Meloni sbandiera i risultati sul Pnrr e attacca la sinistra. Schlein risponde per il rime. Ecco il duello ma solo a distanza
In vista delle Europee, le due donne della politica italiana si punzecchiano a distanza con l'obiettivo di ingraziarsi i propri elettori
Si punzecchiano a distanza perché con molta probabilità il duello televisivo non ci sarà. Giorgia Meloni ed Elly Schlein avrebbero voluto sfidarsi per ovvie ragioni. La prima per consolidare la supremazia della coalizione e per avere un booster nel consenso finale alle europee del prossimo 8 e 9 giugno. Non a caso i fedelissimi di Meloni in queste ore confidano che basterebbe confermare il risultato delle politiche del 2022. L’asticella è fissata al 26%. Tradotto, significa mettere le mani avanti.
Meloni e Schlein, duello a distanza
La seconda, Schlein, perché è stata scelta dalla presidente del Consiglio e perché grazie a questo si può imporre dentro il cosiddetto campo largo e può frenare le forze contrarie all’interno del suo partito. Continua il duello ma da location differenti. Venerdì «Giorgia» e «Elly» si sono succedute al Festival dell’Economia di Trento e dall’indomani la scena è stata sempre la stessa. È stato il giorno del «o la va o la spacca» firmato Meloni e della risposta di Schlein «stai spaccando il Paese a metà». Sono gli ultimi scampoli di campagna elettorale: l’obiettivo delle due donne della politica italiana è prima di ogni cosa ingraziarsi i propri elettori.
L'attacco alla sinistra
Meloni continua a battere lo stesso tasto, ovvero che lei mai e poi mai si siederà al tavolo con la sinistra per formare la maggioranza della commissione Ue: «Oggi c'è il margine per costruire una maggioranza diversa al Parlamento europeo, e per politiche diverse. Se le cose non dovessero andare così, io ho già dimostrato che con buon senso l'Italia può fare da capofila su molte politiche». E ancora, sempre sulle stesse note: «Penso che l'Europa debba soprattutto cambiare nelle proprie priorità, la sfida è un'Europa che si occupi di molte meno cose rispetto a quanto ha fatto in questi anni, regolando cose minime della vita dei cittadini. Si deve tornare a un principio di sussidiarietà per cui l'Europa fa meno cose e le fa meglio. Sarebbe un cambio di passo di cui l'Europa beneficerebbe, ed è quello che vogliono i conservatori europei». Esaltare i risultati ottenuti fin qui è la carta che si gioca la presidente del Consiglio. «Io penso che l'Italia sia tornata centrale e il dibattito di questa campagna elettorale lo dimostri. Dovremmo essere contenti, non ricordo che in passato l'Italia fosse particolarmente centrale. Noi come conservatori siamo gli unici che possono dare un cambio di passo. Era normale che con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen costruissi un rapporto istituzionale, certe ricostruzioni e semplificazioni italiane mi fanno sorridere... A me interessa solo portare a casa i risultati, pur stando all'opposizione dell'attuale Commissione europea».
La premier sbandiera i risultati sul Pnrr
E un risultato da sbandierare è proprio il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: «Il 14 maggio scorso il Consiglio dell'Unione europea ha adottato la revisione tecnica del nuovo Pnrr italiano. È una data importante, perché chiude di fatto un anno di grande lavoro del governo per attuare il Piano e mettere in sicurezza le risorse finanziarie, gli investimenti e le riforme. Quelli appena trascorsi sono stati mesi di straordinario lavoro di tutti i Ministeri, le strutture e gli uffici, che ha permesso all'Italia di essere al primo posto in Europa per obiettivi raggiunti e avanzamento finanziario del Pnrr. Primato certificato dalla Valutazione a medio termine della Commissione europea». Poi è evidente che Meloni continua a puntare sul presidenzialismo, «la madre di tutte le riforme», perché a suo avviso è necessario che i governi debbano essere scelti dai cittadini italiani e durare cinque anni. Una riforma, sottolinea, che la sinistra non vuole perché «Pd e 5Stelle sono per la prosecuzione dello status quo». E poi c’è la Rai su cui Meloni vuole ribadire la sua versione. È stata accusata dalla sinistra di aver occupato la tv di Stato, ma la presidente del Consiglio non ci sta. E qui torna a prendere di mira la sinistra, e dunque Schlein e il Pd: «I partiti della sinistra hanno occupato manu militari un'azienda come la Rai. Occupata, occupata. E oggi che noi cerchiamo di creare un sistema più plurale, come dimostra anche la vostra trasmissione e la vostra presenza, loro vanno su tutte le furie perché ritengono che il servizio pubblico appartenga a loro. Io non penso appartenga ai partiti, io penso che appartenga ai cittadini e per il poco che mi compete cerco di rappresentare tutti quanti».
Schlein risponde per il rime
Meloni rimanda la palla dall’altra parte del campo. Ogni dichiarazione fa il giro dei palazzi. Elly Schlein si sente investita da quelle dichiarazione. Ecco perché a margine di una manifestazione elettorale a Corigliano Rossano, in provincia di Cosenza, risponde punto per punto. Prima di tutto partendo dai successi rivendicati sul Pnrr: «Hanno perso dieci mesi per cercare di fare delle modifiche perché non lo sentivano come figlio loro ma, il risultato è stato creare incertezze nei Comuni e negli operatori economici perché ancora oggi i comuni non sanno con quali altre risorse vedranno finanziati i progetti che avevano già avviato dopo che hanno operato sedici miliardi di tagli. A questo si aggiunge la notizia, che speriamo veda una marcia indietro da parte del Governo - prosegue Schlein - che vogliono proseguire con 250 milioni di tagli ai Comuni con un criterio surreale, cioè tagliare maggiormente agli enti locali che hanno più finanziamenti Pnrr. Questo è il contrario di quello che serve perchè ovviamente se un Comune, attraverso i finanziamenti Pnrr, sta costruendo dei nuovi asili nido, dei nuovi ospedali di comunità, delle nuove case famiglia non avrà, grazie ai tagli del Governo, personale da assumere in questi luoghi di lavoro. Chiaramente sarà come costruire delle cattedrali nel deserto».
Ma l’attacco più diretto e forte Schlein lo rivolge alla madre di tutte le riforme, il premierato. In particolare la segretaria del Pd mette in evidenza il cambio di linea della presidente del Consiglio: «Nel giro di 24 ore è passata dal 'o la va o la spacca' al 'chi se ne frega' dell'esito del referendum. Io resto comunque'. È allucinante la leggerezza con cui questa Presidente del Consiglio scambia la Carta costituzionale, che deve tenere insieme tutti gli italiani, con il suo destino personale. Anche per questo noi ci batteremo contro la riforma del premierato, che indebolisce il Parlamento e la figura del Presidente della Repubblica. E quindi indebolisce la democrazia. Perché se tu sei chiamato solo una volta ogni cinque anni a essere libero di acclamare un capo, ciò che accadrebbe è che quel capo, nei cinque anni in cui é in carica, deciderebbe tutto da solo. E questa non è più democrazia».