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Meloni fa un comizio ad Atreju, difende tutto, attacca i nemici Landini e Schlein e assicura che il governo andrà avanti

La premier chiude la kermesse romana, prima si difende e poi attacca. Difende il suo governo, il rapporto con gli alleati, i dossier aperti. E censura gli avversari, non senza un po' di vittimismo

di Giuseppe Alberto Falci   
Meloni alla kermesse romana di Atreju (Ansa)
Meloni alla kermesse romana di Atreju (Ansa)

Un’ora di comizio davanti alla «sua» Atreju, sessanta minuti in cui Giorgia Meloni - presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia - prima si difende e poi attacca. Difende il suo governo, il rapporto con gli alleati, i dossier aperti - come il capitolo Albania migranti fin qui non proprio un successo, i risultati sull’occupazione (“Berlusconi sarebbe orgoglioso di noi”), senza perdere di vista la rivendicazione del passato: «Chi ci ha sottovalutato e ha scommesso che non ce l'avremmo fatta, non ha fatto i conti con questo luogo che ha attraversato immutato gli anni». E poi ancora in difesa dei giovani di Fratelli d’Italia, investiti qualche mese fa da un’inchiesta su antisemitismo e razzismo: «Nessuna gogna costruita sul singolo spiata del buco della serratura, nessuna gogna costruita per colpire me vi toglie quello che siete. Siate orgogliosi di quello che siete, siete la parte migliore della vostra generazione». In difesa della sorella, sulla quale la premier ironizza: «Grazie ad Arianna, che tra la nomina di un astronauta e di un amministratore delegato di una multinazionale, tra la foga di dover piazzare amicizie e parenti, pure gente che non conosce, in ogni anfratto dello Stato italiano, ha trovato pure il tempo di organizzare Atreju».

Parole che sono accompagnate da un po' di vittimismo, che non nuoce mai: «Il quadro geopolitico era e resta terribilmente complicato, tanto che molti hanno scommesso sul nostro fallimento ma hanno puntato contro il cavallo sbagliato. Invece è un'Italia che torna a correre e stupire, da osservato speciale diventa modello da seguire su molti fronti. Non è merito solo del governo ma anche degli italiani, che scoprono oggi come la politica possa essere un’alleata».
Dà la carica ai sostenitori di Atreju, un intervento che dovrebbe essere una sorta di bilancio dell’ultimo anno, ma ricorda più un’arringa da campagna elettorale.

Attacca Elly Schlein, la segretaria del Pd che la tallona nei sondaggi: «Il nostro approccio è molto diverso dalla sinistra, non abbiamo pregiudizi né facciamo favoritismi, vale per Stellantis come per le altre aziende, se l'approccio è costruttivo faremo la nostra parte come fatto finora perché quando si tratta di difendere occupazione e crescita ci trovate in prima fila a noi, perché il Pd non l'abbiamo visto arrivare. A Elly Schlein si inceppa la lingua quando deve dire Stellantis».

Meloni contro Schlein, Landini e Prodi

Meloni prende di mira la numero uno del Nazareno sul dossier sanità, opponendosi alle accuse che le vengono rivolte: «Con questo governo c'è lo stanziamento per la sanità più alto di sempre. Il calcolo non è difficile, si fa perfino senza calcolatrice, che l'ultima volta non è andata bene... L'aumento è di 10 miliardi negli ultimi due anni. Prima dell'arrivo di questo governo, quando c'erano quelli che ora dicono che non spendiamo abbastanza, negli ultimi 4 anni il fondo sanitario era aumentato di 8 miliardi. Con quale faccia dicono che non abbiamo fatto bene? La calcolatrice serve a voi. Non sono neanche 10 miliardi ma 12, perché vanno aggiunti quelli degli accordi di coesione e 750 milioni di euro dalla revisione del Pnrr». L’altro grande avversario di Meloni e del governo è il segretario della Cgil, Maurizio Landini, che da settimane invoca la rivolta sociale ed è sceso in piazza per protestare contro le misure attuate dall’esecutivo. «Capiamo la difficoltà del segretario generale della Cgil Maurizio Landini che è costretto ad alzare i toni perché i suoi argomenti sono deboli e anche perché non può dire la verità che gli scioperi non li fa per aiutare i lavoratori ma la sinistra solo che da parecchio tempo chi aiuta la sinistra non aiuta i lavoratori». E ancora: «I toni che ha usato non hanno precedenti nella storia sindacale italiano, se li avessimo utilizzati noi sarebbero arrivati i caschi blu dell’Onu».

Nel mazzo di chi viene attaccato dalla presidente del Consiglio c’è Romano Prodi, il professore che per due volte ha sconfitta il centrodestra. «Alle critiche di Prodi - ironizza alzando il tono della voce - ho aperto una bottiglia di vino migliore e brindato alla mia salute. Ogni patriota deve essere fiero di riceverle, signori siamo ancora dalla parte giusta della storia. Diverse cose fatte nella sua storia, dalla svendita dell'Iri e dall'ingresso della Cina nel Wto, dimostrano che di obbedienza se ne intende parecchio.... Ma proprio per questo motivo abbiamo fatto la scelta diametralmente opposta, basta svendere le proprie idee, si va avanti con la schiena dritta. E' finita la pacchia, portiamo forte la voce dell'Italia in Europa».

Infine, spegne le voci uscite questa settimana con insistenza che la presidente del Consiglio sarebbe tentata di tornare al voto anche in virtù delle fibrillazioni interne alla maggioranza e alla distanza con i due vicepremier, Salvini e Tajani: «La stabilità di questo governo data dalla compattezza della sua maggioranza è il più grande elemento di discontinuità e il più grande elemento di forza nel quadro attuale, la stabilità garantisce la credibilità internazionale e quella autorevolezza senza la quale non è possibile produrre benessere». E a proposito di futuro, il 2025 sarà «l’anno delle riforme che spaventano molti, andremo avanti sul premierato, così temuto dai campioni olimpici dei giochi di palazzo, sull'autonomia differenziata, sulla riforma fiscale e sulla riforma della giustizia». Riforme che tra sentenze della Consulta, proteste dei magistrati e rallentamenti parlamentari, non sembrano decollare. E chissà se decolleranno mai.

di Giuseppe Alberto Falci   
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