"Politici, convertitevi!". Il Meeting di Cl ospita i leader in nome del "bene comune" di salsa cattolica
La campagna elettorale è al via e non è un gioco per "gentiluomini". Intanto, Conte, escluso dal panel, attacca: “siamo scomodi per il sistema”
Chiuse e depositate le liste elettorali, pur se dopo tanto penare e tanto litigare (e in tutti i partiti), la campagna elettorale entra nel vivo. A battezzare la corsa dei partiti verso il voto del 25 settembre è stata la sfida tra i principali leader ospitata dal Meeting di Comunione e liberazione a Rimini.
Una photo opportunity che sembra ‘tra amici’
La photo opportunity, scattata nel pre-dibattito, dice molto: seduti tutti attorno allo stesso tavolo (siamo nel cortile antistante la ‘sala di pranzo’ per ‘vip’ che il Meeting ha e dove entrano solo pochissimi ospiti ‘scelti’), Salvini è bello abbronzato e in camicia bianca, la Meloni in un verde tenue (color ‘speranza’ di vincere…). Maurizio Lupi – di fatto, il padrone di casa, ciellino doc da generazioni – è in giacca senza cravatta. Enrico Letta, seduto di fianco, e in completo scuso, con cravatta. Antonio Tajani, coordinatore di Fi, manco si vede. Ascoltano tutti il direttore del Corsera, Fontana (di spalle), che stabilisce le regole ‘di ingaggio’: “Mi raccomando, ragazzi, vi voglio civili, moderati, parliamo davanti ai giovani!”. Pare quasi che appartengano alla stessa coalizione (sic) ‘di governo’, ma così non è.
Ci sono tutti, comunque, tranne Carlo Calenda (il segretario di Azione sarà però ospite nei prossimi giorni) e Matteo Renzi (ma per Italia viva c’è Ettore Rosato), i leader del Terzo Polo. E diventa un caso l'assenza del presidente M5S, Giuseppe Conte, che attacca: "Oggi al Meeting di Rimini non è stata ospitata la voce del Movimento 5 Stelle" perché "siamo scomodi per un sistema che vuole escluderci e oscurarci".
Il palco di Cl e un’organizzazione ‘scientifica’
Sul palco di Cl – quello ‘ufficiale’, nella sala grande che tiene migliaia di posti - salgono i leader di FdI, Giorgia Meloni, della Lega, Matteo Salvini, di FI, Antonio Tajani, e di Noi moderati, Maurizio Lupi (che però gioca in casa: è presidente dell’Intergruppo della Solidarietà ciellino ‘storico’, come Mario Mauro e Roberto Formigoni, prima nella Dc, poi nel Ccd-Cdu, poi in FI-Pdl, etcJ), per il centrodestra. Più il segretario del Pd Enrico Letta e il capo politico di Impegno civico, Luigi Di Maio, per il centrosinistra. Nessuno nota, invece, l’assenza di altri leaderini del centrosinistra, a loro volta ‘non’ invitati – e a loro volta ‘anti-ciellini’ doc, Fratoianni e Bonelli – e neppure di Emma Bonino (+Europa), che – da ex radicale storica, in prima fila nelle battaglie su divorzio e aborto – invitarla sarebbe come bestemmiare in chiesa.
Va detto che, al Meeting dell’Amicizia tra i Popoli’ – ogni anno un titolo immaginifico diverso da quello dell’anno prima, va avanti così dal 1978, ormai la fantasia inesauribile dei ciellini per i titoli deve essersi parecchio consumata, infatti il titolo di quest’anno, ‘Una passione per l’Uomo’, è molto meno pimpante delle passate) – avviene sempre, ogni anno, la ‘sfilata’ dei politici che, di volta in volta, riscuotono le ‘simpatie’ dei ciellini e, di conseguenza, del Meeting (di Cl), i quali giovani – coscienziosi quanto irregimentati – applaudono all’unisono, come vogliono i capi.
