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Si fa presto a dire “consultazioni”. Una serie di passaggi attendono Giorgia Meloni per la nascita del suo governo

L’iter è complesso, lungo e, a volte, persino accidentato. Conviene, dunque, fornire alcune indicazioni di ‘servizio’ per dipanare il classico, noto, ginepraio

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Giorgia Meloni (Ansa)
Giorgia Meloni (Ansa)

Alcune domande politiche, tutte ‘preliminari’. Il centrodestra ci andrà unito o diviso? Lo scontro in atto tra Meloni e Berlusconi rientrerà? E tutti e tre i partiti di centrodestra (FdI, Lega, FI) indicheranno Giorgia Meloni al ruolo di premier? Lo farà, in particolare, anche il Cav? E il centrosinistra? Il Pd andrà da solo, con Enrico Letta e le sue nuove capogruppo, o insieme, anche, a Verdi-SI, Bonelli e Fratoianni (se ne dubita assai, in realtà)? Il Terzo polo vedrà andare d’amore e d’accordo Renzi e Calenda? E Giuseppe Conte con quali baldi giovani si presenterà? Beppe Grillo, stavolta, viene o no? Di certo, saliranno, per primi, i nuovi presidenti delle due Camere, Ignazio La Russa (Senato) e Lorenzo Fontana (Camera dei Deputati). A ruota seguiranno i senatori a vita presidenti emeriti (con Napolitano, che non sta bene, solo una telefonata) e, subito, le Autonomie-Minoranze linguistiche, secondo la logica ‘dal più piccolo al più grande’. Una ‘scala di colori’ che viene sempre rispettata.

Si fa presto a dire “consultazioni”! Il percorso e l’iter, la prassi e le consuetudini della prassi

Si fa presto a dire ‘consultazioni’, ma l’iter è complesso, lungo e, a volte, persino accidentato. Conviene, dunque, fornire alcune indicazioni di ‘servizio’ per dipanare il classico, noto, ginepraio.

Eletti Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana presidenti delle Camere, si attende solo l'elezione dei capigruppo parlamentari prevista per martedì e, molto probabilmente, a metà della prossima settimana il Presidente della Repubblica potrà convocare le consultazioni per l'indicazione del nuovo presidente del Consiglio (la figura del ‘premier’, in Italia, non esiste) e la formazione del nuovo governo uscito dalle urne.

I passaggi

Vediamo tutti i passaggi istituzionali e di prassi necessari per trasformare le percentuali di voto prese alle elezioni in un governo “in carica”.

Consultazioni del Presidente della Repubblica. Una volta eletti i presidenti di Camera e Senato, il Presidente della Repubblica di prassi convoca le consultazioni. La data cerchiata in rosso, in questo caso, è il 20 ottobre, giorno che tutti indicano come il più probabile per l'apertura delle porte dello studio alla Vetrata, luogo nel quale Sergio Mattarella riceve le delegazioni dei partiti. Sempre per prassi salgono al Quirinale gli ex presidenti della Repubblica (in questo caso ci potrebbe essere una telefonata con il presidente emerito Giorgio Napolitano, da tempo malato), i due presidenti appena eletti e i rappresentanti dei partiti presenti in Parlamento. Solitamente, infatti, il diritto di ‘primo ascolto’ spetta ai capigruppo, a cui normalmente si uniscono i leader dei partiti.

I gruppi 

Insomma, quello che ‘contano’, per il Quirinale, sono i gruppi parlamentari e ‘non’ i partiti e i loro capi partito, i quali, sempre per prassi, possono però scegliere di ‘accompagnare’ i loro terminali parlamentari. Effettivamente, le cose si son sempre fatte così, dall’alba della Repubblica.

Le coalizioni possono presentarsi in un'unica delegazione o divisi per partito. Vista la nettezza del risultato delle elezioni e visto il numero esiguo di gruppi parlamentari che si sono costituiti, stavolta le consultazioni potrebbero durare un giorno e mezzo al massimo. Dunque, tra il 21 sera e il 22 ottobre, Giorgia Meloni potrebbe ricevere l'incarico di formare il governo.

