[Il retroscena] La Meloni resta sola, Berlusconi e Salvini non firmano il Patto anti-inciucio e studiano le convergenze con il programma Cinquestelle
Innalzamento delle pensioni minime, abolizione Equitalia, fine dello split payment e aggressione al debito. Ecco dove il programma del centrodestra e quello del M5s si assomiglia molto e potrebbe dare luogo a convergenze dopo il voto. La presidente Fdi lascia una sedia vuota per i due segretari che non si sono presentati a firmare il Patto anti-inciucio
Doveva essere una grande manifestazione, di massa, con tutti i candidati del centrodestra. Invece quella convocata ieri da Fratelli d’Italia al Cinema Adriano di Roma per firmare in pubblico un Patto anti-inciucio è diventata una sorta di replica della presentazione dei candidati di Fratelli d’Italia. Non si sono visti né Silvio Berlusconi - che per primo aveva fatto sapere piuttosto piccato di non ritenere necessario alcun patto - nè Matteo Salvini, che pure un tempo con l’ex ministro della Gioventù aveva costituito il cosiddetto asse sovranista. “Non so perché gli alleati abbiano scelto di non partecipare a questa manifestazione per dire che noi non tradiremo gli impegni presi con gli italiani: sono molto perplessa”, spiega a Tiscali la presidente del partito tradizionalmente più a destra del centrodestra, indicando ai giornalisti presenti le due poltroncine di prima fila rimaste vuote con appiccicati sopra i cavalieri “Riservato Silvio Berlusconi”, “Riservato Matteo Salvini”, uno a destra e l’altro a sinistra della “padrona di casa”.
Il vizio del trasformismo
Preso atto che forzisti e leghisti hanno marcato visita, Meloni garantisce per i suoi (futuri) eletti, ma, a questo punto, solo per loro - presumibilmente più di venti solo a Montecitorio- che, dopo il voto, nessuno sarà tentato dal vizio del trasformismo. Scandisce: “Fratelli d’Italia c’è, noi non vogliamo tenerci le mani libere, i nostri candidati sono qui per dire agli italiani che non tradiranno il loro mandato, che manterranno gli impegni presi, che lavoreranno per applicare quello quanto è scritto nei nostri programmi, che non sosterranno in nessun caso un governo con il Pd o un governo con il Movimento 5 Stelle”. Quest’ultimo riferimento, in particolare, è rimbalzato presto ad Arcore, dove l’ex premier sta pianificando le uscite-comizio delle prossime settimane e nell’inner circle del segretario leghista, che di qui al 4 marzo sarà impegnato in due trasmissioni tv al giorno.
Programmi da far combaciare: un'impresa
Mentre i capi sono affaccendati a cercare di conquistare qualche punto percentuale per realizzare l’impresa, quasi proibitiva, di sfiorare la maggioranza assoluta nelle due Camere, i loro esperti economici sono alle prese con il rebus di come trovare un minimo comun denominatore tra i programmi presentati dai diversi partiti della galassia del centrodestra. Se è difficile che si possano mettere sotto la stessa ala di un “governo del presidente” o di un “governo di unità nazionale” la Lega e il Pd, non sono invece sfuggite alcune similitudini nei programmi di centrodestra e Cinquestelle. Fantascienza? “Abbiamo un programma scritto, chiaro, partiremo da lì”, rivendica Berlusconi. “Saremo responsabili, non ci sarà un salto nel buio”, ripete Luigi Di Maio, candidato premier dei Cinquestelle. Il Cavaliere attacca continuamente i “ragazzi”, che “per l’85% non hanno mai fatto una dichiarazione dei redditi”, che sono “pauperisti” e “pericolosi come una setta”, mentre il candidato premier grillino, per parte sua, non smette di attaccare gli “impresentabili del centrodestra” che hanno “fallito”, eppure tra i programmi elettorali del centrodestra e quello del M5s depositati al Viminale le convergenze non mancano.
Punti in comune e non
Su fisco, previdenza e strategia per la riduzione del deficit, per esempio, le differenze sono minime. Sul primo punto, quello dell’abbattimento della pressione fiscale, il programma del centrodestra prevede l'introduzione della flat tax, ad una aliquota ancora non stabilita. Sia Berlusconi che Salvini ne parlano continuamente, al punto che è diventata la proposta principale di Fi, Lega, Fdi e Nci. I Cinquestelle non propongono una tassa piatta, ma di abbattere le aliquote Irpef. Una semplificazione a due aliquote, per esempio, potrebbe mettere d’accordo tutti. Questo anche perchè entrambi i programmi prevedono la creazione di una no tax area, oltretutto quasi uguale: il M5s la immagina a 10mila euro, mentre il centrodestra fissa l'asticella a 12mila.
"Abolizione di Equitalia"
Altra convergenza sullo split payment. Il nuovo sistema per i pagamenti tra pubblica amministrazione e privati introdotto con la Legge di Stabilità del 2015 non piace né ai primi né ai secondi. Il centrodestra propone di modificare lo split payment rendendo neutra l'applicazione dell'Iva su tutta la filiera produttiva, mentre i grillini sono per l’abrogazione radicale delle norme attuali. Berlusconi, Salvini, Meloni & company propongono l’“abolizione effettiva di Equitalia” come Luigi Di Maio e i suoi, che vorrebbero cancellare anche gli studi di settore e lo spesometro. Sul tema previdenza - che è molto spinoso - sembrano possibili altre convergenze . Salvini e Meloni parlano di cancellare la riforma delle pensioni di Elsa Fornero - mentre Berlusconi propone di “sterilizzarne gli effetti negativi” - come l’M5s del resto, che parla di un “superamento” della Fornero introducendo quota 41 di modo da favorire la staffetta generazionale. Sia il centrodestra che i Cinquestelle promettono l’innalzamento delle pensioni minime: il leader di Fi parla di minime a mille euro e di assegni per le mamme, Di Maio di pensioni di almeno 780 euro netti per tutti i pensionati e di un assegno di 1,170 euro per una coppia.
Abbattere il "mostro" del debito pubblico
Le convergenze programmatiche non si esauriscono qui. La strategia di abbattimento del mostruoso debito pubblico italiani presenta, per esempio, lo stesso approccio aggressivo mentre quello studiato dagli economisti del Pd è molto più soft. I Cinquestelle si propongono come obiettivo quello di ridurre il rapporto debito/pil di 40 punti in 10 anni, Forza Italia di 30 punti in cinque anni. Matteo Renzi e il suo partito hanno un piano per un taglio minore, di 22 punti in dieci anni. Un ultimo e clamoroso elemento di convergenza tra centrodestra e grillini è sull'identikit di Carlo Cottarelli. L’ex economista del Fondo monetario internazionale, poi commissario per la spending review di Enrico Letta, è stato proposto come ministro dal leader di Forza Italia, ma il suo piano è da tempo una specie di testo sacro per i grillini.
"L'Italia non è una colonia della Germania"
Giorgia Meloni va per le spicce: “Io lavoro per far vincere il centrodestra, non contemplo soluzioni diverse”. E, già che è in argomento, la presidente di Fdi spende anche parole nette per stroncare due possibili aspiranti alla poltrona di premier per le larghe intese, entrambi del Pd. “Paolo Gentiloni è andato da Angela Merkel per rassicurarla? Incredibile. L’Italia non è una colonia della Germania; ancora non hanno capito che lei fa quello che deve, cioè gli interessi della Germania”, tuona. Quindi Marco Minniti: “Si dice disponibile al governo di unità nazionale come premier? Ma se il Pd arriverà terzo alle elezioni! Non sarebbe democrazia….”, conclude.