Gli ‘amici’ politicamente ‘storici’ del Meeting
Ai bei tempi accadeva a Silvio Berlusconi, poi a Matteo Salvini, ora è toccato a Giorgia Meloni, prendersi le ‘standing ovation’ della platea. Tutti, rigorosamente, di centrodestra perché è lì che, politicamente, batte ‘il cuore’ dei ciellini. Certo, Pier Luigi Bersani, storico ‘amico’ di Cl, riscuoteva un certo consenso, Enrico Letta pure, è di casa (e membro dell’Intergruppo per la Sussidiarietà, ‘braccio politico-parlamentare’ di Cl sempre organizzato dal solito Maurizio Lupi), ma i (tanti) ciellini che votano non votano Pd, ecco. Votavano, per lo più, Dc, poi partitini cattolici sparsi, persi nelle nebbia della memoria, poi FI-Pdl, in parte la Lega, ora Fratelli d’Italia. Ma, non a caso, i ciellini rispondono solo a loro stessi. Movimento ecclesiale fondato e diretto da ‘don Gius’ (don Luigi Giussani, in corso di processo di beatificazione), poi da Julian Carron, ‘braccio armato’ di papi ‘reazionari’ (da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, per dire), cordialmente detestati da papa Francesco, che non a caso ha ‘commissariato’ il Movimento e lo ha ridotto, di fatto, allo ‘stato laicale’, chiedendo loro – o meglio, imponendo loro – di ‘non’ fare politica. A causa del fatto che, questo Papa, almeno fin quando c’è, non ama le commistioni tra fede e politica, e pure tra fede e ‘opere’, ramo in cui, invece, Cl è da sempre stata assai esperta.
Cl è sempre stata tante cose tutte insieme
Ma Cl è sempre stata tante cose tutte insieme. Movimento religioso (basato sulle opere di ‘don Gius’), movimento economico-sociale (braccio operativo la Compagnia delle Opere), centro studi (la Fondazione per la Sussidiarietà), ong sparse in giro per il Mondo e, anche, movimento politico. La parte politica di Cl ha avuto, per decenni, un solo e incontrastato dominus, Roberto Formigoni, detto ‘il Celeste’, governatore della Lombardia, poi finito in una storiaccia di tangenti e processi, fino al carcere, e i suoi due colonnelli, Mario Mauro (più defilato, ma anche ministro) e, ancora oggi, il buon Maurizio Lupi.
Il recente ‘miracolo’ politico di Maurizio Lupi: la nascita del listone dei piccoli ‘Noi moderati’
Ministro, passato da FI all’Ncd di Alfano, per poi tornare subito indietro, e tante altre cose ancora, in passato (Lupi viene dalla periferia di Milano e, con umiltà, ne ha scalato tutti i luoghi e i seggi, dal Consiglio comunale fino al Parlamento), oggi Lupi è la ‘mente’ non solo di una (piccola) forza politica moderata dentro il centrodestra, ‘Noi con l’Italia’, movimento politico ‘ad personam’ (nel senso che se lo gestisce da solo), ma anche il vero ispiratore, facitore e organizzatore del listone ‘Noi moderati. Il quale, ovviamente coalizzato con e dentro il centrodestra, alle prossime elezioni, è riuscito a mettere insieme l’immettibile: l’Udc di Lorenzo Cesa, ‘Coraggio Italia’ di Luigi Brugnaro, ‘L’Italia al centro’ di Giovanni Toti e persino la creatura di Vittorio Sgarbi, Rinascimento italiano. Inoltre, i ‘piccoli’ di centrodestra hanno ottenuto – gentilmente offerti da FdI, il partito più grande – non uno, ma ben 13 seggi blindati, da elezione sicura per i loro leader e pure i vari ‘sottopanza’.