L’allungo sulla tempistica: Draghi a Bruxelles

Sempre in quelle ore Mario Draghi, premier ancora in carica per gli affari correnti, da quando – diversi mesi fa si è dimesso - dovrebbe atterrare a Roma di ritorno dal suo ultimo Consiglio europeo a Bruxelles. E qui casca l’asino e, cioè, il primo ‘allungo’ sulla tempistica delle consultazioni medesime. Si è convenuto, in via del tutto informale, ovviamente, che era molto meglio che, a Bruxelles, a un Consiglio Ue assai importante, e pure importante, andasse Draghi e non la Meloni. Insomma, si è voluto ‘prendere tempo’. Il premier ancora in carica informerà Mattarella, e i ministri competenti, in un pranzo che si terrà, al Quirinale, come sempre prima di ogni Consiglio Ue, mercoledì 19 ottobre. Dopo, volerà a Bruxelles. Dopo, ecco le consultazioni.

Una curiosità statistica: la formazione più lunga di un governo tocca il record di 88 giorni, per la nascita del governo Conte I. Fu un vero incubo. Tre mesi di consultazioni e nuove elezioni anticipate, nel 2018, che parevano alle porte. Se ne uscì col coniglio dal cilindro, frutto dell’abilità maieutica di Mattarella: il premier che nessuno conosceva, Conte, e il governo gialloverde.

A normare la formazione del governo c’è, in realtà, l'articolo 92 della Costituzione che però è assai stringato e recita solo che: "Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri". Nel mezzo, cioè in oltre 70 anni, c’è stato di tutto: prassi, consuetudini, capi di Stato che hanno innovato e altri che l’hanno rispettata.

L'incarico

Incarico al Presidente del Consiglio. Una volta che il presidente della Repubblica conferisce l'incarico al presidente del Consiglio, il quale si chiama, appunto, ‘incaricato’, questi solitamente accetta con riserva e conduce sue 'consultazioni' con i partiti disposti a sostenere il suo esecutivo. Si comincia a formare un programma e a stilare una lista di ministri, la quale peraltro già c’è.

Davanti a un risultato elettorale netto, di solito, in uno o due giorni anche queste 'consultazioni' si concludono. Ma ci sono stati casi assai diversi. Per dire, nel 2013, Pier Luigi Bersani ottenne, da Giorgio Napolitano, un incarico ‘a metà’, un ‘pre-incarico’ – che, poi, venne per sempre congelato e mai più scongelato – e tenne delle consultazioni lunghissime, per prendere tempo e cercare, inutilmente, di formare il governo (aveva la maggioranza alla Camera, non al Senato).

Scioglimento della riserva. Se le consultazioni del premier incaricato hanno esito positivo, questo torna al Quirinale, scioglie la riserva e viene nominato presidente del Consiglio.

All'uscita dallo studio alla Vetrata, dove ha parlato con il Capo dello Stato, che di solito ‘non’ parla (parla, per lui, il segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti), il neo presidente del Consiglio legge la lista dei ministri. Morale, l’accettazione dell’incarico è sempre ‘con riserva’ ma vi fu un caso in cui, invece, la ‘riserva’ venne sciolta seduta stante. Dal Berlusconi III a Ciampi. Un unicuum e, francamente, non un bell’esempio.

Il giuramento

Giuramento del governo. Il giorno dopo o anche poche ore dopo lo scioglimento della riserva (qui il record minimo sono le quattro ore impiegate per allestire il giuramento del governo Gentiloni), il presidente del Consiglio e i ministri giurano al Quirinale nelle mani del presidente della Repubblica. Se non sorgeranno troppi intoppi politici, il governo Meloni potrebbe dunque giurare già negli ultimi giorni di ottobre. Segue, come sempre, la foto di gruppo e di rito.

