La Meloni lancia un messaggio all'Europa: “Non è che, al governo faremo cose ‘pazze"
“La tempesta perfetta” (sull’Italia) sarà ‘nera’? La leader di Fdi e i suoi alle prese con un quadro interno e internazionale, economico e sociale, da far tremare le vene nei polsi promettono che “non sfasceremo i conti”
“L’intervista di Giorgia alla Reuters? Abbiamo dato una risposta molto seria e rassicurante, ma anche molto apprezzata da mercati e investitori. Il problema non siamo noi, sulla politica economica come su altri temi, come la politica estera, il problema sono Berlusconi e Salvini, ma siamo certi che l’incarico andrà a noi, quando ci sarà da formare il governo, quindi…”. Risponde così, una fonte molto accreditata di FdI, quando gli si chiede della ‘tempesta perfetta’ (crisi economica, crisi monetaria, crisi energetica e, già che ci siamo, pure molteplici crisi internazionali, dalla guerra in Ucraina ai venti di guerra cinesi) che rischia di ‘abbattersi’ sull’Italia, quando (e, anche, ‘se’) il centrodestra vincerà le elezioni.
A questo punto, però, bisogna spiegare come funziona, dentro FdI, nel ‘giro stretto’ di Giorgia Meloni. Ci si sveglia la mattina e, ovviamente, si leggono i giornali. Ma chi pensa che la leader di FdI si ‘perda’ dietro le ‘polemicucce’ dei giornali italiani (tipo Repubblica: “Inchiesta su M. Così la Meloni vuole un’Italia sovranista”, dove la ‘M’ di Meloni ricorda, ovvio!, Mussolini) si sbaglia. In previsione di un incarico da premier - sempre che, effettivamente, le elezioni vengano vinte e FdI risulti il primo partito, dentro il centrodestra, meno rilevante se lo diventerà in assoluto, cioè sopravanzando il Pd, che pure resta l’obiettivo e sempre che, ovviamente, Mattarella lo conceda – la ‘messa cantata’ del mattino sono diventati, per ‘Giorgia’ e il suo staff, i giornali internazionali.
La "messa cantata" dei giornali internazionali
Specie quelli economici e tra i più autorevoli. E, ieri, proprio la ‘Bibbia’ della finanza inglese, americana e, dunque, internazionale, il Financial Times dava la notizia che gli ‘hedge found’ stanno scommettendo ‘contro’ l’Italia, fino al punto da – così pare - mettere in piedi la maggiore speculazione contro i titoli di Stato italiani dalla crisi finanziaria globale del 2008, nel contesto della dipendenza dal gas russo e del clima politico di incertezza pre-elettorale. Meloni e i suoi sobbalzano, ovviamente, sulla sedia.Segue un rapido giro di consultazioni con i suoi consiglieri, specie quelli ‘dietro le quinte’. Come l’amico – non candidato, ma per sua scelta, oggi presidente della società aerospaziale Aiad e, formalmente, ‘ritiratosi’ dalla Politica attiva – Guido Crosetto. Il quale, peraltro, da buon conoscitore dei ‘meccanismi’ che albergano nelle menti (luciferine) della finanza internazionale (è stato sottosegretario alla Difesa e molto altro, una vita nella Dc, una seconda in FI-Pdl, la terza è in FdI, che ha contribuito a fondare con la Meloni), è dalla mattina che ‘inonda’ Twitter di messaggi auto-allarmanti. Prima posta un articolo, dal titolo: “Macron annuncia tempi duri, finita l’era dell’abbondanza”. Poi ‘endorsa’ il premier uscente, Mario Draghi (con il quale, peraltro, la Meloni stessa si sente abbastanza spesso: ‘Presidente, come stanno messi i conti pubblici?’ la domanda, ‘male, grazie’, la secca risposta…) “Le parole che mi sono più piaciute del suo discorso sono ‘coesione’ e ‘spirito di comunità’, ma il passaggio più importante, storico, è stato quello sulle future regole Ue. Il silenzio di chi, per anni, le ha considerate intoccabili è stato assordante”. Infine, e siamo a tre (Crosetto usa Twitter in modo ossessivo-compulsivo…): “Penso che palazzo Chigi, sul tema energia, dovrebbe mettere a un tavolo, presenti tutte le forze politiche, le persone che si occupano del settore e proporre passi concreti”. L’altro guaio, infatti, l’altro assillo della Meloni e dei suoi, è l’altra ‘notizia’ di ieri: i prezzi del gas sono schizzati alle stelle, toccando i 321 euro/megawatt all’ora, i sindacati già parlano di “imprese meccaniche a rischio” e gli imprenditori già si fasciano la testa. Insomma, si prospetta un “autunno durissimo, difficile, da far tremare le vene nei polsi a tutti. Non faremo ‘lacrime e sangue’, ma non sarà una manovra facile da fare a cuor leggero, la prossima, perché dovremo pensare a tutelare, al massimo, il potere d’acquisto delle famiglie, salvare le imprese e stabilizzare quadro macroeconomico”, aveva detto Crosetto proprio in un’intervista data a QN.
