Meloni richiama all’ordine. Tajani fa marcia indietro. Gongola Salvini. A trazione Vannacci
La premier torna al lavoro e richiama all’ordine la squadra. Della serie che “le vacanze sono finite, basta bandierine”. Il leader di Forza Italia precisa: “Lo ius scholae non è nel programma, ci sono altre priorità”. I dossier della ripresa. No all’election day per le regionali
Il consiglio dei ministri è incerto travia 28 e il 29. Il vertice di maggioranza è sicuro, venerdì 30 agosto, in mattinata, Giorgia Meloni incontrerà a palazzo Chigi i due vicepremier Tajani e Salvini che dal 7 agosto, giorno dell’ultima riunione di governo, non hanno passato giorno senza punzecchiarsi e darsi addosso in modo su temi “antichi” come l’autonomia e su altri nuovi come la cittadinanza. Ora però l’estate è finita e non è più il tempo delle bandierine ma della responsabilità. E, in effetti, è meglio prima incontrarsi per stringere i bulloni sempre più lenti della macchina di governo che convocare un consiglio dei ministri dove il rischio è di guardarsi a mala pena in faccia. La premier sta per tornare a Palazzo Chigi, tra oggi e domani, dopo una ventina di giorni di vacanza in cui è intervenuta solo su temi di politica estera e ricorrenze importanti (il ponte Morandi ma non gli ottant’anni di Sant’Anna di Stazzema), in difesa della sorella Arianna (che ha annunciato la fine del rapporto con Francesco Lollobrigida) e della sua privacy: da giovedì non sappiamo più dov’è e a fare cosa, non è andata al Meeting di Cl (non l’hanno presa benissimo) e neppure alla Notte della Taranta. Giustamente palazzo Chigi ha fatto una nota per dire che chi devo saperlo, sa dove si trova. Ecco che quindi c’è molta attesa nel sentire qualche parole sullo stato dell’arte del programma e degli impegni della sua squadra di governo. I ministri alla spicciolata stanno già iniziando a rientrare a Roma per riavviare le attività, che al Mef, di fatto, non si sono mai interrotte. Da quanto trapela, la premier dirà a Tajani e Salvini che il tempo delle baruffe deve finire. “Non sono disposta a farmi logorare e voglio portare a termine la legislatura e il programma di governo”. Dove ad esempio non c’è lo ius scholae. E quindi, caro Matteo e caro Antonio, se le vostre sono bolle estive, è l’ora di finirla. Se fate sul serio, Forza Italia a puntare i piedi e la Lega a minacciare la crisi, io non ci sto.
Lo stop di Tajani
Prima di esaminare i dossier sul tavolo, tutti pesanti e da affrontare nei prossimi due mesi, c’è da dire che il messaggio è già arrivato forte e chiaro a Tajani. Il leader di Fi ieri ha aggiustato il tiro sulla cittadinanza. “E’ una nostra visione della società e dell'Italia, non una priorità del governo” ha detto senza più impiccarsi ad un'idea che da Ferragosto in poi ha creato lo sconquasso nel centrodestra, ha fatto sobbalzare l’altro vicepremier leghista Matteo Salvini, suscitato speranze nell’opposizione e diviso anche gli azzurri visto che esponenti di primo piano come Licia Ronzulli e Giorgio Mulè scettici di poter avviare una discussione a 360 gradi sulla cittadinanza quando sul fuoco c'è già una manovra difficile perché dai margini così risicati. Tajani dunque alla fine si riposiziona ma continua a non voler cedere terreno alla Lega. E alle opposizioni a cui vorrebbe sottrarre i voti moderati e anche temi tradizionali della sinistra come i diritti. “Tutto quello che facciamo aiuta il centrodestra- ha ribadito il leader di Fora Italia - Il mio obiettivo è continuare a vincere, e occupare gli spazi che oggi sono lasciati liberi, lo spazio che c'è tra Giorgia Meloni e Elly Schlein. Forza Italia deve occupare quello spazio politico che un centrodestra moderno non può lasciare ad altri. Questo però non ha niente a che fare con la tenuta del governo. Siamo sempre stati leali, non andremo mai al governo né con il Partito Democratico, né con i Cinque Stelle”. Tramonta dunque l’idea di un asse sullo Ius Scholae con le opposizioni. “Niente inciuci o accordi, con la sinistra. Ho sempre dimostrato da che parte sto - ha aggiunto - Ma un centrodestra moderno deve raccogliere consensi. Si vince sempre al centro, se abbandoniamo il centro, il centrodestra è destinato a perdere”.