Un ‘miracolo’ (politico) che poteva riuscire solo a un politico scafato come Lupi che, appunto, riunisce a Roma, in Parlamento, sotto l’egida dell’Intergruppo per la Sussidiarietà (il quale si occupa, in teoria, di non profit, sociale e fede, in pratica fa lobbyng) che è riuscito a far sedere intorno al tavolo personalità minori ma coriacee che, fino al giorno prima, tra loro si detestavano. Obiettivo, ovviamente, agguantare il 3% dei voti ed eleggere, di conseguenza, altri parlamentari, oltre ai 13 seggi ‘blindati’ (collegi uninominali), ma anche portare in dote, al centrodestra, una (piccola) messe di consensi che può fare la differenza tra la vittoria, seppur annunciata, del centrodestra e la maggioranza assoluta dei seggi. In buona sostanza, tutti li snobbano, sui giornali, ma i piccoli del centrodestra avranno la loro parte nella vittoria della coalizione e, dunque, dopo, riscuoterne indubitabili vantaggi, nel governo di centrodestra che, a stare ai sondaggi, certo verrà.
Tengono banco ‘i temi’, a partire dal price cup e, in buona sostanza, il dibattito è soporifero…
Ma tornando al confronto - moderato dal direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana – va pur detto che è stato ‘moderatamente’ noioso. Non si accende nei toni, sono pochi gli scontri diretti e i leader danno la sensazione di dover ancora scaldare i motori. Piccoli brividi di polemica li regala il botta e risposta tra Salvini e Di Maio, che replica all'invito al duello lanciato (tra loro due…) dal segretario del Carroccio: "Matteo Salvini ci deve far sapere data, ora e luogo di questo confronto e noi siamo pronti, se vuole lo organizziamo anche al Papeete o dove vuole lui". O l'attacco, ma 'in contumacia', di Letta a Conte, ma sulla Sicilia: "La scelta di Conte e del Movimento 5 stelle di tradire il mandato affidatogli dagli elettori con le primarie è molto grave. Non c'è stata coerenza e l'accordo fatto è stato buttato nel cestino". Per il resto, tengono banco i temi cari ai leader, a partire dal caro-bollette e dal tetto al prezzo dal gas. Tra chi vorrebbe un price cap nazionale subito e chi invece ritiene di dover attendere le decisioni dell'Ue, sul punto si formano alleanze inedite. "L'Italia deve subito intervenire con un tetto sul costo dell'energia. Lo possiamo fare subito, passando a un sistema di prezzi amministrati per i prossimi 12 mesi", annuncia Letta. Posizione in sintonia con quella di Salvini: "Mettere un tetto al costo dell'energia in Italia è fondamentale e lo hanno fatto Spagna, Portogallo e Grecia, altrimenti qua ci sono bollette che aumentano del 300% e l'autunno rischia di essere pesantissimo". Più cauti, invece, Di Maio - che continua a parlare di "tetto massimo europeo" - e soprattutto Giorgia Meloni, che avverte: "Sono favorevole al price cap per il gas al livello europeo, ma attenzione a farlo al livello italiano. A meno che si debba nazionalizzare le imprese".
Le divisioni ci sono, sul reddito di cittadinanza
Le tradizionali divisioni tornano invece sul Reddito di cittadinanza. Per Letta "va cambiato in modo significativo in base all'esperienza", ma comunque "serve una misura contro la povertà". Per Di Maio deve restare anche se - ammette - "gran parte dei centri per l'impiego ha fallito". Di tutt'altro avviso sono nel centrodestra. Secondo Meloni è "sbagliato mettere sullo stesso piano chi può lavorare e chi non può farlo", mentre Salvini osserva che se "il 70% di chi ha iniziato a prendere il reddito di cittadinanza dal 2019 lo sta prendendo ancora, è evidente che qualcosa non ha funzionato". Infine, "se si ha lavoro si è liberi, se si ha reddito di cittadinanza non si è liberi", chiosa Tajani. Il dibattito finisce. Tra i più soddisfatti c'è Meloni, che incassa applausi e incoraggiamenti per la sua prima volta al Meeting e si dice "contenta dell'accoglienza che, sicuramente, è stata calorosa, positiva, ma anche molto seria, non era un fatto di tifoseria".