I tweet di Crosetto sul gas e il ruolo di Draghi
Non a caso, le parole della Meloni sembrano raccogliere favorevolmente l'appello che Draghi le aveva lanciato, pur se implicitamente, il giorno prima dal Meeting di Cl affinché il prossimo esecutivo – e Draghi sa bene che lo guiderà lei - mantenga sempre uno "spirito repubblicano", evitando ogni "protezionismo o isolazionismo". Dal partito trapela soddisfazione per la frase, sempre di Draghi, che dice: il prossimo governo, "di qualunque colore sarà, riuscirà a superare le difficoltà che sembrano insormontabili". E così Meloni raccoglie questo assist rassicurando le cancellerie di essere all'altezza del compito. Ma lo fa, non a caso, proprio nel giorno in cui, come dicevamo, l'Italia viene messa sotto la lente d'ingrandimento dei grandi analisti: il Financial Times riporta che gli hedge fund internazionali stanno facendo la più grande scommessa contro il debito pubblico italiano dal 2008, anno della grande crisi finanziaria che portò, poi, alla caduta dell’ultimo governo Berlusconi (al Mef c’era, guarda caso, Giulio Tremonti e Berlusconi ancora gli rimprovera quella ‘letterina’ della Ue che, di fatto, dopo pochi mesi, ne causò la caduta…) e alla nascita di quell’esecutivo ‘tecnico’, guidato da Mario Monti cui l’allora nascituro FdI si oppose, in totale solitudine, proprio come oggi si oppone al governo Draghi. La campagna speculativa che sarebbe in atto - prosegue il quotidiano della City – sarebbe causata proprio dalle crescenti preoccupazioni per le turbolenze politiche a Roma e la dipendenza del Paese dalle importazioni di gas russe. Ma proprio per dissipare questi dubbi crescenti sulla tenuta dei conti del nostro Paese, l'ex ministro della Gioventù si propone come leader credibile, responsabile, vicina all'Europa che conta e, soprattutto, in grado di guidare con fermezza un Paese con uno dei più alti debiti d'Europa. Tuttavia, lei per prima sa che questa campagna elettorale è piena di insidie: secondo analisti citati sempre da Ft il programma del centrodestra, tra ampi tagli alle tasse, la pace fiscale e i generosi aumenti della pensione minima, potrebbe comportare un buco di 80 miliardi di euro. Sicuramente tanti, forse troppi, se messi in relazione alle incerte previsioni macroeconomiche, le minacce inflattive e i rischi legati all'incognita dei prezzi dell'energia.
Meloni: “Non è che, al governo, faremo cose ‘pazze’…”
Ed ecco che, guarda caso, Giorgia Meloni corre subito ai ripari. Concede un’intervista alla Reuters – agenzia internazionale molto letta dai mercati, dagli investitori e dagli stakeholder stranieri - per dire che, quando sarà al governo, avrà una gestione responsabile delle finanze pubbliche italiane, ma anche molto attenta agli interessi italiani in Europa. “Sono molto cauta... Nessuna persona responsabile, prima di avere un quadro completo delle risorse che si possono investire, può immaginare di rovinare le finanze del Paese”, spiega la leader di FdI. La quale dice anche che i – fin troppo, lo dicono praticamente tutti gli economisti e gli osservatori ‘terzi’ - ambiziosi piani di spesa previsti nel programma di centrodestra rispetteranno le regole europee e non causeranno ‘buchi’, nel bilancio dello Stato: “Serve una spinta agli investimenti per stimolare la crescita economica, cronicamente debole, ma considerando il fardello del debito pubblico”. Misura le parole, Giorgia, e si dice “molto cauta”. Solo che, nell’intervista (i giornalisti stranieri, quando fanno le interviste, sono tosti, tignosi), le vengono ricordate proprio le proposte più ‘pazze’ (ma sono di Lega e FI…) del centrodestra: Flat tax, intervento sulle pensioni, fisco amico... Un programma difficile da attuare in un Paese con il debito pubblico al 147% del Pil. Lei contro-risponde così: “Abbiamo previsto nel programma alcune cose che dipendono anche dai conti dello Stato. La prima cosa che saremo chiamati a fare sarà la legge di bilancio e abbiamo chiaramente l'intenzione di farla entro i parametri richiesti”. Traduzione: “terremo i conti in regola, non voglio certo distruggere la ‘casa comune’ europea…”.