Vincere al centro
Vincere al centro, dunque anche in un sistema elettorale che il nostro che spinge alle polarizzazione. Una partita che Matteo Renzi conosce bene e che Elly Schlein ha capito che deve giocare. Per vincere al centro, Tajani rialza la bandiera di una corretta applicazione dell’Autonomia differenziata, cara alla Lega. “Nessuno ha mai detto che vogliamo un referendum abrogativo, ma vigileremo sull'applicazione dell'autonomia differenziata. Il che non significa certo che non la vogliamo. Noi di Forza Italia abbiamo detto che prima si fanno i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, in tutte le regioni, poi si fa l’Autonomia”.
Impossibile il pareggio
Insomma, Tajani torna nei ranghi. Fa retromarcia su tutto. O quasi. E questo non giova però a Forza Italia. Sulla cittadinanza il tono della sfida si è alzato così tanto, ha illuso così tanto, che adesso non può finire con qualche frase infiocchettata. Per come si sono messe in queste settimane tra interviste e dichiarazioni, tra Lega e Forza Italia non poteva finire in parità. La sensazione quindi è che abbia perso Tajani e vinto Salvini e dunque le istanza della destra. Agli osservatori più attenti non sfugge infatti cosa succede alla destra del governo, con Roberto Vannacci pronto a cavalcare le posizioni più chiuse e meno tolleranti sul fronte dei diritti, tutti, dalle donne alle tematiche di genere, dall’immigrazione alla sicurezza. Vannacci ha già pronto il suo partito dei militari in pensione e non solo. Deve solo decidere se farlo camminare da solo o continuare a farlo stare con la Lega. E non è un caso che Vannacci sabato abbia messo nel mirino proprio Forza Italia.
I dossier sul tavolo
Al primo posto c’è la legge di bilancio. In prima fila ci sono le misure per famiglie e imprese che Meloni vorrebbe rafforzare. Mantenere il taglio delle tasse per i redditi fino a 35 mila euro. In sostanza confermare le misure della scorsa manovra. Servono almeno 25 miliardi. Ne sono disponibili al memento 5-6. Le regole del nuovo Patto di stabilità vietano misure finanziate con il deficit visto che il nostro debito è ormai arrivato a tremila miliardi. A giorni ci sarà l’esordio del Piano Strutturale, la vera legge di bilancio che una volta veniva anticipata in aprile e ora le nuove regole spostano al 20 settembre. Il Parlamento spera di poterlo avere una decina di giorni prima (Giorgetti lo ha promesso) per poterlo esaminare. Ma non dovrebbe essere la manovra il piatto forte del menù del vertice. Il tema delle pensioni potrebbe creare qualche attrito (la Lega guarda alle uscite anticipate, Fi ad aumentare le minime) ma il dossier non sarebbe ancora definito. Meglio rinviare la discussione, e intanto concentrarsi sulle questioni più urgenti, rimaste in sospeso con la pausa ferragostana.
Rai e balneari
L’impasse sulla Rai sarà il primo da affrontare. Il Cda è scaduto, la presidente si è dimessa. E ancora non sono state avviate le procedure per le nuove nomine. Le Camere prima di chiudere i battenti hanno fissato a settembre le sedute per votare i consiglieri. Poi c’è la Vigilanza, dove rimane lontana una intesa con le opposizioni: si starebbe sondando, dopo il niet di Italia Viva, il Movimento 5 Stelle ma prima va certificato l'accordo di maggioranza. Lo schema resta quello iniziale con l'attuale dg Giampaolo Rossi (voluto da Meloni) che diventerebbe ad e Simona Agnes, consigliera in quota Fi, presidente. Un accordo di massima c'era ed era stato raggiunto al tavolo più ampio delle nomine (che ha visto un ricambio ad esempio in Ferrovie), quindi, è il ragionamento dei meloniani, non dovrebbero sorgere questioni da parte dei leghisti. Altrettanto complicato sarà venire a capo dell'annosa questione delle concessioni per le spiagge: la Commissione spinge per le gare (che molti Comuni, nel frattempo, hanno già avviato). La maggioranza ha promesso proroghe ai balneari che non passerebbero a Bruxelles, dove il dossier è a un passo dalla Corte di giustizia. In attesa di una soluzione dovrebbe slittare ancora il decreto salva-infrazioni, atteso già a inizio estate. Ancora aperto il dossier sul commissario europeo. La formalizzare dell’indicazione di Raffaele Fitto non deve passare dal Cdm ma il tempo scade il 30 agosto e all’appello mancano solo quattro paesi tra cui il nostro. Qui il nodo è - oltre vedere quali deleghe saranno affidate al commissario italiano - capire a chi affidare le numerose e pesanti deleghe di Fitto.
No election day
E poi le regionali. Il governo vuole evitare l’election day che potrebbe favorire il centrosinistra. Meglio combattere anche mediaticamente, le tre partite una per una. Un po’ meno complessa potrebbe essere invece la partita ligure. I sondaggi dicono che la Liguria non è persa. Ci sono i margini per una conferma. Il caso Toti in questo senso aiuta così come le divisioni nel campo largo del centrosinistra.