La polemica di Conte è tutta ‘contro’ Letta…
Ma passano pochi minuti e arriva, da lontano, la stoccata di Conte. Il presidente dei 5 Stelle posta su Facebook un'immagine dei leader ritratti mentre chiacchierano tutti seduti attorno a un tavolino, quella di cui parlavamo all’inizio. E scrive: "Oggi al Meeting di Rimini non è stata ospitata la voce del Movimento 5 Stelle. C'era invece una sfilata di politici che fanno finta di litigare in pubblico e poi intorno ad un tavolo trovano sempre l'accordo. Poi ci siamo noi, diversi da loro. Siamo scomodi per un certo sistema che vuole escluderci e oscurarci".
Altro post, questa volta su Twitter, ma stessa foto per Letta, che tra le righe 'punge' l'ex alleato: "Stamani coi partecipanti al dibattito del Meeting Rimini a concordare con il moderatore, Luciano Fontana, direttore del Corriere, le regole del dibattito stesso", spiega, parlando di "occasione importante oggi per presentare alcune delle nostre idee. Grazie dell'invito. #Meeting". Ora, al netto del fatto che, come detto, Letta, al Meeting, è ‘ospite fisso’ praticamente tutti gli anni e che Conte polemizza solo e sempre con lui e ‘mai’ con i leader del centrodestra (bel ‘genere’ di ex alleato con cui, però, una grossa fetta del Pd vorrebbe, pervicace, continuarsi ad alleare…), questa cosa che il povero leader del Movimento ‘non’ venga mai invitato da nessuna parte (i penalisti e avvocati solo a lui non hanno diramato regolare invito, le Camere di commercio neppure, i talk show per i ‘duelli’ in tv mano a parlarne…) inizia a diventare davvero imbarazzante. Morale, urge un nuovo grido di battaglia: ‘salvate il soldato Conte!’ e invitatelo, da qualche parte.
L’agenda Draghi se la son già dimenticata tutti e il premier è già diventato ‘presente storico’…
Infine, a margine, va detto che, oggi, al Meeting arriverà Draghi (arrivarono, prima di lui, tutti i presidenti del Consiglio di questi lunghi decenni e anche diversi presidenti della Repubblica) e che, rispetto al discorso che farà c’è molta attesa. Già. Peccato che Mario Draghi sia un premier “in carica per il disbrigo degli affari correnti” e, entro tre mesi, avrà già bello che tolto il disturbo. Persino nei sondaggi, ormai, di ‘agenda Draghi’, non vuole più sentir parlare nessuno. Gli italiani, la famosa ‘agenda Draghi’ se la sono dimenticata. In vista voto, l’unico schieramento politico che, ancora oggi, la inalbera è il Terzo Polo di Renzi e Calenda. I quali, però, non sembrano, oggi, premiati dai sondaggi e, infatti, veleggiano intorno al 5%. Insomma, non ‘paga’, o non più, sbandierare l’agenda Draghi. Al meeting di Cl, dove sono sempre i più furbi di tutti, a Draghi medesimo hanno fatto un (piccolo) sgarbo e solo ‘dopo’ la sua lectio magistralis.
Di solito, con i vertici delle Istituzioni, a Rimini (ah, sì, storicamente il Meeting si tiene nella nota località balneare romagnola, negli spazi della ex Fiera di Rimini), si fa il contrario: ‘prima’ loro, a intervenire, poi tutti gli altri, Intergruppi compresi (e altre fattispecie pure). Del resto, si era capito, era più importante avere i protagonisti della Politica ‘di domani’ piuttosto che quelli di ‘oggi’. E Draghi, soi malgre, bon malgrè, è già ‘Storia’ o ‘presente storico’ che sa già di trapassato remoto.