Cerimonia della campanella. Sceso dal colle del Quirinale, il premier va a palazzo Chigi, sede del governo, dove viene accolto dal premier uscente. Al primo piano, nel salone delle Galere, il premier uscente consegna al nuovo la campanella, il cui trillo da’ inizio alla riunione del Consiglio dei ministri. Celebre, e ormai passata agli annali, il passaggio della campanella tra Enrico Letta e Matteo Renzi, che lo aveva ‘detronizzato’ con un “colpo di Palazzo” (nel Pd) trasformando una cerimonia di solito diplomatica in un gelo glaciale che scese, terribile, tra i due…

La prima riunione

Prima riunione del Consiglio dei Ministri. Il premier uscente lascia palazzo Chigi mentre il nuovo presidente del Consiglio riunisce per la prima volta il Consiglio dei ministri durante il quale si nomina il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Segretario del Consiglio (colui, cioè, che verbalizza le sedute) e si assegnano le deleghe ai ministri ‘senza portafoglio’, cioè privi di capacità di spesa. Il governo è così ufficialmente in carica e può cominciare a varare decreti legge e disegni di legge, gli strumenti principali della sua attività.

La fiducia

Fiducia al governo. Una volta giurato, il premier si prende uno o due giorni per scrivere il discorso programmatico con cui si presenterà alle Camere (questa volta si dovrebbe cominciare da Montecitorio) per chiedere la fiducia, entro dieci giorni dall'incarico. Con i nuovi numeri dei parlamentari saranno ora necessari almeno 201 sì alla Camera e 104 sì al Senato, di maggioranza.

Una maggioranza che viene detta ‘politica’, quella della maggioranza assoluta, perché – va detto – nessuna norma, in Costituzione, la prevede. Paradossalmente, basterebbe la maggioranza semplice, cioè i sì che battono i no. Ma la ‘convenzione’ è che serva quella assoluta, espressamente richiesta, in Costituzione, invece, per pochissimi atti. Va precisato che il governo è, però, già ufficialmente operativo anche ‘prima’ della fiducia e il premier può già presenziare ai vertici interni e internazionali. In pratica, ove fosse ‘battuto’, all’atto del voto di fiducia, sarebbe quello, il governo Meloni, in carica, per il disbrigo degli affari correnti, e non quello Draghi.

Una volta incassata la fiducia, l'esecutivo è nel pieno delle sue funzioni e può, finalmente, cominciare a lavorare. Certo, di tempo ne è passato ma è un tempo, come dire?, obbligatorio.

Due non piccoli intoppi: Macron e i gruppi

A complicare le cose, stavolta, ci sono due fattori. Il primo è che il presidente francese Macron verrà in Italia per partecipare, proprio con Mattarella, alla tre giorni organizzata dalla comunità di Sant’Egidio, “Il grido della Pace” - ovviamente con tema principale la guerra tra Russia e Ucraina e che Papa Francesco chiuderà il 25 ottobre – che si svolgerà lungo tre lunghi giorni, dal 23 fino al 25 ottobre, con tanto di incontro, e pranzo, tra Macron e Mattarella al Quirinale, il 24 ottobre e, insomma, proprio non era il caso che il nuovo governo incontrasse un ‘nemico’ come Macron. Meglio che, a riceverlo, sia ancora Draghi, ecco.

L'altro problema

L’altro problema, pure non piccolo, è dato dal fatto che, eletti i presidenti di Camera e Senato, la prossima settimana sarà cruciale tanto per la formazione del nuovo governo, quanto per l'attribuzione delle altre "caselle di vertice" dei due rami del Parlamento. Martedì 18 i gruppi parlamentari di deputati e senatori eleggeranno i loro rispettivi presidenti, mentre mercoledì le due Aule (la Camera alle ore 14, il Senato alle 15) voteranno a scrutinio segreto per i rispettivi uffici di presidenza (quattro vicepresidenti, tre questori ed otto segretari d'Aula per ciascun ramo del Parlamento). Anche queste ultime sono cariche importanti: al di là del prestigio di chi le detiene, in ballo ci sono indennità e staff aggiuntivi, rispetto a quelli del parlamentare "semplice", la possibilità di usare alla bisogna un'autoblu e, comunque, quella di influire sui processi amministrativi di Montecitorio e di Palazzo Madama. Un gioco a incastro ‘politico’.