Inoltre, la Meloni, il cui partito, almeno in passato, ha anche espresso posizioni no-Euro, prova a rassicurare anche su questo punto: “Vogliamo un atteggiamento italiano diverso sulla scena internazionale, ad esempio nei rapporti con la Commissione europea, ma questo non significa che vogliamo distruggere l'Europa o vogliamo lasciare l'Europa, che vogliamo fare cose pazze. Significa semplicemente spiegare che la difesa dell'interesse nazionale è importante per noi, come lo è per i francesi e per i tedeschi”. Poi la Meloni afferma che “il Patto di Stabilità non potrà tornare come prima della sospensione per la pandemia, saranno necessari correttivi”. Propone lo scorporo, dal calcolo del deficit, dei soldi necessari per arginare l'impatto della crisi energetica su famiglie e imprese. Esclude la nazionalizzazione di Enel ed Eni, come in Francia con Edf, ma ricorda che “dovere del Governo sarà proteggere il patrimonio nazionale, evitando acquisizioni da gruppi stranieri”. Infatti, non a caso, sulla (triste) vicenda di Ita (la ex Alitalia, nata morta) FdI si oppone alla vendita, dice che dovrà essere il ‘suo’ governo a valutare.
Il messaggio lanciato all’Europa è chiaro
Riassumendo, i conti pubblici, con FdI alla guida di Palazzo Chigi, “non corrono alcun rischio”. La prossima legge di bilancio rispetterà ogni parametro richiesto. L'Italia difenderà i suoi interessi nazionali, ma come fanno già la Francia e la Germania, per cui nessuno vuole fare “follie”, “distruggere o lasciare l'Europa”. A un mese esatto dalle elezioni, Meloni e FdI lanciano un messaggio molto chiaro a Bruxelles e pure ai mercati finanziari, sempre più in ebollizione, rassicurando con parole nette circa la serietà delle sue prossime scelte di politica economica, ove mai dovesse guidare il prossimo governo. La leader di Fratelli d'Italia sceglie la Reuters, l'ennesimo media internazionale, dopo FoxNews, per definire al meglio il suo standing di premier ‘in pectore’ e rigoroso di uno dei Paesi fondatori dell'Unione. In fondo, in questo inizio campagna elettorale, l'ex ministro della Gioventù sembra volere evitare la polemica quotidiana con gli avversari, dedicandosi all'affinamento della sua leadership e ricordando che, da presidente dei Conservatori europei (dove, per capirci, non c’è Orban, che sta con il gruppo della Lega…) delle famiglie Ue, non ha più bisogno di ‘sdoganamenti da parte di chicchessia per entrare a pieno titolo nella stanza dei bottoni, a Roma e a Bruxelles. E’ sempre questo il filo conduttore delle sue ultime uscite pubbliche ‘estere’, basti pensare al video, in tre lingue, destinato alla stampa estera.
Il futuro titolare del Mef nel governo della Meloni? Non Tremonti
Invece, non commenta i rumors su un possibile ruolo nel suo ipotetico governo per il membro del consiglio della Bce, Fabio Panetta, pur tuttavia definendolo una personalità "di altissimo livello". Ovviamente, dunque, da parte della Meloni, c’è un secco ‘no comment’ sul nome del prossimo ministro dell'Economia e la chanche che Fabio Panetta possa far parte della sua squadra – che, dicono sempre i suoi – sarà “di altissimo livello, pur sottolineando che, appunto, quello di Panetta è un profilo “di altissimo livello”. Di una cosa, però, parlando con i ‘meloniani’, si può star certi: il prossimo titolare del Mef non sarà Tremonti. Il Colle porrebbe un veto inscalfibile, sul suo nome, superiore persino a quello che Mattarella mise, all’atto del governo gialloverde, sul nome di Paolo Savona (poi spostato agli Affari Ue) e la stessa Meloni, che pure a Tremonti lo ha candidato, e pure in un collegio ‘super-blindato’, non pensa affatto a lui. Insomma, per Tremonti, come pure per un altro nome ‘forte’, quello dell’ex presidente del Senato, Marcello Pera, si apriranno, sì, le porte del Parlamento (al Senato, nella fattispecie), ma ‘non’ quelle del governo. “Glielo abbiamo detto più volte e lei lo sa. Giulio è tanto bravo, ma dove lo metti metti fa danno…” sorridono i suoi. I quali, e la Meloni ‘conviene’, non hanno alcuna intenzione di ripetere gli errori dell’ultimo Berlusconi che, come si ricorderà, si mise contro, in un colpo solo, l’Italia e l’Europa.