuno sa rispondere. Ed ecco perché ieri pomeriggio, nel momento in cui si diffonde in Transatlantico la voce di una lite dentro al centrodestra per una serie di questioni aperte a livello regionali, più di un deputato sospira: "Ah, quando c’era il presidente Berlusconi. Lui era abile a farsi concavo e convesso e a far ragionare i ragazzi Matteo e Giorgia". 

La lite continua

I decibel degli scontri sono cresciuti negli ultimi giorni in maniera esponenziale. E la ragione di tutto questo è legata alle elezioni europee del prossimo anno. E quasi un anno di campagna elettorale non è facile da gestire. «Ci vorrebbe il Cavaliere in vita» insistono da più parti. Così Giorgia versus Matteo&Antonio, è il titolo che in queste ore impazza nei capannelli del Transatlantico. Una sfida tutta interna al centrodestra che potrebbe presto sfociare in uno scontro diretto alle europee - nel giugno del 2024 - in cui i "tre tenori" potrebbero sfidarsi a colpi di preferenze, così da stabilire chi detiene il primato o comunque di quanto più Meloni surclassa i due vicepremier.  

Fdi vola ma non basta

I sondaggi oggi fotografano un centrodestra a tre velocità: Fratelli d’Italia attorno al 28/29%, la Lega di Salvini tra il 9 e 10%, e infine Forza Italia - nel più ottimistico degli studi - vicino al 6%. Eppure un conto è una competizione in cui i tre partiti si sfiderebbero con candidati non di prima fascia, figure laterali o al più parlamentari europei uscenti. Altro è se i tre leader dovessero decidere di rompere gli indugi e candidarsi in tutte le circoscrizioni. Fino a poco tempo l’inquilina di Palazzo Chigi pensava che lo scenario due potesse essere pericoloso per gli equilibri di coalizione. Per il semplice fatto che più la compagine è squilibrata verso Fratelli d’Italia e più è a rischio la stabilità dell’esecutivo. 

Una prova per la maggioranza e gli equilibri europei

Sia come sia, la partita delle europee non sarà solo un tornante della legislatura e sicuramente avrà un impatto sul governo. Ma avrà altresì un impatto maggiore sugli equilibri europei. Da qui l’incontro di qualche giorno fa il faccia a faccia avvenuto qualche sera fa tra la premier Meloni e il leader di Vox Santiago Abascal.  Un bilaterale che non si è tenuto a Palazzo Chigi, ma a via della Scrofa, presso la sede di Fratelli d’Italia. Un caso? Certo che no. Un faccia a faccia che è servito a mettere a punto la strategia dei conservatori in vista delle elezioni europee. E che Meloni dunque non ha voluto tenere nella sede ufficiale del governo, proprio perché si trattava di un mero incontro politico, e non istituzionale. Secondo diverse ricostruzioni, Meloni ha detto ad Abascal che è arrivato il momento di spingere l’acceleratore sulla campagna elettorale. Perché i conservatori devono riuscire ad ottenere più consensi dei sovranisti di Marine Le Pen e Matteo Salvini. A maggior ragione se, come dicono diversi sondaggi, la lista del Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen, guidata dal giovane Jordan Bardella, è saldamente in testa nei sondaggi sulle intenzioni di voto alle europee se tali consultazioni - programmate per il 9 giugno 2024 - si svolgessero domenica prossima.

L'appuntamento fondamentale di dicembre

Tutto questo è servito a Meloni per dire ai suoi interlocutori che starebbe seriamente pensando di candidarsi. La riserva sarà sciolta nel corso della kermesse di Atreju che si terrà a Castel Sant’Angelo dal 14 al 17 dicembre. In quella sede, davanti ai sostenitori di sempre, l’inquilina di Palazzo Chigi potrebbe dare il la alla lunghissima campagna elettorale

Una mossa che innescherebbe la candidatura di Matteo Salvini. Il leader della Lega, come confidano i parlamentari a lui più vicini, «è un animale da campagna elettorale», «è il suo habitat naturale». Raccontano a via Bellerio che il vicepremier leghista non vedrebbe l'ora di pronunciare il suo “sì” per prendere parte alla competizione per il rinnovo del Parlamento. Per di più da quelle parti la war room di Salvini starebbe ragionando su come impostare la campagna elettorale. Il modello cui fare riferimento è quello delle europee del 2019 quando Salvini, da vicepremier di Conte, girò in lungo e in largo lo Stivale massimizzando i consensi fino a toccare la percentuale record del 35%. Con un dettaglio, all’avvicinarsi delle europee Salvini cominciò la marcia di allontanamento dall’esecutivo Conte da parte della Lega,  culminata nella famosa richiesta dei “pieni poteri” del Papeete

Giorgia contro Matteo in modo sempre più frontale

Insomma, si preannuncia una sfida tra Salvini e Meloni che potrebbe complicare il destino dell’esecutivo. "Ma è più pericolosa per Salvini che per Meloni". D’altro canto, tutti i sondaggisti convergono sul fatto che l’inquilina di Palazzo Chigi scendendo in campo alle europee porterebbe un valore aggiunto "almeno del 2 per cento". Ecco perché se Meloni dovesse sbancare alle europee, non solo si potrebbe sedere al tavolo delle trattative per la costituzione del nuovo governo europeo, ma potrebbe dire ai suoi alleati e in particolare a Salvini che il rimpasto - che tanti evocano in queste ore - non si farà. O al più sarà un ritocco con i nuovi equilibri fotografati dalle elezioni europee. Tutto questo sarà oggetto di un vertice di centrodestra che dovrebbe tenersi in settimane. Al centro del confronto anche le recenti tensioni in vista delle regionali del prossimo anno dopo il no di Lega e Fi alla richiesta di Fratelli d’Italia di sostituire Solinas in Sardegna e Vito Bardi in Basilicata.

di Giuseppe Falci   
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