Il sudoku, già complicato di suo viste le divisioni in entrambi gli schieramenti, è reso ancora più difficile dal cosiddetto "voto limitato". I regolamenti, infatti, permettono a ciascun parlamentare di esprimere solo la metà delle preferenze rispetto ai posti a disposizione per ciascuna delle cariche, in maniera da tutelare la possibilità per le opposizioni di essere rappresentata negli organi di vertice del Parlamento. Obiettivo, questo, che potrebbe essere difficile da centrare nel centrosinistra, ove Pd e M5S potrebbero lasciare a bocca asciutta il Terzo Polo, cui cederebbero solo le giunte di garanzia di Camera e Senato: prospettiva che non va proprio giù a Matteo Renzi, il quale minaccia di chiedere per sé la presidenza del Copasir, poltrona cui il Pd tiene tantissimo e per la quale vede in corsa Lorenzo Guerini ed Enrico Borghi.

Se il centrodestra fosse compatto

Oltretutto, se il centrodestra fosse compatto potrebbe anche fare il pieno di tutti questi posti. Per quanto riguarda le vicepresidenze, alla Camera il Pd vedrebbe in corsa Alessandro Zan, "padre" del ddl sul contrasto all'omofobia, e Nicola Zingaretti; il M5S punterebbe sulla 'contiana' Chiara Appendino o sul 'fichiano' Sergio Costa. FI non ha ancora scoperto le carte, ma punta a una compensazione, dopo l'esclusione dalle presidenze delle Camere, ed ha in pista Giorgio Mulé ed Alessandro Cattaneo, mentre Fdi vorrebbe Edmondo Cirielli o Tommaso Foti. E, quest'ultimo, ha avuto venerdì in Aula a Montecitorio un incontro con Giorgia Meloni finito con un caloroso applauso notato dalla tribuna stampa. Al Senato, Forza Italia spinge su Maurizio Gasparri o Licia Ronzulli, per cui sembra tramontata la prospettiva di entrare al governo, ed il Pd sulla riconferma di Anna Russomando, mentre il M5S vuole Stefano Patuanelli. La Lega punta su Andrea Ostellari. A Palazzo Madama, poi, il Pd vorrebbe per Bruno Astorre il posto da questore. Tuttavia, per avere le idee più chiare, a Palazzo Madama bisogna davvero attendere la costituzione dei gruppi: il nuovo regolamento, infatti, impone le dimissioni dal Consiglio di presidenza del componente ove egli cambi gruppo durante la legislatura, per cui i conti van fatti davvero per bene.

I capigruppo

Quanto ai capigruppo, fondamentali per poi andare al Colle, nel Pd si pensa per Montecitorio ad Anna Ascani e a Valeria Valente per il Senato. Conferme in vista nel M5s, con Francesco Silvestri e Maria Domenica Castellone. Anche in FdI lo status quo potrebbe tenere, con Francesco Lollobrigida e Luca Ciriani. Nebbia fitta in Forza Italia, mentre nel terzo polo i giochi sono già fatti per i capigruppo: sono stati proposti Raffaella Paita (Iv) al Senato e Matteo Richetti (Azione) alla Camera. Continuità anche nella Lega che, oltre a Riccardo Molinari a Montecitorio, punta a riconfermare al Senato Massimiliano Romeo. Infine, Alleanza Verdi e Sinistra (Avs). Al Senato la componente del Misto verrebbe presieduta da Ilaria Cucchi; alla Camera a guidare il gruppo può essere Filiberto Zaratti, o Luana Zanella o Marco Grimaldi.

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